2006-10-09 17:02:56

Il Papa ai vescovi canadesi: se la società non riscopre il senso del peccato e la misericordia di Dio, proliferano odio, avidità e corruzione


(9 ottobre 2006 - RV) E’ necessario che l’umanità riscopra il senso del peccato e l’infinita misericordia di Dio perché non proliferino nel mondo divisioni, avidità e corruzione. E’ questo in sintesi quanto ha detto stamane il Papa incontrando in Vaticano i vescovi del Canada Occidentale al termine della visita ad Limina. Il servizio di Sergio Centofanti. RealAudioMP3
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Benedetto XVI nota con gioia come la Chiesa canadese sia viva nonostante una crescente secolarizzazione della società. In questo contesto, la sua riflessione mette in luce un elemento: “la perdita del senso del peccato”, che in definitiva è un indebolimento del rapporto con Dio. Oggi non ci si sente più peccatori. Ma “se diciamo che siamo senza peccato – afferma il Papa citando l’Apostolo Giovanni – inganniamo noi stessi”. Quando scompare il bisogno di cercare il perdono e nello stesso tempo di perdonare – ha aggiunto - allora sorge “una cultura dell’accusa e della conflittualità”. Abbondano così le manifestazioni del peccato: “avidità e corruzione, relazioni tradite e sfruttamento di persone”. Si tratta di un fenomeno “particolarmente pronunciato nelle società segnate da una ideologia secolarista post-illuministica. Laddove Dio è escluso dal dibattito pubblico diminuisce il senso dell’offesa a Dio – questo – nota il Pontefice - è il vero senso del peccato – esattamente come quando il valore assoluto delle norme morali è relativizzato, le categorie del bene o del male svaniscono, insieme con la responsabilità individuale”. Il Papa cita la parabola del figlio prodigo che ci rivela come sia frequente la tentazione dell’uomo di esercitare la sua libertà lontano da Dio. Ma “quando la libertà è ricercata senza tener conto di Dio, l’esito è negativo”: si generano “perdita della dignità personale, confusione morale e disintegrazione sociale. Tuttavia l’amore appassionato di Dio per l’umanità – ha detto il Pontefice – ha vinto l’orgoglio umano”. Il Papa delinea le tre figure della parabola: il Padre, con la sua “abbondante misericordia”, il Figlio minore con “la sua gioia di essere perdonato”, il figlio maggiore con “la sua incapacità di comprendere l’amore incondizionato”, di pensare “oltre i limiti della giustizia naturale” rimanendo così “intrappolato nell’invidia e nell’orgoglio”, “isolato dagli altri e a disagio perfino con se stesso”.
Qui il Papa sottolinea che “la responsabilità dei vescovi di additare la presenza distruttiva del peccato” è in realtà “un servizio di speranza”: l’ardente speranza che gli uomini hanno di fare “esperienza dell’infinito amore di Dio”. Solo in questo modo si possono superare le divisioni “che così spesso feriscono oggi le famiglie e le comunità”. E in questo senso Benedetto XVI invita a riscoprire il Sacramento della Penitenza, che – dice - purtroppo “spesso è considerato con indifferenza”, mentre è “la pienezza della guarigione cui noi aneliamo”. Non è tempo perso il tempo speso nel confessionale: qui la grazia divina “trae il bene dal male, ricostruisce la vita dalla morte e rivela di nuovo il volto misericordioso del Padre”.
In questo cammino di riconciliazione il Papa loda l’azione della Chiesa canadese in favore delle comunità autoctone del Paese. “Molto è stato compiuto – ha detto – ma ancora molto resta da fare”. Benedetto XVI incoraggia i vescovi a guardare con determinazione alle cause profonde delle necessità sociali e spirituali dei fedeli aborigeni. “L’impegno alla verità – ha concluso - apre la via ad una durevole riconciliazione” che si attua attraverso “due indispensabili elementi”: chiedere e offrire il perdono.
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