Il card. Sepe: ci vuole l'impegno di tutti per sconfiggere violenza e povertà a Napoli
(31 ottobre 2006 - RV) Sono venti gli omicidi che si contano nei primi sei mesi di
quest’anno a Napoli. È quanto emerge dalla relazione della Direzione investigativa
antimafia consegnata oggi al Parlamento. Gli ultimi episodi di violenza testimonierebbero
l’esistenza di numerose aggregazioni criminali disposte ad allearsi con il sodalizio
al momento vincente che così determinano tensioni tra clan e quindi un aumento della
criminalità. Ma come spiegare la diffusione della delinquenza nel capoluogo campano?
Luca Collodi lo ha chiesto all’arcivescovo di Napoli il cardinale Crescenzio Sepe:
********** R.
– Il terreno su cui nascono queste criminalità è un terreno di violenza perché non
ci sono altri sbocchi per i giovani, i disoccupati, e direi anche per alcune situazioni
sociali come quelle degli ammalati, dei carcerati … Penso sia necessaria una progettazione
che guardi alle cause di quest’ampia diffusione della delinquenza e che cerchi di
risolvere alla radice i problemi. Questo – secondo me – dovrebbe essere un po’ il
presupposto sul quale tutti devono lavorare, ciascuno secondo le proprie competenze.
D.
– Possiamo dire che in qualche modo lo Stato è assente da Napoli, non tanto come ordine
pubblico, ma proprio come progettualità? Nel corso degli anni, dei decenni, forse,
il problema-Napoli, ma anche il problema-meridione italiano, è stato trascurato?
R.
– L’impressione che io ho, appunto, è che è mancata una progettazione a lungo termine,
che affronti i problemi alla loro origine e che cerchi appunto di risolverli alla
radice. Senza questa progettazione, questi momenti di efferatezza che notiamo in questi
giorni possono ripetersi ancora!
D. – Spesso, molte violenze arrivano dai
giovanissimi che forse non hanno niente a che fare con i clan …
R. – Questo
clima che si è creato è frutto di una specie di cultura della violenza. Questi ragazzi,
anche queste “baby-gang”, come le chiamano, non sanno dove andare, non sanno come
trascorrere il tempo, non hanno una formazione familiare adeguata … è chiaro che poi
vanno sulla strada e la strada diventa la scuola di ogni delinquenza. Così si spiega
anche perché, in un clima così rarefatto, abbiamo queste situazioni che destano perplessità
e molta preoccupazione.
D. – Che cosa può fare la Chiesa napoletana per
aiutare questo progetto, questo processo di civilizzazione di Napoli?
R.
– La Chiesa è molto impegnata. Abbiamo più di 300 centri, qui, a Napoli, dove si cerca
in qualche maniera di sopperire un po’ alla mancanza di certe strutture. Abbiamo tanti
oratori, diverse iniziative e non solo nelle parrocchie. Ci sono anche svariate organizzazioni
cattoliche che si impegnano e che cercano di mettere in atto proprio per togliere
questi ragazzi dalla strada. E’ come una specie di rivoluzione culturale e civile
e quindi anche religiosa che bisogna mettere in atto per togliere il terreno da sotto
ai piedi alla criminalità.
D. – Quindi, c’è un problema di legalità, in
qualche modo, a Napoli?
R. – Di legalità e di civiltà, perché si diffonde
– appunto – una mentalità della sopraffazione e della violenza.
D. – Le
istituzioni hanno la forza, insieme alla Chiesa, per ribaltare la situazione a Napoli?
Le istituzioni centrali ma anche locali?
R. – Io credo che se ci si mettesse
un po’ tutti insieme, ci sarebbe anche la possibilità di – appunto – ribaltare questa
situazione. Solo che ci si deve tutti impegnare perché cambi e si trasformi un clima
di tensione e di violenza.
D. – Per concludere, lei è ottimista, cardinale
Sepe, per il futuro di Napoli?
R. – Io credo di sì. Perché la stragrande
maggioranza di napoletani, è una popolazione buona che vive di valori umani, culturali,
sociali ed anche religiosi. E’ una fede viva, è una fede dinamica, gente che vive
con questi ideali e con questi valori … **********