Viaggio del Papa in Turchia: allo studio la visita alla Moschea Blu di Istanbul
(25 novembre 2006 - RV) Cresce l’attesa per l’ormai imminente viaggio del Papa in
Turchia. Benedetto XVI partirà per Ankara fra tre giorni, martedì 28 novembre, per
tornare il 1° dicembre. Il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi
ha detto che è allo studio una breve visita del Papa alla Moschea Blu di Istanbul,
subito dopo la visita al vicino Museo di Santa Sofia. Benedetto XVI è il terzo Pontefice
che viene in questo Paese. Ma i legami con questa terra riguarda anche altri Papi:
a partire da San Pietro che, secondo la tradizione, prima di giungere a Roma, è stato
vescovo di Antiochia, dove per la prima volta i discepoli di Gesù sono chiamati “cristiani”.
Una storia di rapporti che riguarda soprattutto il secolo scorso. Ascoltiamo in
proposito il servizio di Sergio Centofanti.
********* La Turchia nutre una
particolare stima per Benedetto XV, il Papa della pace che cercò di fermare ”l’inutile
strage” della Prima Guerra Mondiale. Si adoperò molto per il rimpatrio dei prigionieri
turchi. A Istanbul una statua lo ricorda con questa dedica: "Ad un grande Papa ...
benefattore dei popoli senza distinzione di nazionalità o di religione".
Grande
simpatia anche per Giovanni XXIII: Angelo Roncalli per 10 anni, dal 1934 al 1944,
è stato delegato apostolico a Istanbul. E’ chiamato “l’amico dei turchi” e gli è stata
intitolata una via.
Paolo VI è stato il primo Papa a compiere un viaggio apostolico
in Turchia dove si reca nel luglio del 1967. Incoraggia le piccole comunità cristiane,
specialmente “quelli che sono provati dalla sofferenza”, invitando i discepoli di
Gesù a mantenere sempre “alta la fiamma della fede!” Qui incontra nuovamente il Patriarca
ecumenico ortodosso Atenagora dopo lo storico abbraccio a Gerusalemme nel 1964 e la
cancellazione delle reciproche scomuniche di nove secoli prima: Papa Montini sottolinea
la necessità di lavorare “fraternamente per trovare insieme le forme adatte e progressive
per sviluppare ... la comunione che, sebbene imperfetta, già esiste”. Nel dialogo
teologico ormai avviato – afferma – si tratta di rispettarsi “nella legittima diversità
delle tradizioni liturgiche, spirituali, disciplinari e teologiche”, badando “con
la massima attenzione di non imporre nulla ... se non ciò che è necessario per poter
ristabilire e conservare la comunione e l’unità”. Paolo VI, prima del viaggio, aveva
già restituito alle autorità turche un antico stendardo, preso al tempo della battaglia
di Lepanto del 1571, che, da allora, si conservava nelle collezioni del Vaticano.
Sempre nel 1967, Paolo VI riceve il nuovo ambasciatore della Turchia assicurando la
fedeltà dei cattolici alle autorità locali e nello stesso tempo chiedendo per loro
il rispetto dei diritti e “piena libertà di azione”.
Giovanni Paolo II è
il secondo Pontefice a recarsi in Turchia: è il novembre del 1979. Vuole condividere
con gli ortodossi la Festa di Sant’Andrea, Patrono della Chiesa di Costantinopoli.
Alle comunità cristiane dice: “Abbiate sempre il coraggio e la fierezza della vostra
fede”. Ricorda la fedeltà della comunità armena spesso “segnata da grandi prove e
anche da profonde sofferenze”. A Istanbul incontra il Patriarca ecumenico Dimitrios
I cui ricorda “che fra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli esistono particolari
legami di fraternità e d’intimità, e che una collaborazione più stretta è naturale
tra queste due Chiese”. “Occorre affrettare il passo verso la perfetta riconciliazione
fraterna”. E aggiunge: “La domanda che dobbiamo porci non è tanto di sapere se possiamo
ristabilire la piena comunione, ma ancor più se abbiamo il diritto di restare separati”.
A Efeso, sotto gli occhi materni di Maria, dice: “noi siamo pronti a riconoscere i
nostri reciproci torti, i nostri egoismi, le nostre lentezze: ella ha generato un
Figlio unico, noi purtroppo glielo presentiamo diviso”.
Nel 1989 Papa Wojtyla
riceve in Vaticano la Conferenza episcopale della Turchia sottolineando con pena
“il continuo esodo” dei cristiani turchi verso altri Paesi. Parla della “realtà quotidiana”
del dialogo con la maggioranza musulmana e nello stesso tempo invita i cristiani a
non avere paura “di manifestare la loro fede ad esempio di Gesù che non si è imposto
ma ha fatto di tutta la sua esistenza un annuncio chiaro dell’amore offerto dal Padre
a tutti gli uomini”. Nel febbraio del 2004 Giovanni Paolo II riceve il nuovo ambasciatore
turco Osman Durak evidenziando l’importanza dello stato di diritto a garanzia dell’eguaglianza
di trattamento di tutti cittadini. “La chiara distinzione tra la sfera religiosa e
quella civile – rileva – permette ad entrambi di esercitare in modo efficace le proprie
responsabilità”, in completa libertà di coscienza. Auspica quindi il riconoscimento
dello “status giuridico della Chiesa” da parte delle autorità turche. I cattolici,
ha aggiunto, non cercano “speciali privilegi” ma chiedono solo il rispetto dei “propri
diritti fondamentali”.
Benedetto XVI sarà dunque il terzo Papa a visitare
la Turchia. Avrebbe voluto farlo già l’anno scorso per la Festa di Sant’Andrea. In
questa occasione invia un messaggio al Patriarca ecumenico Bartolomeo I affermando
che “la Chiesa cattolica è irrevocabilmente impegnata a promuovere ogni iniziativa
utile a rafforzare la carità, la solidarietà e il dialogo teologico”. Manifesta quindi
la speranza che si arrivi ad una “comunione sempre più profonda per superare quegli
ostacoli che ancora rimangono”, al fine di “poter celebrare assieme la Santa Eucaristia,
sacrificio di Cristo per la vita del mondo”. Nel luglio del 2005 esprime il suo vivo
cordoglio per le vittime dell’attentato terroristico compiuto contro la stazione balneare
di Kudasi inviando la sua speciale benedizione al popolo turco. Nel settembre 2005
fa pervenire un messaggio ad un Convegno interreligioso organizzato ad Antiochia auspicando
che “la libertà religiosa, inclusa quella delle minoranze, sia protetta”. Il 5 febbraio
di quest’anno don Andrea Santoro, sacerdote fidei donum, viene ucciso mentre è in
preghiera nella Chiesa di Santa Maria a Trebisonda. Benedetto XVI esprime il suo grande
dolore e prega perché il sangue versato da quest’uomo di Dio “diventi seme di speranza
per costruire un’autentica fraternità tra i popoli”. Il 17 novembre scorso, incontrando
la plenaria del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, Benedetto XVI ha
speso parole di grande apprezzamento per il “nuovo slancio” del dialogo teologico
tra cattolici e ortodossi, ripreso a settembre in Serbia dopo una lunga sosta. Il
Papa sottolinea la necessità di un “ecumenismo dell’amore”. Infatti “l’amore accompagnato
da gesti coerenti crea fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi. Il dialogo della carità
– afferma Benedetto XVI - promuove e illumina il dialogo della verità”. ********