2006-11-20 12:57:31

Incontro in Vaticano tra Benedetto XVI e il presidente Napolitano


(20 novembre 2006 - RV) Un incontro per ribadire il legame tutto particolare che lega l’Italia al Successore di Pietro: con questo spirito si è svolta stamani in Vaticano la visita al Papa del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato, accompagnato dalla moglie Clio e dal seguito, ha incontrato anche il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Benedetto XVI ha ribadito che la libertà religiosa non pregiudica gli interessi dello Stato. Dal canto suo, Napolitano ha espresso apprezzamento per la dimensione sociale e pubblica del fatto religioso. Entrambi hanno poi riaffermato l’importanza della collaborazione tra Chiesa e Stato per promuovere il bene integrale della persona. Il servizio di Alessandro Gisotti: RealAudioMP3


 E ora un commento ai discorsi di Benedetto XVI e di Giorgio Napolitano. Fabio Colagrande ha intervistato Giuseppe Dalla Torre rettore della libera università Maria Assunta RealAudioMP3


Ecco i testi completi dei discorsi, a partire ad quello di Benedetto XVI:
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Signor Presidente della Repubblica,

Le sono vivamente grato per questa Sua visita, della quale Ella oggi mi onora, e rivolgo il mio cordiale saluto a Lei e, attraverso di Lei, a tutto il Popolo italiano, i cui rappresentanti - nello scorso mese di maggio - L’hanno chiamata a ricoprire la suprema carica dello Stato. Desidero, in questa solenne circostanza, rinnovarLe personalmente le mie vive felicitazioni per l’alto incarico conferitoLe. Estendo il mio saluto anche agli illustri Membri della Delegazione che L'accompagna. Nello stesso tempo vorrei anche manifestare di nuovo, nei confronti di tutti gli Italiani, quella gratitudine che già ho avuto modo di esprimere durante la mia visita al Quirinale, il 24 giugno 2005. Essi, infatti, fin dalla mia elezione mi dimostrano quasi quotidianamente, con calore ed entusiasmo, i loro sentimenti di accoglienza, di attenzione e di sostegno spirituale nell’adempimento della mia missione. Del resto, in questa sentita vicinanza al Papa trova una significativa espressione quel particolare legame di fede e di storia, che da secoli lega l’Italia al Successore dell’apostolo Pietro, il quale ha in questo Paese, non senza disposizione della Divina Provvidenza, la sua sede. Per assicurare alla Santa Sede “l’assoluta e visibile indipendenza” e “garantirLe una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale”, col Trattato Lateranense si è costituito lo Stato della Città del Vaticano. In forza di tale Trattato, la Repubblica italiana offre a diversi livelli e con diverse modalità un prezioso e diuturno contributo allo svolgimento della mia missione di Pastore della Chiesa universale. La visita in Vaticano del Capo dello Stato italiano mi è, pertanto, gradita occasione per far giungere il mio deferente pensiero a tutte le istanze dello Stato, ringraziandole per la loro fattiva collaborazione a vantaggio del ministero petrino e dell’opera della Santa Sede.


La Sua odierna visita, Signor Presidente, non è solo la felice conferma di una ormai pluridecennale tradizione di reciproche visite, scambiate fra il Successore di Pietro e la più alta Carica dello Stato italiano, ma riveste un importante significato, perché consente una particolare sosta di riflessione sulle ragioni profonde degli incontri che avvengono fra i rappresentanti della Chiesa e quelli dello Stato. Esse mi sembrano chiaramente esposte dal Concilio Vaticano II, che nella Costituzione pastorale “Gaudium et spes” afferma: “La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo” (n. 76).
Si tratta di una visione condivisa anche dallo Stato italiano, che nella sua Costituzione afferma anzitutto che “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” e ribadisce poi che “i loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi” (art. 7). Questa impostazione delle relazioni fra la Chiesa e lo Stato ha ispirato anche l’Accordo che apporta modificazioni al Concordato Lateranense, firmato dalla Santa Sede e dall’Italia il 18 febbraio 1984, nel quale sono state riaffermate sia la indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa sia la “reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese (art. 1). Mi associo volentieri all’auspicio formulato da Lei, Signor Presidente, all’inizio del Suo mandato, che questa collaborazione possa continuare a svilupparsi concretamente. Sì, Chiesa e Stato, pur pienamente distinti, sono entrambi chiamati, secondo la loro rispettiva missione e con i propri fini e mezzi, a servire l’uomo, che è allo stesso tempo destinatario e partecipe della missione salvifica della Chiesa e cittadino dello Stato. E’ nell’uomo che queste due società si incontrano e collaborano per meglio promuoverne il bene integrale.


Questa sollecitudine della comunità civile nei riguardi del bene dei cittadini non si può limitare ad alcune dimensioni della persona, quali la salute fisica, il benessere economico, la formazione intellettuale o le relazioni sociali. L’uomo si presenta di fronte allo Stato anche con la sua dimensione religiosa, che “consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere umano si dirige immediatamente verso Dio” (Dignitatis humanae, 3). Tali atti “non possono essere né comandati, né proibiti” dall’autorità umana, la quale, al contrario, è tenuta a rispettare e promuovere questa dimensione: come ha autorevolmente insegnato il Concilio Vaticano II a proposito del diritto alla libertà religiosa, nessuno può essere costretto “ad agire contro la sua coscienza” né si può “impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso” (ibid.). Sarebbe però riduttivo ritenere che sia sufficientemente garantito il diritto di libertà religiosa, quando non si fa violenza o non si interviene sulle convinzioni personali o ci si limita a rispettare la manifestazione della fede che avviene nell’ambito del luogo di culto. Non si può infatti dimenticare che “la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo comunitario” (ibid.). La libertà religiosa è pertanto un diritto non solo del singolo, ma altresì della famiglia, dei gruppi religiosi e della stessa Chiesa (cfr Dignitatis humanae, 4-5.13) e l’esercizio di questo diritto ha un influsso sui molteplici ambiti e situazioni in cui il credente viene a trovarsi e ad operare. Un adeguato rispetto del diritto alla libertà religiosa implica, dunque, l’impegno del potere civile a “creare condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa, cosicché i cittadini siano realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione e adempiere i rispettivi doveri, e la società goda dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa volontà” (Dignitatis humanae, 6).


Questi alti principi, proclamati dal Concilio Vaticano II, sono del resto patrimonio di molte società civili, compresa l’Italia. Essi sono, infatti, presenti sia nella Carta costituzionale italiana sia nei numerosi documenti internazionali che proclamano i diritti dell’uomo. Ed anche Lei, Signor Presidente, non ha mancato di richiamare opportunamente la necessità del riconoscimento da dare alla dimensione sociale e pubblica del fatto religioso. Il medesimo Concilio ricorda che, quando la società rispetta e promuove la dimensione religiosa dei suoi membri, essa riceve in cambio i “beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa volontà” (ibid.). La libertà, che la Chiesa e i cristiani rivendicano, non pregiudica gli interessi dello Stato o di altri gruppi sociali e non mira ad una supremazia autoritaria su di essi, ma è piuttosto la condizione affinché, come ho detto durante il recente Convegno Nazionale Ecclesiale svoltosi a Verona, si possa espletare quel prezioso servizio che la Chiesa offre all’Italia e ad ogni Paese in cui essa è presente. Tale servizio alla società, che consiste principalmente nel “dare risposte positive e convincenti alle attese e agli interrogativi della nostra gente” (cfr Discorso ai partecipanti al Convegno Nazionale Ecclesiale a Verona) offrendo alla loro vita la luce della fede, la forza della speranza e il calore della carità, si esprime anche nei riguardi dell’ambito civile e politico. Infatti, se è vero che per la sua natura e missione “la Chiesa non è e non intende essere un agente politico”, tuttavia essa “ha un interesse profondo per il bene della comunità politica” (ibid.).


Questo apporto specifico viene dato principalmente dai fedeli laici, i quali, agendo con piena responsabilità e facendo uso del diritto di partecipazione alla vita pubblica che hanno alla pari di tutti i cittadini, si impegnano con gli altri membri della società a “costruire un giusto ordine nella società” (ibid.). Nella loro azione, peraltro, essi poggiano sui “valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano” (ibid.), riconoscibili anche attraverso il retto uso della ragione. Così, quando s’impegnano con la parola e con l’azione a fronteggiare le grandi sfide attuali, rappresentate dalle guerre e dal terrorismo, dalla fame e dalla sete, dalla estrema povertà di tanti esseri umani, da alcune terribili epidemie, ma anche dalla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e dalla promozione della famiglia, fondata sul matrimonio e prima responsabile dell’educazione, non agiscono per un loro interesse peculiare o in nome di principi percepibili unicamente da chi professa un determinato credo religioso: lo fanno, invece, nel contesto e secondo le regole della convivenza democratica, per il bene di tutta la società e in nome di valori che ogni persona di retto sentire può condividere. Ne è prova il fatto che la gran parte dei valori, che ho menzionato, sono proclamati dalla Costituzione italiana, che quasi sessant’anni or sono venne elaborata da uomini di diverse posizioni ideali.

 Signor Presidente, vorrei concludere queste riflessioni con l'augurio cordiale che la Nazione italiana sappia avanzare sulla via dell'autentico progresso e possa offrire alla Comunità internazionale il suo prezioso contributo, promuovendo sempre quei valori umani e cristiani che sostanziano la sua storia, la sua cultura, il suo patrimonio ideale, giuridico e artistico, e che sono tuttora alla base dell’esistenza e dell’impegno dei suoi cittadini. In questo sforzo non mancherà, certo, il leale e generoso contributo dato dalla Chiesa cattolica attraverso l’insegnamento dei suoi Vescovi, che fra breve incontrerò nella loro visita ad Limina Apostolorum, e grazie all’opera di tutti i fedeli.
Quest’augurio lo formulo anche nella preghiera, con la quale imploro da Dio onnipotente una particolare benedizione su questo nobile Paese, sui suoi abitanti e in particolare su coloro che ne reggono le sorti.
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Ed ecco il testo del discorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano:
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Santità,è con intensa emozione personale che Le rendo omaggio, in questa solenne occasione, a nome dello Stato e del popolo italiano.
Ispira il mio omaggio la consapevolezza profonda dell'alta missione universale della Chiesa cattolica e del prezioso servizio che essa offre alla Nazione.
E' una consapevolezza che si nutre dell'attenzione e del rispetto per il Suo magistero, per le Sue parole di sapienza e di fede, per i messaggi da Lei costantemente rivolti ai problemi del mondo d'oggi e ai grandi temi della condizione e del destino dell'uomo.
Ci toccano e ci confortano i Suoi messaggi di pace, appelli risoluti e limpidi come da ultimo quello da Lei lanciato perché cessi la violenza che ancora dilania la vicina e cara terra dei Medio Oriente.
Ci colpisce la forza della Sua denuncia dei flagello della fame nelle regioni più povere del pianeta e della Sua invocazione di un più equo e sostenibile modello di sviluppo globale.
Siamo convinti che molto possa fare per la causa della pace e della giustizia nel mondo l'Europa unita, parlando con una sola voce e riconoscendosi in grandi valori condivisi, che riflettono il ruolo storico e la sempre viva lezione ideale del Cristianesimo.
Senza rinunciare o venir meno a quei valori, l'Europa esprime - dinanzi a nuove, inquietanti sfide e minacce - la sua peculiare vocazione al dialogo tra storie, culture e religioni diverse.
In Italia, l'armonia dei rapporti tra Stato e Chiesa è stata e resta garantita dal principio laico di distinzione sancito nel dettato costituzionale e insieme dall'impegno, proclamato negli Accordi di modifica del Concordato, alla "reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e per il bene del Paese". In ciò ci guidano i principi della nostra Carta fondamentale, che ha tra i suoi cardini la dignità e il pieno sviluppo della persona umana e coniuga con il riconoscimento della libertà religiosa l'assunzione dei Patti già sottoscritti con la Chiesa Cattolica.
Crediamo profondamente nell'importanza di questa collaborazione, guardando alla tradizione di vicinanza, aiuto e solidarietà verso i bisognosi e i sofferenti che è propria della Chiesa - e per essa della Caritas, del volontariato cattolico, delle Parrocchie - e guardando anche a una comune missione educativa là dove sia ferito e lacerato il tessuto della coesione sociale, il senso delle istituzioni e della legalità, il costume civico, l'ordine morale. Conosciamo e apprezziamo, più in generale, la dimensione sociale e pubblica dei fatto religioso.
Ci sono, certo, scelte che appartengono alla sfera di decisioni dello Stato, alla responsabilità e all'autonomia della politica. Ma avvertiamo come esigenza pressante ed essenziale il richiamo a quel fondamento etico della politica, che fa tutt'uno col patrimonio della civiltà occidentale e si colloca tra "gli autentici valori della cultura dei nostro tempo". Mai dovrebbe la politica spogliarsi della sua componente ideale e spirituale, della parte etica e umanamente rispettabile della sua natura.
Ispirare a questa concezione più alta l'esercizio della politica, darvi nuovo e più profondo respiro, significa anche, oggi in Italia, tendere a rasserenare il clima dei rapporti politici e istituzionali, perseguire sempre il bene comune, pur nella dialettica e nel libero confronto delle idee e delle posizioni. Un clima più disteso, uno sforzo maggiore di ascolto e di dialogo, potrà favorire la ricerca di soluzioni valide, ponderate, non partigiane per gli stessi, complessi problemi dei sostegno alla famiglia, della tutela della vita, della libertà dell'educazione, che suscitano l'attenzione e le preoccupazioni della Chiesa e del suo Pastore.
Il nostro principale assillo è rinsaldare l'unità della Nazione e la coesione della società italiana : per tale compito sappiamo di poter contare, Santità, sulla Sua speciale sensibilità e sollecitudine, e di ciò Le sono grato, nel giorno di questa per me così calorosa e incoraggiante accoglienza, a conclusione del quale Le esprimo ancora un sentito omaggio e l'augurio più vivo per la Sua missione.
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Di seguito il testo del discorso del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone:
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Signor Presidente,

dopo che Ella ha incontrato il Santo Padre Benedetto XVI, ho l'onore di presentarLe ora i distinti Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Con la loro presenza essi sottolineano ulteriormente il significato e il valore di questa visita che il Capo dello Stato italiano rende al Successore di Pietro. Insieme a me e agli altri Superiori della Segreteria di Stato, gli Ecc.mi Ambasciatori Le porgono il più sentito benvenuto e formulano sinceri voti augurali per l'alta missione affidataLe a servizio della cara Nazione italiana.
Il fatto che Roma sia la sede anche del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede contribuisce a ribadire ancor più il profilo internazionale di questa Capitale ed è certamente un arricchimento per l'Urbe e per l'intero Paese. Infatti, come la presenza a Roma del Capo della Chiesa cattolica, così anche l'attività di questi Rappresentanti diplomatici reca un apporto significativo all’apertura dell’Italia ad orizzonti universali, verso i quali la sospinge del resto la stessa eredità della sua storia civile e della sua plurisecolare cultura.
Questa occasione permette a me e ai miei Collaboratori, ma certamente anche ai Signori Ambasciatori, di rivolgere un pensiero di gratitudine alle Autorità italiane per il loro diuturno impegno a facilitare la missione e l'attività delle Ambasciate presso la Santa Sede. In questo senso vorremmo esprimere un particolare plauso per la sollecitudine profusa dal Ministero degli Affari Esteri, qui rappresentato da Sua Eccellenza il Ministro Massimo D'Alema, e dall'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede, valida interlocutrice della Segreteria di Stato e delle altre Missioni Diplomatiche qui accreditate.
Nel presentarLe il Corpo Diplomatico, Signor Presidente, vorrei rimarcare l'ampiezza dei rapporti che la Santa Sede intrattiene con numerosi Stati di ogni continente e con vari Organismi Internazionali. Ciò è reso possibile, appunto, dalle numerose Ambasciate, come anche dai viaggi apostolici del Santo Padre, dagli innumerevoli incontri che Egli e i Suoi Collaboratori hanno quasi quotidianamente con personalità di ogni provenienza, dalla fitta rete delle Rappresentanze Pontificie sparse in ogni parte del mondo, e dall'intensa ed apprezzata attività della Santa Sede nei Consessi internazionali. Tutto questo impegno, dispiegato in diversi modi, è al servizio della missione spirituale di Colui che per divino mandato è il Padre comune non solo dei credenti, ma di tutti, perché tutti sono creature di Dio. Non a caso anche chi non condivide la fede cristiana, guarda al Papa come al Portavoce delle supreme istanze morali, e ne ascolta i richiami al rispetto della dignità dell'uomo, alla promozione della pace e dello sviluppo e alla collaborazione sincera fra popoli, religioni e culture per un avvenire migliore della famiglia umana.
Si tratta di una realtà che non è solo di oggi, ma che dura ormai da secoli, sotto forme cangianti, come ci ricorda questo splendido ambiente dove ci troviamo. Infatti, la Sala Regia, come dice il suo stesso nome, è la degna cornice in cui nel passato si sono svolti importanti incontri fra il Successore di Pietro e i Sovrani di vari Paesi. Qui, poi, all'inizio di ogni anno, il Santo Padre rivolge la Sua parola ai numerosi Rappresentanti diplomatici di Paesi accreditati presso la Santa Sede per richiamare al mondo la sempre urgente necessità di edificare una convivenza internazionale fondata sui valori della pace e della giustizia.
Signor Presidente, sappiamo che Ella ben apprezza e condivide gli sforzi per la comprensione e la cooperazione fra i popoli e le culture. Sappiamo quanto Le stia a cuore, non solo il bene dell'Italia e in particolare del suo Mezzogiorno, ma anche il processo di unificazione del Continente europeo. Ella sprona l'Italia a promuovere fattivamente la pace nelle varie parti del globo, contrastando le forze oscure e violente del terrorismo e dell’odio. Conosciamo il Suo costante interesse al dialogo e al costruttivo confronto fra posizioni ideali, culturali e religiose diverse, al fine di promuovere fattivamente il bene dell'umanità.
E' nella condivisione di questi comuni ideali che noi qui presenti, nella diversità delle nostre funzioni, Le rinnoviamo, Signor Presidente, il nostro augurio per il Suo alto compito, ed auspichiamo che continuino e si intensifichino l'intesa e la collaborazione che esistono non solo fra l'Italia e la Santa Sede, ma anche con tutte le Nazioni che oggi sono qui degnamente rappresentate da questi Ecc.mi Ambasciatori, anzi con ogni Paese della terra.
Ancora una volta, a nome del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede e mio personale, grazie per questa Sua visita in Vaticano, Signor Presidente, e auguri vivissimi per il Suo importante e impegnativo lavoro!
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