Nel discorso alla Curia Romana il Papa difende la famiglia fondata sul matrimonio
e il valore del celibato sacerdotale
(22 dicembre 2006 - RV) Il lungo discorso del Papa alla Curia Romana ha affrontato,
come abbiamo detto, anche i temi della famiglia e del celibato sacerdotale. Ce ne
parla Sergio Centofanti.
******** Il
tema della famiglia è stato al centro del viaggio in Spagna, a Valencia: qui il Papa
ha detto di essere stato colpito dalle testimonianze di tanti coniugi, “benedetti
da una schiera numerosa di figli”:
“Non hanno nascosto il fatto di aver
avuto anche giorni difficili, di aver dovuto attraversare tempi di crisi. Ma proprio
nella fatica del sopportarsi a vicenda giorno per giorno, proprio nell'accettarsi
sempre di nuovo nel crogiolo degli affanni quotidiani, vivendo e soffrendo fino in
fondo il sì iniziale – proprio in questo cammino del ‘perdersi’ evangelico erano maturati,
avevano trovato se stessi ed erano diventati felici. Il sì che si erano dato reciprocamente,
nella pazienza del cammino e nella forza del sacramento con cui Cristo li aveva legati
insieme, era diventato un grande sì di fronte a se stessi, ai figli, al Dio Creatore
e al Redentore Gesù Cristo”.
E’ una testimonianza – ha proseguito il Papa
– “di una gioia maturata anche nella sofferenza, di una gioia che va nel profondo
e redime veramente l’uomo” e che suscita una riflessione:
“Davanti a queste
famiglie con i loro figli, davanti a queste famiglie in cui le generazioni si stringono
la mano e il futuro è presente, il problema dell’Europa, che apparentemente quasi
non vuol più avere figli, mi è penetrato nell’anima. Per l’estraneo, quest’Europa
sembra essere stanca, anzi sembra volersi congedare dalla storia”.
Benedetto
XVI esamina i motivi di questa situazione: “i problemi sociali e finanziari”, le preoccupazioni
e le fatiche quotidiane dovute ai figli, il tempo che scarseggia e che “basta appena
per la propria vita”: “avere tempo e donare tempo” – ha affermato il Papa - è “un
modo molto concreto per imparare a donare se stessi, a perdersi per trovare se stessi”.
C’è poi il problema dell’educazione in una società che ha perso l’orientamento e rende
insicuri sulle norme da trasmettere “perché non sappiamo più quale sia l’uso giusto
della libertà, quale il modo giusto di vivere, che cosa sia moralmente doveroso e
che cosa invece inammissibile”. Ma il problema più profondo secondo il Pontefice
è che “l’uomo di oggi è insicuro circa il futuro” e si chiede se sia giusto “inviare
qualcuno in questo futuro incerto”. “Se non impariamo nuovamente
i fondamenti della vita – sottolinea il Papa - se non scopriamo in modo nuovo la
certezza della fede – ci sarà anche sempre meno possibile affidare agli altri il dono
della vita e il compito di un futuro sconosciuto”.
Benedetto XVI afferma
poi di non poter tacere la sua “preoccupazione per le leggi sulle coppie di fatto”.
“Quando vengono create nuove forme giuridiche che relativizzano il matrimonio – rileva
- la rinuncia al legame definitivo ottiene, per così dire, anche un sigillo giuridico.
In tal caso il decidersi per chi già fa fatica diventa ancora più difficile”. A questo
– continua il Papa - si aggiunge “la relativizzazione della differenza dei sessi.
Diventa così uguale il mettersi insieme di un uomo e una donna o di due persone dello
stesso sesso. Con ciò vengono tacitamente confermate quelle teorie funeste che tolgono
ogni rilevanza alla mascolinità e alla femminilità della persona umana, come se si
trattasse di un fatto puramente biologico; teorie secondo cui l’uomo – cioè il suo
intelletto e la sua volontà – deciderebbe autonomamente che cosa egli sia o non sia”:
“C'è
in questo un deprezzamento della corporeità, da cui consegue che l’uomo, volendo emanciparsi
dal suo corpo – dalla “sfera biologica” – finisce per distruggere se stesso. Se ci
si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo
solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande
cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo?
Non è piuttosto il loro - il nostro - dovere alzare la voce per difendere l’uomo,
quella creatura che, proprio nell’unità inseparabile di corpo e anima, è immagine
di Dio?”
Il Papa ha poi preso in esame il tema del sacerdozio e del celibato,
trattati in particolare nel suo viaggio in Baviera: “il compito centrale del sacerdote”
– afferma - è “portare Dio agli uomini”, cosa che può fare “soltanto se egli stesso
viene da Dio, se vive con e da Dio”: Dunque “il vero fondamento della
vita del sacerdote … è Dio stesso”. Il celibato, la rinuncia al matrimonio – spiega
il Pontefice - “può essere compreso e vissuto, in definitiva, solo in base a questa
impostazione di fondo”:
“Non può significare il rimanere privi di amore,
ma deve significare il lasciarsi prendere dalla passione per Dio, ed imparare poi
grazie ad un più intimo stare con Lui a servire pure gli uomini. Il celibato deve
essere una testimonianza di fede: la fede in Dio diventa concreta in quella forma
di vita che solo a partire da Dio ha un senso. Poggiare la vita su di Lui, rinunciando
al matrimonio ed alla famiglia, significa che io accolgo e sperimento Dio come realtà
e perciò posso portarlo agli uomini”.
E oggi più che mai la società ha
bisogno della testimonianza di uomini che poggiano “su Dio nel modo più concreto
e radicale possibile”. Una testimonianza che ha dato a tutto il mondo Giovanni Paolo
II. “Il suo dono più grande per tutti noi è stata la sua fede incrollabile e il radicalismo
della sua dedizione. “Totus tuus” era il suo motto: in esso si rispecchiava tutto
il suo essere”:
“Sì, egli si è donato senza riserve a Dio, a Cristo, alla
Madre di Cristo, alla Chiesa: al servizio del Redentore ed alla redenzione dell’uomo.
Non ha serbato nulla, si è lasciato consumare fino in fondo dalla fiamma della fede.
Ci ha mostrato così come, da uomini di questo nostro oggi, si possa credere in Dio,
nel Dio vivente resosi vicino a noi in Cristo. Ci ha mostrato che è possibile una
dedizione definitiva e radicale dell’intera vita e che, proprio nel donarsi, la vita
diventa grande e vasta e feconda”. *********