2006-12-07 14:29:04

Dal Papa i vescovi del Lazio: intervista con mons. Sigalini


(07 dicembre 2006 - RV) Il Papa ha ricevuto stamane un altro gruppo di vescovi del Lazio che lunedì scorso hanno iniziato la loro visita “ad Limina”: ieri Benedetto XVI li ha salutati durante l’udienza generale, nella Basilica vaticana, invitandoli ad “una coraggiosa azione evangelizzatrice”, annunciando che il Cristo è “il Salvatore di ogni uomo”. Ha incontrato in questi giorni il Papa anche mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina. Fabio Colagrande gli ha chiesto di parlarci del suo colloquio con il Pontefice:

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R. – E’ stato molto bello perché è molto semplice: il Papa è veramente una persona squisita, un signore, delicatissimo, ascolta tutto quello che tu vuoi dire, fa domande pertinenti ... Il cerimoniale è molto semplice: si entra, il Papa ti dà la mano, c’è subito la fotografia perché giustamente bisogna lasciare traccia di questo incontro; dopo di ché ci si siede al tavolo e poi lì si comincia a dialogare, a parlare dei preti, dei fedeli, dei vari problemi. Evidentemente per me il problema principale è quello dei giovani, perché attorno a Roma e nel Lazio non è che brilliamo di tanti spazi di dialogo, di confronto, di accoglienza per il mondo giovanile! Per esempio, nelle nostre diocesi non ci sono oratori, non ci sono tessuti di relazioni profonde, le associazioni stanno un po’ scarseggiando e questo mi premeva comunicarlo al Papa e il Papa coglieva la necessità di creare dei ponti tra la strada e la Chiesa, proprio per il mondo giovanile ...

D. – Lei, quando è diventato vescovo di Palestrina, nel maggio 2005, ha scritto una lettera alla sua comunità. In questa lettera mi ha colpito che subito nel primo paragrafo, dopo poche righe, ci sia una speciale attenzione per coloro che hanno abbandonato la fede ...

R. – Sì, perché le nostre realtà diocesane, il nostro popolo laziale – a mio avviso – come del resto un po’ tutto il popolo italiano, ha bisogno di una rigenerazione della sua fede. Noi siamo cattolici di antica tradizione, però su questo cattolicesimo c’è andata parecchia polvere, c’è andata parecchia consuetudine, qualche ingessatura di troppo ... Oggi bisogna riscoprirla ex novo e veramente ridarle slancio. Noi siamo un po’ addormentati. Allora, questo è un po’ il primo compito di una comunità cristiana di questi tempi.

D. – Il Papa, ieri, durante l’udienza generale, vi chiedeva “una coraggiosa azione evangelizzatrice”. Come si concreta questo coraggio?

R. – Secondo me si concreta anche non soltanto facendo bene il nostro lavoro parrocchiale, quindi aiutando tutti ad incontrarsi con Dio, vivendo la vita sacramentale, ma anche uscendo dalle nostre sacrestie, uscendo dai nostri spazi sacrali, andando nelle piazze, andando concretamente anche nelle stazioni ... Il mio popolo prenestino è un popolo di pendolari: sono seimila persone che prendono il treno tutti i giorni da Zagarolo, e noi per esempio abbiamo messo una tenda di preghiera davanti alla stazione, proprio per indicare che ci siamo anche noi. Questo popolo pellegrinante verso il lavoro è accompagnato dalla sua Chiesa, dal suo Dio che condivide con il popolo questa difficoltà, questa fatica ...

D. – Nella sua lettera pastorale chiedeva alla Chiesa locale di diventare una Chiesa che non sia fatta “né di talebani né di smidollati”: perché queste due categorie?

R. – Sì ... perché, purtroppo, per quanto riguarda la fede, si tenta di dire: io sono convinto, ci metto sopra un coperchio, mi va bene tutto. Talebano! Guarda che devi ragionare! Ma neanche smidollato, nel senso che non ci tieni alla tua fede e va bene tutto il resto ... Allora, quindi, questo equilibrio di una fede che è un atto intellettualmente onesto e umanamente sensato, deve caratterizzare il nostro modo di essere credenti oggi, nel mondo. Il Papa ce lo ricorda continuamente: questo allargare lo spazio della razionalità, ma anche quello di approfondire lo spazio del significato e del senso. Allora, un cristiano maturo in questa maniera sarebbe capace di proporre agli altri quello in cui crede, non lo fa come un diktat, ma trova tutte le parole laiche per poter dire la pienezza del suo cuore e nello stesso tempo, può ascoltare una parola di Dio che lo illumina e che gli permette di guardare dentro la vita da un altro punto di vista che da solo non riuscirebbe ad avere.

D. – Il suo augurio per questa visita ad limina ...

R. – Che la nostra diocesi di Palestrina possa riprendere con grande coraggio la sua fede perché le è stata guadagnata da martiri: un giovane martire, Agapito, a 15 anni con il suo sangue ha cambiato il mondo di allora. Perché non possiamo cambiarlo anche oggi?
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