Il Papa ai giuristi cattolici: la Chiesa sostiene una "sana laicità". Ma oggi c'è
un laicismo che vuole confinare Dio nel privato
(09 dicembre 2006 - RV) La Chiesa sostiene una “sana laicità” nel rapporto tra Stato
e Chiesa: ma oggi esiste un laicismo che vuole “escludere Dio da ogni ambito della
vita” e negare alla religione “ogni forma di rilevanza politica e culturale”. E’ quanto,
in sintesi, ha affermato oggi il Papa ricevendo in Vaticano i partecipanti al Convegno
nazionale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, in corso a Roma. La Chiesa – ha
affermato Benedetto XVI – non compie alcuna “indebita ingerenza” quando proclama
“con fermezza i grandi valori che danno senso alla vita della persona e ne salvaguardano
la dignità”. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Papa, sottolineando che oggi ci sono molteplici e a volte opposte e contraddittorie
“maniere di intendere e di vivere la laicità”, ha illustrato lo sviluppo storico di
questo concetto per arrivare a spiegarne l’autentico significato: la laicità – ha
ricordato - è “nata come indicazione della condizione del semplice fedele cristiano,
non appartenente né al clero né allo stato religioso” ma “durante il Medioevo ha
rivestito il significato di opposizione tra i poteri civili e le gerarchie ecclesiastiche”
mentre “nei tempi moderni ha assunto quello di esclusione della religione e dei suoi
simboli dalla vita pubblica mediante il loro confinamento nell'ambito del privato
e della coscienza individuale. È avvenuto così - ha aggiunto - che al termine di
laicità sia stata attribuita un’accezione ideologica opposta a quella che aveva all’origine”
esprimendosi oggi “nella totale separazione tra lo Stato e la Chiesa”: questa, secondo
un certo pensiero laico e una certa morale laica, non avrebbe così “titolo alcuno
ad intervenire su tematiche relative alla vita e al comportamento dei cittadini”:
“In effetti, alla base di tale concezione c'è una visione a-religiosa
della vita, del pensiero e della morale: una visione, cioè, in cui non c'è posto per
Dio, per un Mistero che trascenda la pura ragione, per una legge morale di valore
assoluto, vigente in ogni tempo e in ogni situazione. Soltanto se ci si rende conto
di ciò, sì può misurare il peso dei problemi sottesi a un termine come laicità, che
sembra essere diventato quasi l’emblema qualificante della post-modernità, in particolare
della moderna democrazia”.
È compito di tutti i credenti – ha detto il
Papa - contribuire ad elaborare un concetto di “sana laicità” che, da una parte,
riconosca a Dio, alla sua legge morale e alla Chiesa, “il posto che ad essi spetta
nella vita umana, individuale e sociale, e, dall'altra, affermi e rispetti la legittima
autonomia delle realtà terrene”. Si tratta – precisa il Pontefice - di un’autonomia
“dalla sfera ecclesiastica” e “non certo dall'ordine morale”:
“Non può
essere pertanto la Chiesa a indicare quale ordinamento politico e sociale sia da preferirsi,
ma è il popolo che deve decidere liberamente i modi migliori e più adatti di organizzare
la vita politica. Ogni intervento diretto della Chiesa in tale campo sarebbe un'indebita
ingerenza. D’altra parte, la «sana laicità» comporta che lo Stato non consideri la
religione come un semplice sentimento individuale, che si potrebbe confinare al solo
ambito privato. Al contrario, la religione, essendo anche organizzata in strutture
visibili, come avviene per la Chiesa, va riconosciuta come presenza comunitaria pubblica”.
“Questo
– ha proseguito il Papa - comporta inoltre che a ogni Confessione religiosa (purchè
non in contrasto con l'ordine morale e non pericolosa per l'ordine pubblico) sia garantito
il libero esercizio delle attività di culto - spirituali, culturali, educative e caritative
- della comunità dei credenti”. Per questo – rileva - “non è certo espressione
di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l'ostilità a ogni forma di rilevanza
politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo
religioso nelle istituzioni pubbliche. Come pure non è segno di sana laicità il rifiuto
alla comunità cristiana, e a coloro che legittimamente la rappresentano, del diritto
di pronunziarsi sui problemi morali che oggi interpellano la coscienza di tutti gli
esseri umani, in particolare dei legislatori e dei giuristi”:
“Non si tratta,
infatti, di indebita ingerenza della Chiesa nell'attività legislativa, propria ed
esclusiva dello Stato, ma dell'affermazione e della difesa dei grandi valori che danno
senso alla vita della persona e ne salvaguardano la dignità. Questi valori, prima
di essere cristiani, sono umani, tali perciò da non lasciare indifferente e silenziosa
la Chiesa, la quale ha il dovere di proclamare con fermezza la verità sull'uomo e
sul suo destino”.
Benedetto XVI esalta “i progressi che l'umanità ha compiuto”
in questo periodo storico ma nello stesso tempo avverte come da parte di alcuni ci
sia oggi “il tentativo di escludere Dio da ogni ambito della vita, presentandolo come
antagonista dell'uomo”:
“Sta a noi cristiani mostrare che Dio invece è
amore e vuole il bene e la felicità di tutti gli uomini. E’ nostro compito far comprendere
che la legge morale da Lui dataci, e che si manifesta a noi con la voce della coscienza,
ha lo scopo, non di opprimerci, ma di liberarci dal male e di renderci felici. Si
tratta di mostrare che senza Dio l'uomo è perduto e che l'esclusione della religione
dalla vita sociale, in particolare la marginalizzazione del cristianesimo, mina le
basi stesse della convivenza umana. Prima di essere di ordine sociale e politico,
queste basi infatti sono di ordine morale”. *********