Le religioni unite contro odio e violenza. Questo l’appello comune a conclusione dell’Incontro
internazionale di preghiera di Assisi, promosso dalla Comunità di S. Egidio.
(06 settembre 2006 - RV) Le religioni unite per sconfiggere odio e violenze, per ricordare
che la pace è il nome di Dio. La loro voce si è alzata ancora una volta ieri sera
da Assisi, al termine dell’incontro internazionale di preghiera per la pace indetto
dalla Comunità di Sant’Egidio, a venti anni esatti dal grande appuntamento voluto
da Giovanni Paolo II, quando invitò tutti i leader delle religioni del mondo per
proporre il suo sogno di pace. Da Assisi la nostra inviata Francesca Sabatinelli.
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energie di pace scaturite in quel lontano 27 ottobre 1986 ad Assisi, quando Giovanni
Paolo II invitò alla preghiera i leader religiosi del mondo hanno ispirato l’appello
nato dai due giorni di dialogo che si sono conclusi ieri sera con una suggestiva cerimonia
che ha visto dopo 20 anni di nuovo nella città di San Francesco tutti insieme sul
palco i rappresentanti delle religioni mondiali per la firma del loro documento. La
guerra non è inevitabile, è l’invocazione, le religioni non giustificano mai l’odio
e la violenza, chi usa il nome di Dio per distruggere l’altro si allontana dalla religione
pura. La pace è il nome di Dio che è più forte di chi vuole la guerra, di chi coltiva
odio e violenza. Parole che segnano la continuità con tutti gli appuntamenti organizzati
da Sant’Egidio nello spirito di Assisi. Le risposte ai conflitti sono il dialogo tra
le religioni e le culture, e la preghiera che non divide ma unisce. I credenti presenti
qui, uomini e donne, non vogliono essere considerati degli ingenui. La pace - dice
Andrea Riccardi ai protagonisti - cardinali, vescovi, rappresentanti delle diverse
confessioni cristiane, imam, rabbini - può sembrare un sogno da illusi, questo è il
gioco dei disegni terroristici, di chi vuole vivere sulla cultura del conflitto e
gioca d’azzardo sulle differenze, ciò che qui ad Assisi si è categoricamente rifiutato.
I conflitti non sono un destino, ci sono responsabilità politiche culturali, anche
le religioni possono farsi trascinare nella logica della guerra sacralizzare gli odi,
benedire le armi. E questa è la terribile responsabilità umana. Ascoltiamo il prof.
Riccardi…
“Grande compito delle religioni è costruire la pace nei cuori,
per esse la pace, anche nel mezzo della guerra, resta un’aspirazione irrinunciabile
il sogno di un mondo finalmente umano”.
La religione dunque non può che
essere foriera di pace, come aveva scritto Benedetto XVI nel suo forte messaggio all’inizio
di questo meeting. E con questo importante auspicio si è chiusa questa edizione dell’incontro
al quale ha preso parte anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano, una presenza
molto gradita alla Comunità di Sant’Egidio considerata segno di attenzione da parte
dell’Italia al tema del dialogo con l’islam e con le grandi religioni. Di fronte agli
scenari di terrorismo e di violenza che non accennano a dissolversi, l’unica strada
possibile è quella del dialogo indicata dagli incontri di preghiera di Assisi, sono
state le parole del presidente che come tutti gli altri ha acceso il candelabro della
pace e firmato l’appello di pace. Il prossimo anno l’appuntamento sarà a Napoli con
l’obiettivo di portare il Mediterraneo al centro dei rapporti tra tutti i popoli che
si affacciano su questo mare e trovare assieme sbocchi per la pace. **********
Ad Assisi in questi anni si sono ritrovati uomini di fede e laici, il cui
dialogo ha vissuto un importante impulso. Lo conferma un fedele amico della Comunità
di Sant’Egidio e noto intellettuale laico, Arrigo Levi, anche lui presente ad Assisi.
Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
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R. – C’è stato una specie di richiamo reciproco. C’è stata un’evoluzione nel rapporto
fra mondo dei laici e mondo delle religioni, perché sono cambiate le religioni e perché
sono cambiati i laici. Quindi, la possibilità del dialogo ha allargato le culture
e si è pensato che fosse utile per dare maggiore efficacia a questa azione culturale,
che è quella che svolge Sant’Egidio. Giovanni Paolo II sentiva l’urgenza di parlare
e di chiamare coloro che sono pronti a darsi la mano, perché se la dessero in pubblico
apertamente. Questo è stato fatto e questo si continua a fare, sperando che abbia
un effetto positivo.
D. – Quando si iniziò 20 anni fa c’era la guerra
fredda. Oggi ci sono dei pericoli molto più striscianti, molto più insidiosi, che
anche lei ha voluto mettere in luce…
R. – Nell’’86 c’era una situazione
molto più definita. C’era una guerra fredda, ma i governi avevano un pieno controllo
sulle forze di cui disponevano. Oggi abbiamo dei movimenti in atto che insidiano i
rapporti di amicizia e di pace fra i popoli, di cui alcuni terroristi, fondamentalisti,
che non accettano la pace fra i governi. Credo che supereremo questa epoca che rimarrà
una necessità generale di dare corpo e sostanza alla collaborazione su scala globale
fra identità di popoli, di nazioni e di Stati, che rischiano altrimenti di entrare
in collisione.
D. – La piattaforma di dialogo tra credenti e laici su
cosa deve poggiare?
R. – Sulla convinzione che bisogna che tutti gli uomini
di buona volontà si mettano insieme per allontanare i pericoli molto gravi che incombono
su tutti noi. Quindi, si tratta di avere in comune un desiderio di salvare il mondo.
Parliamo di coesistenza pacifica fra i popoli. E’ un’impresa non da poco. Abbiamo
visto la fine della guerra fredda e ci siamo immaginati che con questo si iniziasse
un’era nuova di pace e tranquillità. Invece ci siamo accorti che la storia non finisce.
Si era parlato della fine della storia, ma la storia non è finita. **********
Ma
quali sono i risultati concreti di questi due giorni di meeting? Fabio Colagrande
lo ha chiesto al portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti:
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R. - Il primo risultato io credo, un po’ per tutti, sia una boccata d’aria pulita,
al posto del pessimismo tragico, di un realismo che ormai pullula nei giornali, nell’opinione
pubblica, per cui allo scontro tra le civiltà in atto, al terrorismo, alla guerra,
alla demonizzazione dell’altro, non c’è mai nessuna alternativa. In realtà, il dialogo
torna in maniera seria al centro. Ed è il Papa stesso, Benedetto XVI che raccoglie
l’iniziativa, che lui definisce audace e profetica, di Giovanni Paolo II, che dice:
“Non c’è alternativa al dialogo”. Le religioni non possono essere usate per la guerra
e bisogna anche inventare, costruire, una pedagogia di pace per le nuove generazioni.
Qui siamo in pieno nello spirito di Assisi.
D. – Mario Marazziti, quali
sono stati gli incontri più importanti di queste due giornate di Assisi 2006?
R.
– Posso dire che il rabbino capo d’Israele, Yona Metzger, ha proposto di lavorare
alla liberazione di tutti i prigionieri israeliani, palestinesi, di ogni nazionalità
e questa è una grande proposta di pace. L’incontro sul Libano è stato incredibilmente
importante. Per la prima volta, tutte le componenti - sciiti, sunniti, cristiani,
il governo… - si sono ritrovate insieme, in maniera anche aspra, in maniera anche
complessa, perché è una situazione esplosiva. Questo è stato un fatto, una costruzione
di questo spirito di Assisi. Immaginiamo il rettore dell’Università di Al Azar accanto
al grande rabbino d’Israele, Metzger, o di Haifa, quindi quella che è oggi la più
grande centrale teologica di tutto l’islam. In un tempo in cui non si parlano e alcuni
Paesi non hanno relazioni diplomatiche, loro erano invece lì a parlare e a cercare
delle vie comuni. **********