Somalia: le truppe governative entrano a Mogadiscio
(28 dicembre 2006 - RV) Le truppe governative somale appoggiate dall’Etiopia, entrate
a Mogadiscio, hanno conquistato diversi edifici chiave nella città, ormai circondata
e abbandonata da gran parte delle milizie fedeli alle Corti islamiche, che l’avevano
controllata fino ad oggi. La cronaca nel servizio di Stefano Leszczynski:
Il fatto che
il governo provvisorio – appoggiato dall’Etiopia – abbia riconquistato Mogadiscio
può essere letto come un segnale positivo per la soluzione della crisi in Somalia?
Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Carmine Curci, direttore della rivista comboniana
“Nigrizia”:
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R. – Assolutamente no, ci aspettavamo che l’esercito del governo di transizione
somalo sarebbe andato verso Mogadiscio, quando gli aerei etiopici hanno bombardato
la città con l’appoggio logistico americano. Da varie settimane avevano posto migliaia
di uomini al confine tra Etiopia e Somalia. Quindi, era ovvio che ci sarebbe stata
la grande offensiva. Questo cosa creerà? Anzitutto, ancora una tensione enorme all’interno
della regione, perché lo spostare o togliere le Corti islamiche da Mogadiscio, non
significa assolutamente il controllo della nazione, il controllo del territorio. Creerà
sempre più tensione, guerra e guerriglia all’interno di questo grande Paese, che è
la Somalia. Quello che è mancato, a livello interno e a livello internazionale, è
la voglia di dialogare, la voglia di trovare un punto di incontro, dove poter veramente
creare una situazione di stabilità. E’ evidente che il governo di transizione non
ha la forza politica né la capacità di poter condurre il Paese. Questo significa,
quindi, ancora molta preoccupazione.
D. – Perché Etiopia, da una parte,
ed Eritrea dall’altra, sono riuscite così velocemente ad entrare nella crisi somala?
R.
– Da una parte, l’Etiopia aveva timore che un governo islamico potesse portare all’interno
dell’Etiopia i fondamentalisti islamici. Dobbiamo, però, anche ricordare come l’Etiopia
stia vivendo una crisi interna molto forte. L’opposizione praticamente non esiste.
Dall’altra parte, l’Eritrea. La situazione in Eritrea è molto grave. Anzi, noi crediamo
che si stia sempre più instaurando una dittatura di Afwerki. Quindi, entrare in Somalia
è una maniera per l’Eritrea per risolvere i suoi problemi interni.
D. –
Ma oltre a ragioni politiche che motivi ci sono dietro gli scontri in Somalia?
R.
– La questione è che la Somalia è una regione strategicamente importante. Il controllo
della Somalia significa il controllo delle rotte del petrolio. La Somalia guarda allo
Yemen, quindi alla penisola arabica.
D. – E la popolazione civile in che
condizioni vive?
R. – La popolazione civile ormai è stanca di questa guerra.
Da una parte, è stata sempre più oppressa da questi ‘signori della guerra’, poi dalle
Corti islamiche. Questa situazione ormai sta distruggendo intere generazioni. I giovani
vivono ormai solo con il kalashnikov e con la droga. Che nazione può essere costruita,
dunque? La comunità internazionale ha grosse responsabilità al riguardo. **********
E di fronte al degenerare senza controllo della situazione, il Programma
alimentare mondiale ha deciso di sospendere parte delle operazioni e ritirare il proprio
staff straniero dal Paese - ormai abbandonato a se stesso. Paolo Ondarza ha intervistato
Sergio Passadore, coordinatore del Cisp, Comitato Internazionale per lo sviluppo dei
popoli, riparato da Mogadiscio a Nairobi in seguito ai disordini: