2006-09-03 16:19:32

Prosegue lo sbarco delle truppe italiane in Libano: intervista col ministro Parisi


(3 settembre 2006 - RV) Proseguono oggi le operazioni di sbarco del contingente italiano sulle coste libanesi. Più della metà degli 850 militari inviati dal governo Prodi si sono oramai attestati sul litorale di Tiro. Gli altri 1600 soldati dell’operazione Leonte dovranno arrivare nelle prossime settimane insieme ai contingenti di Francia, Spagna, Portogallo e di quattro Paesi asiatici che hanno annunciato il loro sostegno al rafforzamento della missione ONU. Una missione di pace pericolosa, ma giusta, secondo il ministro della difesa italiano Arturo Parisi che ha ribadito l’equidistanza dell’Italia rispetto alle parti in conflitto. Adriana Masotti ha chiesto allo stesso ministro Parisi come la missione si concilia con la Costituzione italiana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti tra gli Stati. RealAudioMP3


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R. – Certo, ho definito questa missione una missione che si prospetta lunga, rischiosa, costosa e quindi impegnativa e tuttavia doverosa. La sua doverosità, per noi, deriva appunto dal mandato che è stato scritto nel DNA della nostra Repubblica, che è la Costituzione, che ci chiede di ripudiare la guerra ma allo stesso tempo di impegnarci attivamente per la pace, sostenendo e cedendo parte della nostra sovranità alle organizzazioni internazionali che perseguono questo scopo. Perciò noi riteniamo questa missione ‘giusta’, perciò ci sentiamo chiamati ad intervenire ovunque la pace sia a rischio ma innanzitutto nelle aree a noi prossime che chiamano anche la nostra consapevolezza sulle conseguenze immediate per il nostro Paese che derivano da situazioni che si dovessero determinare o che si determinano nelle sponde di quel mare che un tempo i romani chiamavano “Mare nostrum”.


D. – Quanto è disposta, signor ministro, l’Italia a pagare sulla propria pelle questa scelta?


R. – Noi abbiamo fatto una scelta, e la scelta è quella di conferire il nostro contributo – il che significa il nostro contingente e anche un contributo in mezzi – ad un’iniziativa che ha carattere internazionale. Non è una missione italiana, quella che in questo momento è in campo, ed è perciò che noi riteniamo a rischio la vita di tutti gli uomini che sono impegnati in questa missione, ma soprattutto individuiamo il maggior rischio in un eventuale fallimento che non potrebbe che coinvolgere il giudizio sulla capacità dell’ONU di essere il punto di riferimento delle iniziative di pace. Tuttavia, noi abbiamo fatto e ri-facciamo questa scommessa, perché riteniamo che l’ONU sia l’unico mezzo che è associabile alla categoria della speranza.
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Se il dispiegamento delle forze internazionali prosegue con questi ritmi Israele potrebbe ritirare tutti i suoi uomini dal sud del Libano entro 10-14 giorni. A riferirlo il quotidiano israeliano Haret’z. Ma come vede la popolazione libanese l’arrivo dei militari italiani? Ascoltiamo, al microfono di Luca Collodi, Matteo Ragni, volontario dell’AVSI, ONG italiana che da 10 anni opera in Libano con progetti sanitari, di sviluppo agricolo e di sostegno a distanza dei bambini: RealAudioMP3


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R. – E’ molto contenta. Il ricordo degli italiani nella precedente missione umanitaria è ancora molto vivo ed è molto positivo. Poi, l’Italia era il primo partner commerciale del Libano, quindi la vicinanza tra il Libano e l’Italia è molto forte.


D. – Che cosa si aspetta la popolazione da questi uomini in divisa?


R. – Si aspetta un aiuto a ricostruire, a mantenere il Libano un Paese bello e indipendente.


D. – Di cosa c’è bisogno sul piano umanitario per aiutare queste persone?


R. – L’AVSI, durante la guerra, ha sostenuto dei rifugiati nel Nord del Libano e poi nei sobborghi di Beirut. Adesso, una buona parte di questi rifugiati stanno rientrando nel Sud del Libano, ma molti villaggi sono stati distrutti oppure le case sono state danneggiate. Speriamo che la ricostruzione possa iniziare presto. Per il momento, quello che l’AVSI sta facendo è distribuire dei kit igienici per ripulire le case, perché le tracce dell’occupazione israeliana sono molto forti, nelle case e nella gente. Spesso le famiglie sono rimaste anche per giorni nella stessa casa con soldati israeliani …


D. – Che tipo di rapporti state attuando con la Caritas?


R. – In particolare, nei settori della Caritas del Sud si sta cercando di avere notizie dei bambini sostenuti a distanza attraverso l’AVSI. Fortunatamente, ad oggi, sono stati ritrovati quasi tutti i bambini e quelli che mancano sono probabilmente in famiglie che sono uscite dal Libano durante la guerra.
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