2007-01-21 17:54:57

Appello dei cristiani di Terra Santa all'Europa: non dimenticateci!


(21 gennaio 2007 - RV) “Come pastori, esortiamo nuovamente i fedeli nelle nostre Nazioni a ricordare la Chiesa in Terra Santa nella preghiera, a venire qui in pellegrinaggio, a sostenere generosamente le istituzioni locali della Chiesa e a promuovere iniziative per portare pace e giustizia a tutti i popoli di Terra Santa”. E’ quanto hanno scritto in un documento i vescovi europei ed americani del Coordinamento delle Conferenze Episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa, al termine del loro annuale viaggio nei luoghi cari alla cristianità. Ma come vivono oggi i cristiani in Terra Santa? Philippa Hitchen lo ha chiesto a don Ilario Antoniazzi, parroco nella cittadina di Rameh – nei pressi di Nazareth - che conta 17 mila abitanti, di cui circa 5 mila cristiani, metà cattolici e metà greco-ortodossi: RealAudioMP3
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R. – Qui c’è un miscuglio di religioni e di culture, ma in gran parte sono musulmani. La nostra presenza qui è far sì di poter vivere insieme, di volersi bene. Su questo punto la scuola parrocchiale ha un lavoro molto importante con i suoi 1200 alunni - dall’asilo fino alle secondarie - dove cristiani e musulmani non convivono semplicemente ma vivono insieme, ed ognuno conosce l’altro. Ciò che predichiamo ai nostri alunni cristiani lo sentono i musulmani e ciò che domandiamo ai musulmani è la stessa cosa che domandiamo ai cristiani. Questo fa sì che si creino delle relazioni tra cristiani e musulmani che con il passare del tempo diventano sempre più forti e sempre più solide.
D. – La vita qui è molto difficile per la comunità cristiana che sta sempre più diminuendo…
R. – Questo è vero, e dobbiamo dire comunque che le relazioni con i musulmani non sono sempre facili. Poi la difficoltà dei nostri cristiani è quella di trovare lavoro qui. Siamo una minoranza. Quasi tutti non fanno il servizio militare in Israele e non facendo il servizio militare si autoescludono automaticamente da molti posti di lavoro e devono fare la fila, perché quanti fanno il servizio militare hanno la precedenza. Ci sono problemi poi anche per ciò che riguarda gli studi dei nostri alunni. Continuare l’università non è sempre facile, perché ci sono numeri limitati, facilmente vengono esclusi, perché viene data precedenza ai musulmani e a coloro che hanno fatto il servizio militare. Si crea allora un malcontento e per molti il futuro è emigrare.
D. – Tanti giovani infatti continuano ad andare all’estero. Cosa ci vuole per farli rimanere qui, per dargli una speranza nel futuro?
R. – Prima di tutto c’è un lavoro intellettuale che dobbiamo fare, basandoci sulla nostra identità di cristiani: far capire ai nostri cristiani che vivere in questa terra, dove ci sono i luoghi santi non è un caso, ma è una vocazione. Occorre far capire che i luoghi santi senza la presenza dei giovani diventano un museo, un museo freddo, che dirà forse qualcosa ad un turista, non dico ad un pellegrino, però è sempre qualcosa di freddo. Ciò che dà vita a questi luoghi santi è la presenza della comunità cristiana che è qui.
D. – Loro comunque si sentono abbastanza dimenticati dal resto del mondo…
R. – Questa è una realtà. Prima di tutto dimenticati, perché sentono parlare molto poco sia la radio che le televisioni dei nostri veri problemi locali. Poi, perchè pensano, anche in modo errato, che i Paesi europei siano tutti cristiani e che qualsiasi cristiano davanti alla sofferenza di un altro cristiano debba essergli vicino. Non sanno che l’Europa a volte è lontana dalla religione e che non abbiamo noi gli stessi sentimenti che vediamo nei musulmani. Se succede qualcosa ad un musulmano delle Filippine qui scatta subito la protesta dei musulmani. Se invece qui succede qualcosa ad un cristiano, il mondo intero tace. Ci sentiamo su questo punto dimenticati dai nostri fratelli che vivono in Europa.
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