(29 dicembre 2006 - RV) Cambio di regime in Somalia e calma oggi a Mogadiscio, dopo
la presa ieri della capitale da parte delle truppe governative appoggiate dai militari
dell’Etiopia, che non hanno incontrato resistenza dalle Corti islamiche già fuggite
via. La cronaca nel servizio di Roberta Gisotti: ********** Non c’è stato il
temuto bagno di sangue, pochi combattimenti e sporadici casi di razzia a Mogadiscio,
dove però migliaia di persone – secondo testimoni locali - hanno manifestato oggi
contro l’Etiopia, che per voce del suo premier, Zenawi, ha detto che i soldati etiopici
lasceranno la Somalia al massimo tra giorni o, al più, tra alcune settimane. Intanto,
il premier del governo federale di transizione somalo (TGF), Ali Gedi, è entrato nella
capitale ed ha annunciato da domani, e per tre mesi, la Legge marziale “per porre
fine - ha detto - all’anarchia e ristabilire la sicurezza”, promettendo “mano forte
contro le bande armate”. Caccia etiopici hanno sorvolato stamane Chisimaio nel sud
del Paese, ultimo bastione strategico nelle mani degli islamici somali, dove si sarebbero
ritirati anche i leader delle Corti scappati da Mogadiscio, che hanno annunciato di
non volersi arrendere. Una buona notizia per la popolazione somala stremata da anni
di siccità, di inondazioni e di guerra: l’ONU ha ripreso gli aiuti umanitari, dopo
il via libera del governo di transizione. Sono infatti decine di migliaia i somali
già fuggiti e tutt’ora in fuga dal Paese, e si cercano ancora i 140 dispersi nel naufragio
di due barconi capovoltisi al largo alle coste dello Yemen, in cui hanno perso la
vita 17 persone. ********** E per un aggiornamento sulla critica situazione
umanitaria nel Paese, ascoltiamo l’intervista a Davide Bernocchi, direttore della
Caritas Somalia, al microfono di Stefano Leszczynski: ********** R. – Le condizioni
della popolazione, in particolare nel centro-sud della Somalia, sono estremamente
precarie da 15 anni a questa parte. In questo ultimo anno, c’è stata poi una carestia
che ha investito tutto il Corno d’Africa e, a seguire, ci sono state una serie di
inondazioni. Le Nazioni Unite hanno stimato che, nelle ultime settimane, sono un milione
e 800 mila le persone con urgente necessità di aiuti: ovviamente il conflitto ha paralizzato
gli aiuti per circa una decina di giorni e questo non ha fatto altro che aggravare
la situazione. D. – Voi siete stati in Somalia proprio nel periodo in cui le Corti
islamiche dilagavano. Sapete spiegarvi come mai questa rotta da parte delle Corti
islamiche, che sembravano così ben posizionate? R. – Sicuramente la disparità di
forze militari era evidente già sulla carta e fin dall’inizio. Io non so se si possa
parlare veramente di rotta delle Corti islamiche o oppure se dopo, ovviamente, le
sconfitte militari subite intorno a Baidoa, si sia trattata in realtà di una scelta
per preservare l’arsenale ancora disponibile e portare quindi la guerra su un altro
piano. D. – Cosa si aspettano i somali da un governo di transizione? Ha una qualche
base popolare il governo di transizione? R. – Le istituzioni federali di transizione
hanno rappresentato per un certo periodo una grande speranza per la Somalia. Dobbiamo,
però, dire che sicuramente il fatto che siano state spalleggiate dall’Etiopia ne ha
diminuito la popolarità. Questo non rappresenta certo un giudizio definitivo. E questo
perché la mia impressione è che il popolo somalo cerchi semplicemente pace, stabilità
e sicurezza. E quindi proprio su questo banco di prova i somali giudicheranno il governo
nelle prossime settimane. **********