Il Papa incontra a Castel Gandolfo i rappresentanti del mondo musulmano
(25 settembre 2006 - RV) Sono oltre 40, tra cui 20 ambasciatori, le adesioni dei rappresentanti
di Paesi a maggioranza islamica accreditati presso la Santa Sede, all'incontro voluto
da Benedetto XVI che si tiene questa mattina a Castel Gandolfo. Vi prenderanno parte
anche esponenti delle comunità musulmane in Italia, oltre al cardinale Paul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. La nostra emittente
seguirà l’avvenimento in radiocronaca diretta a partire dalle 11.35, con commento
in italiano. L’incontro vuole rilanciare il dialogo con l’Islam dopo le reazioni suscitate
nel mondo musulmano da una non corretta interpretazione del discorso di Benedetto
XVI all’Università di Ratisbona. Molto positiva l’accoglienza dell’iniziativa pontificia.
Ce ne parla Sergio Centofanti:
Sull’incontro
di questa mattina abbiamo raccolto il commento di Antonio Ferrari inviato ed esperto
di Medio Oriente e del mondo arabo, del Corriere della Sera, intervistato da Roberto
Piermarini:
Sull’importanza
di questa nuova occasione di dialogo tra la Chiesa e il mondo islamico, ascoltiamo
il parere del sottosegretario del dicastero vaticano per il Dialogo interreligioso,
mons. Felix Anthony Machado, intervistato dalla collega della nostra redazione inglese,
Catherine Smibert:
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R. – La scelta della Chiesa di promuovere il dialogo interreligioso è una scelta
che emerge dal Vangelo. E’ la sola speranza in questo mondo, dove la gente è eccitata
emotivamente e prende in mano la violenza. Credo che la strada del dialogo sia la
sola strada alternativa, aperta a noi, in questo mondo. E’ la strada del Vangelo,
come ho detto. E’ basata sulla speranza. Dobbiamo stare insieme, come fratelli, come
amici, per parlare, per ascoltare, per rispettare e dare così un buon esempio come
credenti, guadagnare veramente una credibilità come seguaci di diverse religioni.
Tra le religioni, le differenze ci sono sempre e sono differenze fondamentali. Non
minimizziamo e non neghiamo le differenze, ma capiamo e facciamo lo sforzo di capire
queste differenze. Se ci mettiamo insieme ad ascoltare il cuore del messaggio del
Santo Padre in Regesburg, esso era giustamente una chiamata al dialogo, una chiamata
a rigettare la violenza nel nome di Dio, nel nome della religione. Questo vuole il
Santo Padre: che uomini di tutta la terra, soprattutto i credenti, non si diano alla
violenza, ma prendano il dialogo come strada dignitosa per rispettarsi gli uni e gli
altri. D. – Come possiamo rafforzare questo dialogo, anche guardando alla storia
della Chiesa negli ultimi 40 anni? Come potremo costruire qualcosa, al di là di quanto
già vissuto? R. – Ho sempre detto che l’impegno nel dialogo interreligioso non
è un’ambulanza che noi possiamo chiamare quando la nostra casa sta bruciando. Non
è un’ambulanza da chiamare in tempi di crisi. Dialogo interreligioso vuol dire rapporti
tra credenti. Questi rapporti devono essere costruiti quando il tempo è favorevole.
Non è tempo di fare dialogo interreligioso quando le cose vanno male, perchè ciascuno
è già pieno di pregiudizi, pieno di odio. Il dialogo interreligioso è un esercizio
da praticare quando i tempi sono favorevoli. Il nostro Pontificio Consiglio per il
Dialogo interreligioso, per esempio, ha costruito con i musulmani un dialogo permanente
con quattro organizzazioni internazionali islamiche, che noi incontriamo e con cui
parliamo, approfondendo così la nostra amicizia. Credo che questi rapporti siano molto
importanti in tempo di crisi, perché ci sono sempre i nemici del dialogo, coloro che
strumentalizzano il dialogo. **********