Dopo 8 anni di prigione scagionato in Pakistan un cristiano accusato di blasfemia
(12 novembre 2006 - RV) Ha trascorso 8 anni in una cella di isolamento e ieri è stato
finalmente scagionato: è accaduto a Ranjha Masih, cristiano di Lahore, in Pakistan,
condannato nel 2003 all’ergastolo per blasfemia. La sua scarcerazione, ordinata ieri
dall’Alta corte locale, avverrà però martedì prossimo “per motivi burocratici”. Come
riferisce l’agenzia AsiaNews, Masih, 58 anni, era stato arrestato l’8 maggio 1998,
giorno dei funerali del vescovo John Joseph, morto suicida per protesta contro la
legge sulla blasfemia. Subito dopo le esequie, si erano verificati scontri tra i cristiani
locali e la polizia; durante le proteste, Masih era stato arrestato con l’accusa di
essere un blasfemo. Cinque anni dopo, la Corte di Faisalabad lo aveva condannato all’ergastolo,
fra le proteste dei musulmani locali che ne chiedevano l’impiccagione. Durante la
detenzione, “per motivi di sicurezza”, la polizia lo ha rinchiuso in una cella di
isolamento. A maggio di quest’anno, la Società internazionale per i diritti umani
lo ha premiato “per la fermezza con cui ha difeso e mantenuto la sua fede cristiana”.
Ma i problemi di Masih non sono finiti: ha già ricevuto alcune minacce di morte.