2007-01-30 15:25:27

Speranze e preoccupazioni del Papa per la pace e lo sviluppo nel mondo: intervista con mons. Migliore


(30 gennaio 2007 - RV) Dare voce a chi non ha voce e offrire un contributo di speranza per la pace, la giustizia e lo sviluppo per tutta l’umanità: è questa l’azione della Santa Sede a livello internazionale che Benedetto XVI sta portando avanti anche all’ONU attraverso i suoi collaboratori. E’ quanto afferma l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente presso le Nazioni Unite a New York, che ieri è stato ricevuto dal Papa. Sui contenuti del colloquio ascoltiamo il presule al microfono di Giovanni Peduto:

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R. – Sono contento di aver avuto questa possibilità di parlare con il Santo Padre, anche direttamente di queste preoccupazioni e di queste speranze comuni riguardo all’attività dell’ONU. L’ONU vive, in questo momento, un po’ – si può probabilmente dire - come ai tempi della Torre di Babele: tutti lavoriamo allo stesso progetto, usiamo gli stessi metodi, ma in molti momenti facciamo veramente molta fatica a comprenderci. E questo non per le lingue che parliamo, perché più o meno tutti noi possiamo capirci, ma soprattutto riguardo allo spirito di frammentazione culturale, che arriva spesso ad una certa divisione. Sembra quasi impossibile riuscire a metterci d’accordo anche sulle cose più piccole. In questo incontro con il Santo Padre ho riscontrato questo suo grande desiderio che la presenza della Santa Sede all’ONU possa dare il suo contributo per sbloccare questa situazione e far sì che ci sia più buona volontà per arrivare a delle intese, che certo sarebbero fruttuose per tutta l’umanità.


D. – Quali sono le speranze e quali le preoccupazioni del Santo Padre riguardo alla situazione internazionale?


R. – Ovviamente dall’ONU ci si attende quello che l’ONU deve fare. Per statuto l’ONU ha come compito quello di raggiungere la pace e il benessere delle popolazioni del mondo, attraverso la cooperazione e attraverso un’intesa comune. Se guardiamo a questi grandi capitoli – pace e sviluppo – vediamo alcune luci ed anche molte ombre.


D. – Più specificamente cosa si attende la Santa Sede dall’ONU in generale e più particolarmente dal nuovo segretario generale?


R. – Il nuovo segretario generale ha cominciato a svolgere le sue nuove funzioni soltanto un mese fa. E’ un uomo certamente molto preparato ed anche molto ben animato. Questo è un periodo di rodaggio, nel quale deve anche comporre il suo staff. Siamo ora in una condizione – per così dire - ancora di attesa, ma di un’attesa che è nutrita di buone speranze. Si sente che questa nomina è stata come un iniettare sangue nuovo in questa istituzione.


D. – Ci sono iniziative particolari della Santa Sede a livello internazionale?


R. – Iniziative particolari o spettacolari, direi di no: noi cerchiamo soprattutto di dare voce a chi non ha voce. Ci sono, infatti, tantissime situazioni di emergenza in cui ci si rivolge al Papa, ci si rivolge alla Santa Sede, e proprio attraverso questa presenza a New York cerchiamo di portare avanti questo lavoro, che è spesso un lavoro specificatamente umanitario.


D. – Medio Oriente, Iraq, Darfur, Somalia rappresentano soltanto alcuni dei punti nevralgici, scottanti delle situazione internazionale oggi. Cosa si chiede alla Comunità internazionale per fronteggiare queste emergenze?


R. – Due anni fa, nel settembre del 2005, all’ultimo Vertice dei capi di Stato e di Governo, il documento finale ha introdotto una nozione molto bella: la responsabilità collettiva di proteggere. La sovranità non è più intesa come un diritto e quindi un diritto di non interferenza negli affari interni, ma è soprattutto intesa – prima di tutto – come una responsabilità che i governanti hanno di proteggere le loro popolazioni e laddove i governanti non possono o non vogliono proteggere la popolazione o parte della popolazione, allora diventa una responsabilità collettiva, che ricade poi sui meccanismi dell’ONU. Abbiamo, quindi, un quadro molto preciso, ancora una volta si tratta ora di farlo funzionare. E farlo funzionare vuol dire suscitare delle buone volontà. Questo credo che sia anche un compito molto delicato, nascosto, difficile, ma certamente il più importante contributo che la Santa Sede possa dare alle Nazioni Unite.
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