Il Papa ai vescovi canadesi: se la società non riscopre il senso del peccato e la
misericordia di Dio, proliferano odio, avidità e corruzione
(9 ottobre 2006 - RV) E’ necessario che l’umanità riscopra il senso del peccato e
l’infinita misericordia di Dio perché non proliferino nel mondo divisioni, avidità
e corruzione. E’ questo in sintesi quanto ha detto stamane il Papa incontrando in
Vaticano i vescovi del Canada Occidentale al termine della visita ad Limina. Il servizio
di Sergio Centofanti. *********** Benedetto
XVI nota con gioia come la Chiesa canadese sia viva nonostante una crescente secolarizzazione
della società. In questo contesto, la sua riflessione mette in luce un elemento: “la
perdita del senso del peccato”, che in definitiva è un indebolimento del rapporto
con Dio. Oggi non ci si sente più peccatori. Ma “se diciamo che siamo senza peccato
– afferma il Papa citando l’Apostolo Giovanni – inganniamo noi stessi”. Quando scompare
il bisogno di cercare il perdono e nello stesso tempo di perdonare – ha aggiunto -
allora sorge “una cultura dell’accusa e della conflittualità”. Abbondano così le manifestazioni
del peccato: “avidità e corruzione, relazioni tradite e sfruttamento di persone”.
Si tratta di un fenomeno “particolarmente pronunciato nelle società segnate da una
ideologia secolarista post-illuministica. Laddove Dio è escluso dal dibattito pubblico
diminuisce il senso dell’offesa a Dio – questo – nota il Pontefice - è il vero senso
del peccato – esattamente come quando il valore assoluto delle norme morali è relativizzato,
le categorie del bene o del male svaniscono, insieme con la responsabilità individuale”.
Il Papa cita la parabola del figlio prodigo che ci rivela come sia frequente la tentazione
dell’uomo di esercitare la sua libertà lontano da Dio. Ma “quando la libertà è ricercata
senza tener conto di Dio, l’esito è negativo”: si generano “perdita della dignità
personale, confusione morale e disintegrazione sociale. Tuttavia l’amore appassionato
di Dio per l’umanità – ha detto il Pontefice – ha vinto l’orgoglio umano”. Il Papa
delinea le tre figure della parabola: il Padre, con la sua “abbondante misericordia”,
il Figlio minore con “la sua gioia di essere perdonato”, il figlio maggiore con “la
sua incapacità di comprendere l’amore incondizionato”, di pensare “oltre i limiti
della giustizia naturale” rimanendo così “intrappolato nell’invidia e nell’orgoglio”,
“isolato dagli altri e a disagio perfino con se stesso”. Qui il Papa sottolinea
che “la responsabilità dei vescovi di additare la presenza distruttiva del peccato”
è in realtà “un servizio di speranza”: l’ardente speranza che gli uomini hanno di
fare “esperienza dell’infinito amore di Dio”. Solo in questo modo si possono superare
le divisioni “che così spesso feriscono oggi le famiglie e le comunità”. E in questo
senso Benedetto XVI invita a riscoprire il Sacramento della Penitenza, che – dice
- purtroppo “spesso è considerato con indifferenza”, mentre è “la pienezza della guarigione
cui noi aneliamo”. Non è tempo perso il tempo speso nel confessionale: qui la grazia
divina “trae il bene dal male, ricostruisce la vita dalla morte e rivela di nuovo
il volto misericordioso del Padre”. In questo cammino di riconciliazione il Papa
loda l’azione della Chiesa canadese in favore delle comunità autoctone del Paese.
“Molto è stato compiuto – ha detto – ma ancora molto resta da fare”. Benedetto XVI
incoraggia i vescovi a guardare con determinazione alle cause profonde delle necessità
sociali e spirituali dei fedeli aborigeni. “L’impegno alla verità – ha concluso -
apre la via ad una durevole riconciliazione” che si attua attraverso “due indispensabili
elementi”: chiedere e offrire il perdono. **********