Für viele Studenten
geht in diesen Tagen das Semester wieder los. So auch an in Rom an den Päpstlichen
Universitäten. Eine von ihnen hat Benedikt XVI. heute besucht: die Lateranuniversität,
die vor über 200 Jahren gegründet wurde. Der Papst fühlte sich heute vormittag
im akademischen Ambiente sichtlich wohl. Zahlreiche Studenten und Professoren waren
dabei, als er in einer Ansprache die große Bedeutung der Universität im Kampf gegen
die - so wörtlich - „dramatische Krise der Kultur und der Identität“ unterstrich: „Die
Universität ist einer der qualifiziertesten Orte für den Versuch, Auswege aus dieser
Situation zu finden. […] Gegenwärtig scheint einer artifiziellen Intelligenz der Primat
gewährt zu werden – einer Intelligenz, die den Techniken des Experiments hörig ist.
Auf diese Weise wird vergessen, dass jede Wissenschaft den Menschen schützen und seine
Hinordnung auf echte Werte fördern muss. Das „Machen-Können“ überzubewerten und das
„Sein“ zu vergessen, hilft nicht, das fundamentale Gleichgewicht wiederherzustellen,
das jeder braucht, um seiner Existenz ein solides Fundament zu geben und eine letzte
Zielbestimmung.“ Jeder Mensch sei dazu aufgerufen, sein Handeln in den Horizont
der Sinnfrage zu stellen, vor allem wenn es um wissenschaftliche Entdeckungen gehe.
Ohne grundsätzliche Wertekriterien ergehe es dem Wissenschaftler schnell wie Ikarus,
der sich der Illusion hingegeben hatte, in absoluter Freiheit fliegen zu können –
mit disaströsen Folgen für das eigene Leben und das der anderen. Die Hochschullehrer
erinnerte der Papst daran, in die Mitte ihres Wirkens die Suche nach der Wahrheit
zu stellen. Das sei nicht einfach nur ein spekulativer Akt, sondern wesentlich für
die Frage nach dem personalen Leben und dem Zusammenhalt der Gesellschaft. Gott sei
die letzte Wahrheit, zu der jede menschliche Vernunft natürlicherweise strebe. (rv
211006 mc)
Hier die volle Ansprache im italienischen Original
BENEDETTO
XVI_Discorso alla Pontificia Università Lateranense Signori Cardinali, Venerati
Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Illustri Signori e gentili Signore, Carissimi
studenti!
Mi è particolarmente gradito poter condividere con voi l'inizio dell'Anno
Accademico, che coincide con la solenne inaugurazione della nuova Biblioteca e di
questa Aula Magna. Ringrazio il Gran Cancelliere, il Signor Cardinale Camillo Ruini,
per le parole di benvenuto che così gentilmente ha voluto rivolgermi a nome di tutta
la comunità accademica. Saluto il Rettore Magnifico, Mons. Rino Fisichella, e lo ringrazio
di quanto ha detto dando inizio a questo solenne atto accademico. Saluto i Cardinali,
gli Arcivescovi e Vescovi, le Autorità accademiche e tutti i Professori, come anche
quanti operano all’interno dell’Università. Saluto poi con speciale affetto tutti
gli studenti.
Ricordo con piacere la mia ultima visita al Laterano e, come
se il tempo non fosse passato, vorrei ricollegarmi al tema allora in oggetto, quasi
lo avessimo interrotto solo per qualche istante. Un contesto come quello accademico
invita in modo del tutto peculiare ad entrare di nuovo nel tema della crisi di cultura
e di identità, che questi decenni pongono non senza drammaticità sotto i nostri occhi.
L'Università è uno dei luoghi più qualificati per tentare di trovare le strade opportune
per uscire da questa situazione. Nell’Università, infatti, si custodisce la ricchezza
della tradizione che permane viva nei secoli; in essa può essere illustrata la fecondità
della verità quando viene accolta nella sua autenticità con animo semplice ed aperto.
Nell’Università si formano le nuove generazioni, che attendono una proposta seria,
impegnativa e capace di rispondere alla perenne domanda sul senso della propria esistenza.
Questa attesa non dev’essere delusa. Il contesto contemporaneo sembra dare il primato
a un’intelligenza artificiale che diventa sempre più succube della tecnica sperimentale
e dimentica in questo modo che ogni scienza deve pur sempre salvaguardare l’uomo e
promuovere la sua tensione verso il bene autentico. Sopravvalutare il “fare” oscurando
l’“essere” non aiuta a ricomporre l’equilibrio fondamentale di cui ognuno ha bisogno
per dare alla propria esistenza un solido fondamento e una valida finalità.
Ogni
uomo, infatti, è chiamato a dare senso al proprio agire soprattutto quando questo
si pone nell’orizzonte di una scoperta scientifica che inficia l’essenza stessa della
vita personale. Lasciarsi prendere dal gusto della scoperta senza salvaguardare i
criteri che vengono da una visione più profonda farebbe cadere facilmente nel dramma
di cui parlava il mito antico: il giovane Icaro, preso dal gusto del volo verso la
libertà assoluta e incurante dei richiami del vecchio padre Dedalo, si avvicina sempre
di più al sole, dimenticando che le ali con cui si è alzato verso il cielo sono di
cera. La caduta rovinosa e la morte sono lo scotto che egli paga a questa sua illusione.
La favola antica ha una sua lezione di valore perenne. Nella vita vi sono altre illusioni
a cui non ci si può affidare, senza rischiare conseguenze disastrose per la propria
ed altrui esistenza.
Il docente universitario ha il compito non solo di indagare
la verità e di suscitarne perenne stupore, ma anche di promuoverne la conoscenza in
ogni sfaccettatura e di difenderla da interpretazioni riduttive e distorte. Porre
al centro il tema della verità non è un atto meramente speculativo, ristretto a una
piccola cerchia di pensatori; al contrario, è una questione vitale per dare profonda
identità alla vita personale e suscitare la responsabilità nelle relazioni sociali
(cfr Ef 4,25). Di fatto, se si lascia cadere la domanda sulla verità e la concreta
possibilità per ogni persona di poterla raggiungere, la vita finisce per essere ridotta
ad un ventaglio di ipotesi, prive di riferimenti certi. Come diceva il famoso umanista
Erasmo: “Le opinioni sono fonte di felicità a buon prezzo! Apprendere la vera essenza
delle cose, anche se si tratta di cose di minima importanza, costa una grande fatica"
(Elogio della follia,XL VII). E’ questa fatica che l’Università deve
impegnarsi a compiere; essa passa attraverso lo studio e la ricerca, in spirito di
paziente perseveranza. Questa fatica, comunque, abilita ad entrare progressivamente
nel cuore delle questioni e apre alla passione per la verità e alla gioia per averla
trovata. Permangono con la loro carica di attualità le parole del santo Vescovo Anselmo
di Aosta: “Che io ti cerchi desiderando, che ti desideri cercando, che ti trovi amando,
che ti ami ritrovandoti” (Proslogion,l). Lo spazio del silenzio e della
contemplazione, che sono lo scenario indispensabile su cui collocare gli interrogativi
che la mente suscita, possano trovare tra queste mura persone attente che ne sappiano
valutare l’importanza, l’efficacia e le conseguenze per il vivere personale e sociale.
Dio è la verità ultima a cui ogni ragione naturalmente tende, sollecitata
dal desiderio di compiere fino in fondo il percorso assegnatole. Dio non è una parola
vuota né un’ipotesi astratta; al contrario, è il fondamento su cui costruire la propria
vita. Vivere nel mondo “veluti si Deus daretur”comporta l’assunzione
di una responsabilità che sa farsi carico di indagare ogni percorso fattibile pur
di avvicinarsi il più possibile a Lui, che è il fine verso cui tutto tende (cfr 1
Cor 15,24). Il credente sa che questo Dio ha un volto e che, una volta per sempre,
con Gesù Cristo si è fatto vicino ad ogni uomo. Lo ha ricordato con acutezza il Concilio
Vaticano II: “Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni
uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà
d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, Egli si è fatto veramente
uno di noi, in tutto simile, fuorché nel peccato” (Gaudium et spes,22).
Conoscere Lui è conoscere la verità piena, grazie alla quale si trova la libertà:
“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32).
Prima
di concludere, desidero esprimere vivo apprezzamento per la realizzazione del nuovo
complesso edilizio che ben completa le strutture universitarie, rendendole sempre
più atte allo studio, alla ricerca e all’animazione della vita dell’intera comunità.
Avete voluto dedicare alla mia persona questa Aula Magna. Vi ringrazio per il pensiero;
mi auguro che possa essere un centro fecondo di attività scientifica attraverso cui
l’Università del Laterano possa farsi strumento di un fruttuoso dialogo tra le diverse
realtà religiose e culturali, nella comune ricerca di percorsi che favoriscano il
bene e il rispetto di tutti.
Con questi sentimenti, mentre chiedo al Signore
di effondere in questo luogo l’abbondanza dei suoi lumi, affido il cammino di questo
Anno accademico alla protezione della Vergine Santissima, e a tutti imparto la propiziatrice
Benedizione Apostolica. /fine