Prosegue lo sbarco delle truppe italiane in Libano: intervista col ministro Parisi
(3 settembre 2006 - RV) Proseguono oggi le operazioni di sbarco del contingente italiano
sulle coste libanesi. Più della metà degli 850 militari inviati dal governo Prodi
si sono oramai attestati sul litorale di Tiro. Gli altri 1600 soldati dell’operazione
Leonte dovranno arrivare nelle prossime settimane insieme ai contingenti di Francia,
Spagna, Portogallo e di quattro Paesi asiatici che hanno annunciato il loro sostegno
al rafforzamento della missione ONU. Una missione di pace pericolosa, ma giusta, secondo
il ministro della difesa italiano Arturo Parisi che ha ribadito l’equidistanza dell’Italia
rispetto alle parti in conflitto. Adriana Masotti ha chiesto allo stesso ministro
Parisi come la missione si concilia con la Costituzione italiana che ripudia la guerra
come mezzo di risoluzione dei conflitti tra gli Stati.
********** R.
– Certo, ho definito questa missione una missione che si prospetta lunga, rischiosa,
costosa e quindi impegnativa e tuttavia doverosa. La sua doverosità, per noi, deriva
appunto dal mandato che è stato scritto nel DNA della nostra Repubblica, che è la
Costituzione, che ci chiede di ripudiare la guerra ma allo stesso tempo di impegnarci
attivamente per la pace, sostenendo e cedendo parte della nostra sovranità alle organizzazioni
internazionali che perseguono questo scopo. Perciò noi riteniamo questa missione ‘giusta’,
perciò ci sentiamo chiamati ad intervenire ovunque la pace sia a rischio ma innanzitutto
nelle aree a noi prossime che chiamano anche la nostra consapevolezza sulle conseguenze
immediate per il nostro Paese che derivano da situazioni che si dovessero determinare
o che si determinano nelle sponde di quel mare che un tempo i romani chiamavano “Mare
nostrum”.
D. – Quanto è disposta, signor ministro, l’Italia a pagare sulla
propria pelle questa scelta?
R. – Noi abbiamo fatto una scelta, e la scelta
è quella di conferire il nostro contributo – il che significa il nostro contingente
e anche un contributo in mezzi – ad un’iniziativa che ha carattere internazionale.
Non è una missione italiana, quella che in questo momento è in campo, ed è perciò
che noi riteniamo a rischio la vita di tutti gli uomini che sono impegnati in questa
missione, ma soprattutto individuiamo il maggior rischio in un eventuale fallimento
che non potrebbe che coinvolgere il giudizio sulla capacità dell’ONU di essere il
punto di riferimento delle iniziative di pace. Tuttavia, noi abbiamo fatto e ri-facciamo
questa scommessa, perché riteniamo che l’ONU sia l’unico mezzo che è associabile alla
categoria della speranza. **********
Se il dispiegamento delle forze internazionali
prosegue con questi ritmi Israele potrebbe ritirare tutti i suoi uomini dal sud del
Libano entro 10-14 giorni. A riferirlo il quotidiano israeliano Haret’z. Ma come vede
la popolazione libanese l’arrivo dei militari italiani? Ascoltiamo, al microfono di
Luca Collodi, Matteo Ragni, volontario dell’AVSI, ONG italiana che da 10 anni opera
in Libano con progetti sanitari, di sviluppo agricolo e di sostegno a distanza dei
bambini:
********** R.
– E’ molto contenta. Il ricordo degli italiani nella precedente missione umanitaria
è ancora molto vivo ed è molto positivo. Poi, l’Italia era il primo partner commerciale
del Libano, quindi la vicinanza tra il Libano e l’Italia è molto forte.
D.
– Che cosa si aspetta la popolazione da questi uomini in divisa?
R. – Si
aspetta un aiuto a ricostruire, a mantenere il Libano un Paese bello e indipendente.
D.
– Di cosa c’è bisogno sul piano umanitario per aiutare queste persone?
R.
– L’AVSI, durante la guerra, ha sostenuto dei rifugiati nel Nord del Libano e poi
nei sobborghi di Beirut. Adesso, una buona parte di questi rifugiati stanno rientrando
nel Sud del Libano, ma molti villaggi sono stati distrutti oppure le case sono state
danneggiate. Speriamo che la ricostruzione possa iniziare presto. Per il momento,
quello che l’AVSI sta facendo è distribuire dei kit igienici per ripulire le case,
perché le tracce dell’occupazione israeliana sono molto forti, nelle case e nella
gente. Spesso le famiglie sono rimaste anche per giorni nella stessa casa con soldati
israeliani …
D. – Che tipo di rapporti state attuando con la Caritas?
R.
– In particolare, nei settori della Caritas del Sud si sta cercando di avere notizie
dei bambini sostenuti a distanza attraverso l’AVSI. Fortunatamente, ad oggi, sono
stati ritrovati quasi tutti i bambini e quelli che mancano sono probabilmente in famiglie
che sono uscite dal Libano durante la guerra. **********