L'attaccamento alle cose è incapace di saziare definitivamente il cuore: questo l'esempio
dei consacrati. Così il Papa, nell'XI giornata della Vita consacrata
(2 febbraio 2007 - RV) Al mondo di oggi, spesso disorientato ma sempre più alla ricerca
di un senso, con il loro esempio i consacrati proclamano che Dio è il Signore dell’esistenza
e mostrano che ogni attaccamento alle cose e alle persone è incapace di saziare definitivamente
il cuore. E’ quanto ha affermato questo pomeriggio Benedetto XVI nella Basilica Vaticana
al termine della celebrazione della festa della presentazione di Gesù al tempio, XI
giornata della vita consacrata. A presiedere la liturgia eucaristica il cardinale
Franc Rodè, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le
società di vita apostolica. Il servizio di Tiziana Campisi.
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E’
necessaria una “risposta senza riserve” alla speciale chiamata di Dio alla consacrazione,
perché la testimonianza evangelica di chi professa i voti di povertà, castità e obbedienza
possa essere veramente efficace. Ha usato queste parole Benedetto XVI per ricordare
a quale missione sono chiamati i consacrati. Coloro che spendono la loro esistenza
per il Regno dei Cieli, ha detto il Papa, rivelano al mondo verità spesso ignorate:
“Con
il loro esempio proclamano a un mondo spesso disorientato, ma in realtà sempre più
alla ricerca d'un senso, che Dio è il Signore dell'esistenza. Scegliendo l’obbedienza,
la povertà e la castità per il Regno dei cieli, mostrano che ogni attaccamento ed
amore alle cose e alle persone è incapace di saziare definitivamente il cuore; che
l’esistenza terrena è un’attesa più o meno lunga dell’incontro ‘faccia a faccia’ con
lo Sposo divino, attesa da vivere con cuore sempre vigile per essere pronti a riconoscerlo
e ad accoglierlo quando verrà”.
E’ “segno di contraddizione” la persona
consacrata, ha affermato il Santo Padre, perché “il suo modo di pensare e di vivere
è spesso in contrasto con la logica del mondo”. Il Papa ha precisato inoltre che la
vita consacrata resta un “dono divino” ed “è in primo luogo il Signore a condurla
a buon fine secondo i suoi progetti”, quindi, rivolgendosi ai consacrati ha aggiunto:
“Questa certezza deve esservi di conforto, preservandovi dalla tentazione
dello scoraggiamento dinanzi alle inevitabili difficoltà della vita e alle molteplici
sfide dell’epoca moderna. In effetti, nei tempi difficili che stiamo vivendo non pochi
Istituti possono avvertire una sensazione di smarrimento per le debolezze che ritrovano
nel loro interno e per i molti ostacoli che incontrano nel portare a compimento la
loro missione. Quel Bambino Gesù, che oggi viene presentato al Tempio, è vivo tra
noi e in modo invisibile ci sostiene perché cooperiamo fedelmente con Lui all’opera
della salvezza”.
Nella sua omelia, durante la Messa - tra le poche celebrate
assieme dalle Chiese d’Oriente e d’Occidente - il cardinale Franc Rodè ha sottolineato
che i consacrati devono essere testimoni della luce e della speranza. Con la loro
vita, ha proseguito il porporato, dicono che Gesù Cristo “è morto e risorto per la
vita del mondo”, soprattutto in un tempo, come quello di oggi, che “può sembrare arduo,
esigente, perché più esigenti sono gli spazi della missione della Chiesa”. Ma “nella
notte della storia”, ha detto Benedetto XVI, c’è una luce che risplende ed “illumina
ogni cercatore di verità”: è Cristo, la luce vera, nella liturgia della Presentazione
del Signore simboleggiata nei ceri accesi dai consacrati. E l’invito rivolto a loro
dal Santo Padre è a far risplendere questa luce:
“Perchè dappertutto brilli
un frammento del fulgore irradiato da Gesù, splendore di verità. Dedicandovi esclusivamente
a Lui voi testimoniate il fascino della verità di Cristo e la gioia che scaturisce
dall’amore per Lui”.
“Nella contemplazione e nell’attività, nella solitudine
e nella fraternità, nel servizio ai poveri e agli ultimi, nell’accompagnamento personale
e nei moderni areopaghi - ha concluso il Papa parlando ancora ai consacrati - siate
pronti a proclamare e testimoniare che Dio è Amore, che dolce è amarlo”.