2007-01-05 15:07:15

Fa discutere Apocalypto, l'ultimo film di Mel Gibson sulla fine della civiltà Maya


(5 gennaio 2006 - RV) Fa discutere l’ultimo film di Mel Gibson, Apocalypto, cruenta rievocazione della fine della civiltà Maya. La pellicola, che ha già incassato 45 milioni di dollari negli Stati Uniti, è da oggi nei cinema italiani. Per un primo giudizio su Apocalypto, Alessandro Gisotti ha raccolto l’opinione di Francesco Bolzoni, critico del quotidiano Avvenire e storico del cinema: RealAudioMP3
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R. – Prima di tutto, è necessario confermare che Mel Gibson è quel che si dice un astuto, abilissimo cineasta. Si sente che ha vissuto ad Hollywood. Quindi, secondo l’abitudine di Hollywood, si appoggia a quella che lui considera la grande storia. In questo caso la storia della civiltà Maya. Della civiltà Maya, tuttavia, non ci dà gli splendori, che inevitabilmente ci furono, ci dà semmai gli orrori.

D. – Lei ha scritto su Avvenire che Gibson manca clamorosamente il senso del limite…

R. – Quello che forse manca a Mel Gibson è la disciplina. La grande arte, se vuole essere grande arte, deve avere sempre il senso del pudore, deve sapere dove fermarsi. Gibson fa sicuramente uno spettacolo, che ha le sue suggestioni - un’ottima scelta delle inquadrature, nel taglio degli episodi – ma nel mettere in scena l’orrore della civiltà Maya delle volte è, come si suol dire, eccessivo. Apocalypto non è probabilmente un film malfatto, un film sbagliato, è un film eccessivo.

D. – Il protagonista del film è un uomo che cerca di salvare la propria famiglia…

R. – Gibson ha inevitabilmente il senso della famiglia e di fronte agli orrori della storia pone la forza della famiglia. C’è questa storia avventurosa, in cui il protagonista diventa un prigioniero, poi riesce a salvarsi, aiuta la moglie che ha un bambinello e ne mette al mondo, proprio davanti ai nostri occhi, un altro. Riesce dunque a salvarsi, si ricongiunge, ricostituisce la famiglia. Questo è un tema che Gibson sente fortemente.

D. – Alla fine del film si vedono dei velieri spagnoli che si avvicinano alle coste dei Maya. Quale significato il regista ha voluto dare a questo evento?

R. – Il fatto, da un punto di vista storico, è arbitrario, perché l’arrivo degli spagnoli risale al Cinquecento, mentre la civiltà Maya si è spenta, si è dissolta – non si sa in che modo – in precedenza. Potrebbe rientrare questo tema dell’avvicinarsi delle barche a quella che è la difesa della propria terra. Insomma: “Non andiamo verso gli stranieri che portano una civiltà, usano dei metodi, dei sistemi che non sono i nostri, di popolazione primitiva, ma sostanzialmente serena. Congiungiamoci, invece, con la foresta, che è il luogo dove sono vissuti i nostri antenati e dove vivranno anche i nostri figli”. Ecco, questo è il significato di difesa della propria terra. E potrebbe essere questo anche un elemento che lega il film sui Maya a certe situazioni di paura che può avere oggi il popolo americano, che forse si sente un po’ circondato. E’ un tema, volendo, anche di attualità.
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In Italia l’uscita del film ha innescato accese polemiche dopo che la commissione di revisione cinematografica ha deciso che Apocalypto è un “film per tutti”, in controtendenza rispetto alla scelta fatta negli USA e in molti Paesi europei, dove la visione è vietata ai minori, o almeno ai ragazzi con meno di 14 anni. Su questo aspetto della vicenda, Alessandro Gisotti ha chiesto un commento ad Andrea Piersanti, presidente dell’Istituto Luce: RealAudioMP3
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R. – Il problema nel nostro Paese è che il meccanismo della censura è sbagliato. Ha creato un paradosso giuridico per cui il controllore e il controllato sono la stessa istituzione. Lo abbiamo visto in queste ore, il ministro dei Beni culturali che nomina e supervisiona l’attività della Commissione di censura, ha stigmatizzato la decisione di una commissione che dipende da lui. Una proposta, la più semplice in assoluto è che i giudizi di rating, cioè accessibilità dei film alle varie fasce generazionali, debba essere lasciata all’associazione dei produttori dei film e il controllo sulla congruità di questi giudizi invece deve stare agli organi dello Stato.


D. – Pensando alle polemiche scatenate dal questo film, “Apocalypto”, si potrebbe fare anche una riflessione su come si sia innalzata la soglia di violenza nella televisione e nei videoclip e anche nei videogiochi?


R. – Il fenomeno dei videogame è un fenomeno nuovo e lì, sicuramente, si può parlare di un’escalation di contenuti a carattere violento. Per quanto riguarda cinema e televisione invece, purtroppo il fenomeno è antico. E’ nuovo un nuovo atteggiamento di tipo sociologico. Nuovo fenomeno è l’abbandono da parte delle famiglie. Le famiglie sempre di più lasciano soli i propri figli o al cinema o davanti alla televisione, in modo particolare al cinema dove il rating attuale di censura non prevede, come invece succede in America, il fatto che i bambini, i minori che vanno a vedere certi film, devono essere accompagnati dai genitori. Noi genitori abbandoniamo i nostri figli davanti allo schermo, non li aiutiamo a decodificare, a capire che cosa stanno vedendo e quindi il fenomeno cresce nella misura in cui viene percepito dai giovani.
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