2006-11-14 14:26:02

Messaggio del Papa per la Giornata del migrante: siano rispettati la dignità e i diritti degli immigrati e in particolare delle famiglie in esilio


(14 novembre 2006 - RV) Viaggi, o molto spesso fughe, accompagnati dal bisogno di migliorare la propria condizione, che si rivelano poi “trappole di morte”. E’ l’epilogo estremo ma frequente per molte famiglie di immigrati, che ripongono nell’esilio l’idea di un nuovo futuro senza tuttavia un’adeguata rete di protezione, che garantisca loro anzitutto il più elementare dei diritti, quello alla sopravvivenza. Alla “Famiglia migrante” è dedicata la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che verrà celebrata il 14 gennaio 2007. Benedetto XVI ha scritto come di consueto un Messaggio per sottolineare esigenze umane e spirituali e nel contempo denunciare le violazioni che compongono il complesso fenomeno dell’immigrazione. Messaggio che è stato presentato stamattina in Sala Stampa vaticana dai vertici del competente dicastero vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis: RealAudioMP3

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E’ un dramma antico a fornire un’immagine di speranza ad un’emergenza moderna, quella dell’immigrazione: la fuga della Famiglia di Nazareth in Egitto. Benedetto XVI apre il suo Messaggio per la 93.ma Giornata mondiale del migrante e del Rifugiato con la convinzione che Giuseppe, Maria e Gesù, costretti all’esilio, siano – scrive – “il modello, l’esempio e il sostegno di tutti gli emigranti e pellegrini di ogni età e di ogni Paese, di tutti i profughi di qualsiasi condizione che, incalzati dalla persecuzione o dal bisogno, si vedono costretti ad abbandonare la patria, i cari parenti, i vicini, i dolci amici, e a recarsi in terra straniera”. Rottura dei legami familiari, abusi da parte di organizzazioni che lucrano sul traffico di persone, integrazione complicata nei Paesi d’approdo. Sono i rischi tipici di chi sceglie o è costretto a calarsi nei panni di un emigrante. Un fronte vastissimo che la Chiesa batte da sempre lungo tutta la sua ampiezza con l’arma della solidarietà.


Il segretario del Pontificio Consiglio per la Pastrorale dei Migranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, ha fornito in conferenza stampa alcune cifre che fanno percepire le dimensioni generali del fenomeno ma anche la filigrana delle singole tragedie che lo compongono. Sono 20 milioni le persone - nove delle quali rifugiati dallo status riconosciuto – oggetto di aiuto da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite. Quattro milioni, invece, sono i palestinesi assistiti dalla specifica agenzia ONU, mentre 6 milioni sono gli sfollati che da più di cinque anni resistono nei campi di accoglienza in nazioni del sud del mondo. Con grande realismo, mons. Marchetto ha delineato la situazione-tipo di una famiglia di questi campi, dove malnutrizione, carenze e frustrazioni psico-affettive sono all’ordine del giorno:


“Sostenere una famiglia in tali condizioni è difficile, evidentemente, con grande e grave impatto sui diversi suoi componenti, ed influenza negativa nei suoi rapporti interni (…) Inoltre - ed è ancora più grave - il coinvolgimento dei figli e delle donne nello sfruttamento sessuale sembra diventare un meccanismo di sopravvivenza. Il Santo Padre menziona questo dramma nel suo Messaggio, al par. 4. I capi famiglia quindi si sentono inermi e frustrati, per non poter provvedere ai bisogni basilari dei propri cari. Non è infrequente dunque che una figlia rimanga incinta solo per ottenere qualche prodotto igienico o cibo per sfamarsi. Tutto ciò – è evidente - colpisce negativamente la vita familiare stessa, per cui le strutture sociali risultano indebolite e le persone perdono i propri valori, la propria ‘umanità’ e dignità, mentre quello che invece i rifugiati desiderano è andare oltre l’assistenza ricevuta. Essi vogliono cioè lavorare e contribuire al benessere della società che li ospita, anche per integrarvisi”.


Per favorire l’integrazione, dunque, Benedetto XVI incoraggia la ratifica della Convenzione internazionale del 2003, che tutela i diritti dei lavoratori migranti, e l’adozione, da parte dei singoli governi, di “interventi legislativi, giuridici e sociali”. In loro assenza, le famiglie oppresse dalle difficoltà dell’integrazione mettono in atto, rileva il Pontefice, “meccanismi di difesa” che ne impediscono uno “sviluppo armonico”. “Occorre incoraggiare chi è interiormente distrutto a recuperare la fiducia in se stesso”, scandisce Benedetto XVI. “Bisogna poi impegnarsi perché siano garantiti i diritti e la dignità delle famiglie e venga assicurato ad esse un alloggio consono alle loro esigenze”. Viceversa, aggiunge, “ai rifugiati va chiesto di coltivare un atteggiamento aperto e positivo verso la società che li accoglie”. Tutti campi pastorali – compreso quello degli studenti esteri – che Benedetto XVI consegna all’attenzione delle Chiese locali, sulla scorta della frase di S. Paolo: “Caritas Christi urget nos”, la carità di Cristo ci spinge. Così ne ha parlato il presidente del dicastero vaticano, il cardinale Renato Raffaele Martino:


“La società civile e le comunità cristiane sono perciò interpellate dai complessi problemi e difficoltà, ma anche dai valori e dalle risorse di questa nuova realtà sociale. Ciò comporta lo sviluppo di relazioni che si traducono, da una parte, in aiuti per l’inserimento nella società e, dall’altra, in occasioni di crescita personale, sociale ed ecclesiale, per i cristiani, basata sull’osservanza delle leggi, l’incontro delle culture, delle religioni e sul reciproco rispetto dei valori, con base sui diritti umani. Sotto questo profilo, il Diritto Internazionale deve mirare a tutelare l’unità familiare e a combattere il fenomeno oggi sempre più diffuso dei “ricongiungimenti di fatto” (riunioni di famiglie nella irregolarità), dovuti soprattutto alle difficoltà incontrate nel raggiungere i requisiti per la riunificazione legale e per il lungo iter burocratico legato alla sua concessione”


Nel dibattito successivo suscitato dalle domande dei giornalisti, sono state affrontate varie questioni, tra cui quella del muro che dovrebbe dividere la frontiera tra Stati Uniti e Messico – giudicato “inumano” dai vescovi di entrambi i Paesi – e la questione del velo per le donne islamiche. Mons. Marchetto è poi intervenuto anche su un tema di stretta attualità, ruguardante il possibile intervento della comunità internazionale in aree di crisi del pianeta:


“La comunità internazionale sta arrivando a capire che non può stare a braccia conserte ed impotente, di fronte ai drammi umani all’interno di un Paese. E quindi c’è la possibilità, ci sarebbe la possibilità - e in questo Giovanni Paolo II ha fatto avanzare molto la questione - di un intervento indipendentemente, direi, da quello che è l’autorità statale, di quella situazione concreta. Ma siamo ancora in cammino e in un cammino non facile, perché ci sono molti che dicono: questa è una realtà interna al nostro Paese e gli altri non ci devono entrare”.
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