2006-11-24 16:39:35

Frutti positivi e difficoltà nel dialogo ecumenico tra anglicani e cattolici: al centro dell’incontro del Papa con il Primate della Comunione anglicana


(23 novembre 2006 - RV) Il Papa ha ricevuto questa mattina il Primate della Comunione anglicana, arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams. Sempre stamane, il Primate ha avuto anche un momento di preghiera in San Pietro, un colloquio con il Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, e la Celebrazione dell'Ora Media nella cappella Redemptoris Mater. Sulle parole del Papa e sulla dichiarazione congiunta firmata con il Primate arcivescovo Williams, il servizio di Fausta Speranza: RealAudioMP3


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Parole di ringraziamento per tutto il positivo vissuto negli ultimi 40 anni, dall’incontro tra Paolo VI e l’arcivescovo Ramsey che segnò l’avvio del dialogo dopo secoli di incomprensioni. E poi l’attenzione particolare per i “recenti sviluppi” e le possibili scelte che la Comunione anglicana è chiamata a fare nel prossimo futuro. Tutto ciò è al centro delle parole del Papa al Primate arcivescovo Williams, con la consapevolezza dichiarata che “molte negative influenze e pressioni cadono sui cristiani e sulle comunità cristiane”, specialmente nel “secolarizzato mondo occidentale”.


Benedetto XVI auspica “una piena e visibile unità” quale obiettivo, e sottolinea che bisogna rendere grazie a Dio per i passi fatti, ricordando le amichevoli e buone relazioni tra anglicani e cattolici in molti luoghi, che hanno creato quello che definisce “un contesto nuovo”. E il Papa poi guarda alle difficoltà.


“Over the last three years you have spoken openly …”


Negli ultimi tre anni – dichiara il Papa – si è “parlato apertamente delle tensioni e delle difficoltà” nell’ambito della Comunione anglicana. Ricorda i “recenti sviluppi in particolare riguardo il ministero ordinato e alcuni insegnamenti morali” che – afferma il Papa – toccano le relazioni interne al mondo anglicano ma anche le relazioni con la Chiesa cattolica.


Il Papa sottolinea che le scelte che la Comunione anglicana farà su queste questioni, che sono attualmente materia di dibattito interno, sono di vitale importanza per la predicazione del Vangelo nella sua integrità:


“Your current discussions will shape the future of our relations.”


Aggiungendo che dunque “daranno forma al futuro delle relazioni” con i cattolici. In definitiva, l’invito a continuare il dialogo, nella consapevolezza che “il mondo ha bisogno della nostra testimonianza e della forza che viene dalla proclamazione senza divisioni del Vangelo”.


Per quanto riguarda l’intervento del Primate, c’è innanzitutto un’afferma-zione:


“Only a firm foundation of friendship in Christ will enable us …”


Soltanto un fermo fondamento di amicizia ci permetterà di essere onesti gli uni con gli altri circa le difficoltà. Si trovano, poi, parole di ringraziamento e apprezzamento per l’incontro nella sede di San Pietro; il ricordo di Giovanni Paolo II e un particolare estremamente significativo: l’anello che porto – afferma – è quello che Paolo VI consegnò all’arcivescovo Ramsey e la Croce è quella ricevuta in dono da Giovanni Paolo II. Simboli dell’impegno a “lavorare insieme per la piena unità della famiglia cristiana”. Il primate sottolinea di essere venuto “con spirito fraterno” e ricorda di essere stato toccato dal fatto che Benedetto XVI all’inizio del suo Pontificato ha sottolineato l’importanza dell’ecumenismo.

C’è poi la dichiarazione comune firmata stamane con il Papa. Anche lì il richiamo allo storico incontro tra Paolo VI e l’arcivescovo Michael Ramsey. E poi l’affermazione che ci sono “molte aree di testimonianza e servizio” in cui si può operare sempre più insieme, con un impegno comune tra cattolici e anglicani per “la ricerca della pace in Terra Santa” e contro la “minaccia del terrorismo”. “Il vero ecumenismo – si legge – va al di là del dialogo teologico: tocca le vite spirituali e la comune testimonianza”. Il tutto – si legge – mentre si ribadisce che l’attuale comunione è “reale ma imperfetta”.
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In 40 anni il dialogo ecumenico tra cattolici e anglicani ha registrato sviluppi positivi e nuove difficoltà. C’è chi ha parlato anche di una sorta di “crisi” del dialogo. A questo proposito Phlippa Hitchen ha intervistato lo stesso Primate anglicano Rowan Williams: RealAudioMP3


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R. – I wouldn’t at all characterize it as “crisis”; i’d characterize it …
Non direi che è una “crisi”. Direi piuttosto – come ha detto qualche volta il cardinale Murphy O’Connor – che si è raggiunto una sorta di piattaforma. Ho passato la mattinata a ragionare del futuro del nostro dialogo, e abbiamo chiarito con la maggior chiarezza possibile che non esiste alcuna interruzione del processo di dialogo e che la speranza non si è affievolita. Quindi: non credo sia una “crisi”; ci troviamo di fronte delle sfide, ma mi sembra che stiamo procedendo nel dialogo con grande entusiasmo.


D. – Eppure, molte persone hanno l’impressione che il grande entusiasmo, nato sulla scia del Concilio Vaticano II, in qualche modo manchi ai rapporti attuali. Come potrebbe essere possibile recuperare quello spirito positivo?


R. – I think perhaps in the wake of the Council, the first round of expectations …
Penso che sulla scia del Concilio, le aspettative iniziali siano state forse un po’ troppo alte: l’unità visibile da raggiungere nel corso della nostra vita, e che probabilmente mai si verificherà! Penso invece che l’entusiasmo che dobbiamo recuperare sia in due ambiti. Uno è quello che il Pontificio Consiglio oggi definirebbe “ecumenismo fondamentale”, cioè ritrovare la nostra identità comune di fronte alla cultura secolarizzata che ci circonda: noi, in quanto depositari della Rivelazione, sappiamo cosa dobbiamo condividere con la società in cui viviamo. Il secondo ambito è comprendere più profondamente cosa praticamente possiamo fare per rispondere alle necessità del mondo, come possiamo spendere le nostre risorse per far fronte all’immensa crisi dell’umanità nei nostri giorni. Ce n’è abbastanza per recuperare l’entusiasmo!


D. – Eppure, se guardiamo agli ostacoli che esistono in questo dialogo, uno di questi è la disponibilità – all’interno della Chiesa anglicana d’Inghilterra – a conferire l’ordinazione episcopale alle donne: all’inizio di quest’anno, il cardinale Kasper aveva detto che una decisione di questo tipo avrebbe generato un ostacolo praticamente insormontabile nella ricerca della piena unità, come finora l’avevamo intesa …


R. – We’ve heard that and taken it very seriously, I think. …
Ne abbiamo preso atto e lo consideriamo in termini molto seri. Al tempo stesso, nella Chiesa d’Inghilterra stiamo conseguendo un processo di riflessione teologica a lungo termine su questo argomento. Una parte di questo processo è improntato alla nostra dedizione alla teologia del ministero ordinato, che è stato esplicitato nei documenti dell’ARCIC. Ma io credo che sia estremamente importante che noi procediamo nella riflessione. Qualunque sia la decisione alla quale si possa giungere – e penso che il cardinale Kasper possa essere d’accordo – qualsiasi decisione si prenda, noi abbiamo comunque un linguaggio comune con il quale discuterla e che si fonda sugli accordi che abbiamo già raggiunto.


D. – Lei ha portato un dono speciale a Benedetto XVI: ce ne vuole parlare?


R. – We wondered quite a long time about what a sort of gift we might present, but …
Ci siamo domandati a lungo quale tipo di dono avremmo potuto portargli, poi abbiamo optato per qualche cosa che simboleggiasse non soltanto i rapporti tra la Chiesa cattolico-romana e quella anglicana, ma anche il più ampio mondo cristiano nel quale viviamo: questo mondo nel quale anche le Chiese dell’Est hanno un ruolo. Abbiamo quindi chiesto ad un giovane artista russo, pittore di icone, di realizzare un’icona speciale, commissionata appositamente, che raffigurasse il Cristo tra San Gregorio Magno e Sant’Agostino di Canterbury.


D. – Qui a Roma voi avete parlato di San Benedetto e della sua Regola come una sorta di traccia per la coesistenza pacifica nell’Europa contemporanea multiculturale: vuole condividere con noi alcune delle vostre riflessioni?


R. – The ideas I was trying to elaborate speaking about Saint Benedict …
Le considerazioni che intendevo elaborare nel parlare di San Benedetto erano incentrati su tre punti fondamentali. Uno è che la Regola benedettina parte dal presupposto che una vita culturale e individuale sana è tale se in essa c’è il tempo per il lavoro – lavoro produttivo –, per la conoscenza di sé e per la lode; e che ogni cultura che riservi tanta importanza alla vita produttiva e di acquisizione di beni, nella quale non ci sia più tempo per lo studio e la conoscenza di sé e nemmeno il tempo per rendere lode a Dio è una cultura che cade al di sotto del livello umano. Il secondo concetto che volevo elaborare era quello dell’obbedienza e la maniera molto sottile in cui la Regola di San Benedetto descrive come l’abate, la figura che rappresenta l’autorità nel monastero, debba essere egli stesso modello di obbedienza a Dio e di obbedienza, in un certo senso, alla comunità: in ascolto delle necessità della comunità e pronto a rispondere alle stesse. Dobbiamo quindi meditare su come l’autorità è esercitata nella società e, in generale, in Europa. Che sia un’autorità veramente in ascolto e pronta a rispondere alle reali necessità, ma anche aperta a Dio. Il terzo punto: la Regola di San Benedetto afferma che nella comunità benedettina ciascuno ha la dignità di portare il proprio contributo, attraverso il proprio lavoro, le proprie capacità particolari, la propria presenza e la propria esperienza. Questo, credo, possa essere un messaggio importante per le società che si trovano ad affrontare il problema delle minoranze, dei migranti, alla ricerca di una via per cui tutte le voci trovino ascolto e armonia all’interno della società. Ecco perché ritengo che la Regola sia un documento estremamente attuale per l’Europa e per ciascuno di noi.
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