La Caritas di Mosul chiude per le minacce di un gruppo islamico
(23 novembre 2006 - RV) La Caritas di Mosul, in Iraq, chiude i battenti. In seguito
alle continue intimidazioni e alle insistenti richieste di versare denaro per finanziare
un gruppo islamico locale, la struttura ha sospeso le sue attività. A raccontarlo
all’agenzia AsiaNews è una delle operatrici, costrette a lasciare la città per paura
di ritorsioni. La donna, che ha chiesto l’anonimato, ha lavorato come ricercatrice
sociale presso l’organismo della Chiesa cattolica dal 1995 fino a settembre scorso.
“I primi del mese – ricorda – il nostro responsabile ha ricevuto una telefonata a
casa da un gruppo islamico che non si è identificato con un nome. Prima hanno cominciato
a recitare un brano dal Corano, dopo hanno chiesto del denaro per sostenere la resistenza
all’occupazione americana dell’Iraq”. “Noi – continua la donna - abbiamo cercato di
spiegare che come Caritas non abbiamo fondi per le nostre attività, se non le donazioni
dei fedeli, che ci aiutano a sostenere solo i più bisognosi”. Mentre le minacce si
facevano più insistenti il direttore ha detto loro che la Caritas poteva dare solo
1 milione di denari iracheni, ma non di più. “Naturalmente non era sufficiente e ci
hanno chiesto di aumentare la somma, ma dopo l’ennesimo rifiuto da parte nostra si
sono convinti e hanno accettato l’offerta; non abbiamo avuto scelta, ma il Centro
ha dovuto chiudere, in queste condizioni era impossibile continuare”. La Caritas di
Mosul, che dall’inizio della guerra non aveva mai interrotto le sue attività, si occupava
soprattutto dei senza tetto e il 90 per cento del suo lavoro interessava la popolazione
musulmana. Il lavoro della Caritas continua comunque a Baghdad, nei villaggi cristiani
della provincia di Niniveh e nel Kurdistan