2006-12-12 16:46:32

I commenti del card. Martino e di mons. Crepaldi al messaggio del Papa


(12 dicembre 2006 - RV) I diversi ambiti nei quali Benedetto XVI ha declinato il valore della pace nel suo Messaggio per il 2007 hanno suscitato molte domande da parte dei giornalisti oggi presenti nella Sala Stampa vaticana, per la presentazione del documento pontificio. Nel servizio di Alessandro De Carolis, ecco una carrellata delle varie questioni poste all’attenzione dei due relatori: RealAudioMP3
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Pace si traduce in rispetto della fede che si professa, nell’equanime possibilità di accedere alle risorse della terra o ad una ridistribuzione che tenga conto dei bisogni dei Paesi più poveri. Pace vuol dire cancellare dall’orizzonte dell’umanità la minaccia della guerra nucleare o predisporre nuovi strumenti giuridici che mettano al sicuro gli innocenti dall’orrore del terrorismo. Il Messaggio per la Giornata della pace 2007 ha suscitato come sempre molto interesse, domande e richieste di chiarimenti nei giornalisti. Tra le prime questioni poste all’attenzione del cardinale Reanto Raffaele Martino e del vescovo Giampaolo Crepaldi hanno riguardato la libertà di culto. Esistono oggi “regimi indifferenti che alimentano un sistematico dileggio culturale nei confronti delle credenze religiose”, recita un brano del Messaggio. Il presidente di Giustizia e Pace ha rimarcato con queste parole la portata di tale denuncia:
“Quegli stessi regimi che si fanno paladini della libertà di espressione, della libertà di pensiero, di cultura, negano spazio al fatto religioso. E dico ancora che questi regimi si mettono sullo stesso piano dei fondamentalisti, perché i fondamentalisti dicono: la mia religione è quella vera e nessun altro ha diritto di esprimere un’altra religione”.
Molto dibattuta la parte centrale del Messaggio del Papa che si sofferma sul concetto di “ecologia della pace”. Il cardinale Martino ha ricordato, tra l’altro, come la Santa Sede sia tra i fondatori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), che afferma nel suo statuto il principio dell’uso pacifico del nucleare. Parlando della decisione di Russia e Stati Uniti di smantellare rispettivamente 20 mila e 8 mila testate nucleari, il cardinale Martino ha ipotizzato uno scenario di riutilizzo positivo di tale risorsa:
“Una volta smantellate queste testate nucleari, resta l’energia che potrebbe essere usata nelle centrali nucleari. Ci sono delle organizzazioni che suggeriscono che questa energia sia venduta a beneficio dei Paesi poveri, o con la costruzione di centrali basate sul nucleare, vendute o destinando il ricavato della vendita alla crescita dei Paesi in via di sviluppo”.
Il rovescio della medaglia è rappresentato da chi ancora basa la forza di un Paese sulla potenza dei suoi arsenali nucleari. Ma “la deterrenza non può continuare all’infinito”, ha ripetuto il cardinale Martino. E mons. Crepaldi ha spiegato quale sia l’attuale posizione in merito della Santa Sede:
“La preoccupazione della Santa Sede è soprattutto legata al fallimento della Conferenza che c’è stata nel 2005, quella di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare, che si è conclusa senza un documento comune. La Santa Sede è preoccupata soprattutto per due questioni: una, perché non è stato ben chiarita la relazione tra uso ostile e uso pacifico dell’energia nucleare. L’altra perché non è ancora stata sciolta la questione della legalità dell’uso o della minaccia di uso delle armi nucleari, secondo il diritto internazionale: si tratta di una questione tecnica, ma che ha dietro di sé implicazioni di carattere politico e di carattere morale, che certamente fanno parte del bagaglio di preoccupazioni della Santa Sede su questa questione specifica”.
Parlando di terrorismo, Benedetto XVI invita nel suo Messaggio la comunità internazionale a riflettere sui limiti che oggi sconta il diritto internazionale rispetto ad un fenomeno che, ha detto il cardinale Martino, “ha cambiato la natura della guerra”. Un fenomeno, secondo il porporato, che ora chiede di essere combattuto con strumenti diversi:
“Non so se ricordate che io dissi che oggi noi siamo nella ‘quarta guerra mondiale’, perché dopo le due guerre mondiali c’è stata la Guerra fredda, la terza, e adesso, col terrorismo, siamo alla quarta. Ma la quarta non ha parametri assimilabili alla guerra così come l’abbiamo vista nella storia, e quindi questo dovrebbe spingere i Paesi ad elaborare delle regole, delle intese, che possano servire in questo frangente”.
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