2006-11-24 16:36:25

I vescovi italiani iniziano la visita ad Limina


(23 novembre 2006 - RV) Benedetto XVI ha ricevuto, stamani in udienza, un primo gruppo di vescovi della Conferenza episcopale abruzzese-molisana. Si tratta dell’atto d’inizio della visita ad Limina dei presuli italiani, che si prolungherà fino a primavera. La regione ecclesiastica Abruzzo-Molise è una delle sedici in cui è suddivisa la Chiesa cattolica italiana. Conta circa un milione e mezzo di abitanti, affidati alla cura pastorale di undici vescovi e 942 sacerdoti secolari. Le parrocchie distribuite sul territorio sono 1059. Giovanni Paolo II si è recato in Abruzzo 7 volte e 2 in Molise. Dal canto suo, Benedetto XVI ha visitato la terra abruzzese lo scorso primo settembre quando si è recato in pellegrinaggio al Santuario di Manoppello, vicino Chieti. Una visita che il Papa ha ricordato ieri in Piazza San Pietro, salutando proprio i presuli abruzzesi e molisani presenti all’udienza generale. Per conoscere quali siano le aspettative dell’episcopato, Alessandro Guarasci ha intervistato l’arcivescovo di Lanciano-Ortona, Carlo Ghidelli, presidente della Conferenza episcopale abruzzese-molisana:
**********
R. – Ci aspettiamo soprattutto una rinascita, una ripresa della vita diocesana, l’apertura delle parrocchie alla diocesi e delle varie diocesi alla realtà regionale, alla Conferenza episcopale regionale. Siamo convinti che più si allarga la comunione e più essa diventa anche intensa quindi ci aspettiamo dal Papa anche uno stimolo ad aprire le parrocchie alla diocesi e le diocesi alla regione. Poi, evidentemente, una ripresa della vita cristiana perché siamo sicuri che il Papa ci dirà una parola speciale di cui cercheremo di far tesoro e comunicarla il più possibile anche agli altri.
D. – La società italiana è interessata da un forte movimento di secolarizzazione. Questo lo riscontrate anche nella vostra regione e soprattutto quali iniziative mettete in campo per contrastarlo?
R. – Lo riscontriamo certamente anche qui sia pure, forse, a “scoppio ritardato”. Noi mettiamo in atto la pastorale ordinaria, niente di straordinario: cerchiamo di coltivare le nostre singole diocesi con tutto lo “sprint” pastorale di cui siamo capaci, cercando soprattutto di mettere a fuoco i problemi principali. Soprattutto i problemi legati al lavoro, sia per la carenza di occupazione, sia per il troppo alto numero di infortuni sul lavoro. Questo ci fa soffrire non poco. Abbiamo poi anche il problema dell’immigrazione. E abbiamo anche qualche problema di droga; desideriamo poter immettere nel tessuto sociale delle nostre singole regioni, sia l’Abruzzo sia il Molise, quel fermento evangelico di vita cristiana autentica che possa dare sintomi di una rinascita.
D. – La vostra è una regione che guarda ad est, dunque portata in qualche modo, naturalmente, al dialogo…
R. – Sì, noi siamo aperti all’est tant’è che spero si superino alcune difficoltà per quanto riguarda i famosi Giochi del Mediterraneo che dovrebbero essere ospitati qui a Pescara. Vorremmo approfittare anche di questa occasione per lanciare veramente ponti verso l’altra sponda del mare. Non vogliamo però solo esportare, vogliamo anche importare e siamo convinti che da quei Paesi, anche se sono in una situazione di sottosviluppo materiale, ci possa venire invece qualche aiuto dal punto di vista spirituale. Anche l’aspetto ecumenico ci interessa in questo senso perché tra l’ortodossia e il cattolicesimo si possono instaurare anche rapporti più intensi e più frequenti.
D. – Trovate difficoltà nell’applicare la vostra pastorale familiare? Insomma, le famiglie continuano ad essere praticanti?
R. – Come percentuale della frequenza delle chiese, noi siamo tra le regioni migliori d’Italia, forse anche la migliore in assoluto. Abbiamo un’alta percentuale di frequenza domenicale. Per quanto riguarda invece il problema delle famiglie, dobbiamo anche noi accusare il colpo e ci sono tante, tantissime famiglie che si stanno disgregando con troppa facilità. Quasi certamente, dipende dalla insufficiente preparazione alla celebrazione del matrimonio e poi forse c’è anche l’influsso delle famiglie di provenienza che sono probabilmente le famiglie dei “tempi della contestazione” che non hanno saputo creare nei loro figli un plafond direi, di formazione cristiana autentica.








All the contents on this site are copyrighted ©.