Messaggio del Papa per la Giornata del migrante: siano rispettati la dignità e i diritti
degli immigrati e in particolare delle famiglie in esilio
(14 novembre 2006 - RV) Viaggi, o molto spesso fughe, accompagnati dal bisogno di
migliorare la propria condizione, che si rivelano poi “trappole di morte”. E’ l’epilogo
estremo ma frequente per molte famiglie di immigrati, che ripongono nell’esilio l’idea
di un nuovo futuro senza tuttavia un’adeguata rete di protezione, che garantisca loro
anzitutto il più elementare dei diritti, quello alla sopravvivenza. Alla “Famiglia
migrante” è dedicata la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che
verrà celebrata il 14 gennaio 2007. Benedetto XVI ha scritto come di consueto un Messaggio
per sottolineare esigenze umane e spirituali e nel contempo denunciare le violazioni
che compongono il complesso fenomeno dell’immigrazione. Messaggio che è stato presentato
stamattina in Sala Stampa vaticana dai vertici del competente dicastero vaticano.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
********** E’
un dramma antico a fornire un’immagine di speranza ad un’emergenza moderna, quella
dell’immigrazione: la fuga della Famiglia di Nazareth in Egitto. Benedetto XVI apre
il suo Messaggio per la 93.ma Giornata mondiale del migrante e del Rifugiato con la
convinzione che Giuseppe, Maria e Gesù, costretti all’esilio, siano – scrive – “il
modello, l’esempio e il sostegno di tutti gli emigranti e pellegrini di ogni età e
di ogni Paese, di tutti i profughi di qualsiasi condizione che, incalzati dalla persecuzione
o dal bisogno, si vedono costretti ad abbandonare la patria, i cari parenti, i vicini,
i dolci amici, e a recarsi in terra straniera”. Rottura dei legami familiari, abusi
da parte di organizzazioni che lucrano sul traffico di persone, integrazione complicata
nei Paesi d’approdo. Sono i rischi tipici di chi sceglie o è costretto a calarsi nei
panni di un emigrante. Un fronte vastissimo che la Chiesa batte da sempre lungo tutta
la sua ampiezza con l’arma della solidarietà.
Il segretario del Pontificio
Consiglio per la Pastrorale dei Migranti, l’arcivescovo Agostino Marchetto, ha fornito
in conferenza stampa alcune cifre che fanno percepire le dimensioni generali del fenomeno
ma anche la filigrana delle singole tragedie che lo compongono. Sono 20 milioni le
persone - nove delle quali rifugiati dallo status riconosciuto – oggetto di aiuto
da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite. Quattro milioni, invece, sono
i palestinesi assistiti dalla specifica agenzia ONU, mentre 6 milioni sono gli sfollati
che da più di cinque anni resistono nei campi di accoglienza in nazioni del sud del
mondo. Con grande realismo, mons. Marchetto ha delineato la situazione-tipo di una
famiglia di questi campi, dove malnutrizione, carenze e frustrazioni psico-affettive
sono all’ordine del giorno:
“Sostenere una famiglia in tali condizioni
è difficile, evidentemente, con grande e grave impatto sui diversi suoi componenti,
ed influenza negativa nei suoi rapporti interni (…) Inoltre - ed è ancora più grave
- il coinvolgimento dei figli e delle donne nello sfruttamento sessuale sembra diventare
un meccanismo di sopravvivenza. Il Santo Padre menziona questo dramma nel suo Messaggio,
al par. 4. I capi famiglia quindi si sentono inermi e frustrati, per non poter provvedere
ai bisogni basilari dei propri cari. Non è infrequente dunque che una figlia rimanga
incinta solo per ottenere qualche prodotto igienico o cibo per sfamarsi. Tutto ciò
– è evidente - colpisce negativamente la vita familiare stessa, per cui le strutture
sociali risultano indebolite e le persone perdono i propri valori, la propria ‘umanità’
e dignità, mentre quello che invece i rifugiati desiderano è andare oltre l’assistenza
ricevuta. Essi vogliono cioè lavorare e contribuire al benessere della società che
li ospita, anche per integrarvisi”.
Per favorire l’integrazione, dunque,
Benedetto XVI incoraggia la ratifica della Convenzione internazionale del 2003, che
tutela i diritti dei lavoratori migranti, e l’adozione, da parte dei singoli governi,
di “interventi legislativi, giuridici e sociali”. In loro assenza, le famiglie oppresse
dalle difficoltà dell’integrazione mettono in atto, rileva il Pontefice, “meccanismi
di difesa” che ne impediscono uno “sviluppo armonico”. “Occorre incoraggiare chi è
interiormente distrutto a recuperare la fiducia in se stesso”, scandisce Benedetto
XVI. “Bisogna poi impegnarsi perché siano garantiti i diritti e la dignità delle famiglie
e venga assicurato ad esse un alloggio consono alle loro esigenze”. Viceversa, aggiunge,
“ai rifugiati va chiesto di coltivare un atteggiamento aperto e positivo verso la
società che li accoglie”. Tutti campi pastorali – compreso quello degli studenti esteri
– che Benedetto XVI consegna all’attenzione delle Chiese locali, sulla scorta della
frase di S. Paolo: “Caritas Christi urget nos”, la carità di Cristo ci spinge. Così
ne ha parlato il presidente del dicastero vaticano, il cardinale Renato Raffaele Martino:
“La
società civile e le comunità cristiane sono perciò interpellate dai complessi problemi
e difficoltà, ma anche dai valori e dalle risorse di questa nuova realtà sociale.
Ciò comporta lo sviluppo di relazioni che si traducono, da una parte, in aiuti per
l’inserimento nella società e, dall’altra, in occasioni di crescita personale, sociale
ed ecclesiale, per i cristiani, basata sull’osservanza delle leggi, l’incontro delle
culture, delle religioni e sul reciproco rispetto dei valori, con base sui diritti
umani. Sotto questo profilo, il Diritto Internazionale deve mirare a tutelare l’unità
familiare e a combattere il fenomeno oggi sempre più diffuso dei “ricongiungimenti
di fatto” (riunioni di famiglie nella irregolarità), dovuti soprattutto alle difficoltà
incontrate nel raggiungere i requisiti per la riunificazione legale e per il lungo
iter burocratico legato alla sua concessione”
Nel dibattito successivo
suscitato dalle domande dei giornalisti, sono state affrontate varie questioni, tra
cui quella del muro che dovrebbe dividere la frontiera tra Stati Uniti e Messico –
giudicato “inumano” dai vescovi di entrambi i Paesi – e la questione del velo per
le donne islamiche. Mons. Marchetto è poi intervenuto anche su un tema di stretta
attualità, ruguardante il possibile intervento della comunità internazionale in aree
di crisi del pianeta:
“La comunità internazionale sta arrivando a capire
che non può stare a braccia conserte ed impotente, di fronte ai drammi umani all’interno
di un Paese. E quindi c’è la possibilità, ci sarebbe la possibilità - e in questo
Giovanni Paolo II ha fatto avanzare molto la questione - di un intervento indipendentemente,
direi, da quello che è l’autorità statale, di quella situazione concreta. Ma siamo
ancora in cammino e in un cammino non facile, perché ci sono molti che dicono: questa
è una realtà interna al nostro Paese e gli altri non ci devono entrare”. **********