2006-10-15 13:26:07

In Algeria torna la violenza nelle regioni berbere


(15 ottobre 2006 - RV) Torna la violenza in Cabilia, la regione dell'Algeria settentrionale, già teatro negli anni scorsi di forti proteste in difesa dei diritti delle popolazioni berbere. È stato infatti assassinato il presidente dell'Assemblea popolare della prefettura di Tizi Ouzou, membro del Fronte delle forze socialiste. Non è ancora chiaro se si sia trattato di un regolamento di conti o di un'azione del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, legato ad Al Qaeda. Dall’inizio del Ramadan, in Algeria ci sono stati diversi morti tra agenti della gendarmeria, miliziani islamici e civili. Ricordiamo che in Algeria la minoranza berbera costituisce il 26% della popolazione di fronte al 74% della maggioranza araba. Ma perché questa recrudescenza della violenza, che ora ha colpito anche la Cabilia? Giada Aquilino lo ha chiesto a Luciano Ardesi, della Lega per i diritti dei popoli ed esperto di questioni algerine: 00:02:24:34

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R. - La violenza non è mai cessata in questi anni, ci sono stati diversi attentati e poi, a questa violenza del terrorismo fondamentalista, si era aggiunto, a partire dall’anno 2000, una forte rivendicazione popolare di autonomia berbera in questa regione molto povera dell’Algeria. Le due violenze, in qualche modo, si sono sommate, talvolta anche confuse.


D. – Il presidente dell’Assemblea popolare di Tizi Ouzou era un oppositore della politica di riconciliazione voluta dal presidente Bouteflika. Che risultati ha portato fino ad oggi tale linea seguita dal capo di Stato?


R. – Ci sono stati diversi provvedimenti. L’ultimo è quello che è scaduto alla fine di agosto e che ha portato alla resa di circa 300 guerriglieri e all’inizio di indennizzazione dei familiari delle vittime di questi anni di violenza, quelli che la legge chiama appunto “la tragedia nazionale” dell’Algeria, che ha fatto oltre 100 mila morti.


D. – Il politico assassinato perché era un oppositore della politica di Bouteflika?


R. – L’opposizione della Cabilia è molto complessa e condotto da forze diverse. Il Fronte delle forze socialiste (FFS), a cui appartiene l’uomo politico assassinato, era contrario soprattutto alla politica del governo e al fatto che il governo avesse, in qualche modo, “strizzato l’occhio” anche ai fondamentalisti. Lo stesso partito poi, era in opposizione con il movimento autonomista cabilo che era nato in maniera autonoma rispetto al sistema dei partiti tradizionale. L’FFS è uno dei più vecchi partiti del Paese e messo fuori legge subito dopo l’indipendenza e solo da un decennio, o poco più di un decennio, ritornato alla legalità.


D. – Dalla questione berbera alle azioni dei gruppi vicini ad Al Qaeda, alla Cabilia, che situazione vive in questi anni?


R. – La Cabilia non è mai stata risparmiata dal terrorismo e ha vissuto, forse più di altre regioni, le contraddizioni di questa situazione, forse meno colpita nelle azioni violente, ma comunque sempre più emarginata rispetto al dibattito politico nazionale. E quando si parlava di quale ruolo dovesse avere l’Islam nel Paese, nella politica del Paese, sono state dimenticate completamente le radici berbere, non solo di questa regione ma di tutto il Paese. In qualche modo la rivendicazione cabila ha cercato di far capire a tutto il resto del Paese che la diversità di origine, di cultura, poteva essere anche un’occasione per rafforzare la diversità politica ed ideologica nel Paese stesso.


D. – Ed oggi dove va?


R. – C’è stato un accordo con il governo affinché venga riabilitata la lingua berbera, possa essere insegnata, utilizzata nei mass-media, possano essere fatti consistenti investimenti nello sviluppo, perché ricordiamo che poi, alla base di questa rivendicazione, c’era anche una motivazione materiale ed economica e poi, quello di trovare uno spazio istituzionale a questo movimento di protesta politica che si è manifestato al di fuori del sistema tradizionale dei partiti.
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