2006-08-04 15:42:18

L'impegno dell'associazionismo cattolico nel sostegno di quanti hanno beneficiato dell'indulto: ce ne parla don Oreste Benzi


(4 agosto 2006 - RV) Sono tante le associazioni che in Italia si stanno attivando in questi giorni per offrire aiuto a quanti hanno lasciato le carceri in seguito all’entrata in vigore, quattro giorni fa, della legge sull’indulto. Diversi coloro che stanno seguendo programmi di reinserimento sociale. Ma perplessità hanno destato i reati commessi da alcuni detenuti appena scarcerati. Come guardare dunque a queste persone che stanno beneficiando dell’indulto? Luca Collodi ne ha parlato con Luca Massari, responsabile dell’area carcere della Caritas ambrosiana, e con don Oreste Benzi, fondatore dell’associazione “Papa Giovanni XXIII”. Luca Massari:


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R. – Molte di queste persone hanno, o almeno sperano, sono convinte di avere un luogo dove andare. In molti casi, questo indulto sta riunendo delle famiglie: ci sono dei padri che tornano a casa o dei figli che tornano a casa. Se le persone sono accompagnate e seguite, l’indulto può essere anche un’occasione perché le persone incomincino ad interrogarsi perché ci sia un’autocritica e quindi cambiare vita.


D. – Voi avete la riprova che il volontariato e le istituzioni stiano seguendo queste persone che stanno uscendo dal carcere?


R. – Ci sono casi in cui stiamo seguendo delle persone da lungo tempo. Avevamo cominciato con i percorsi di formazione, di inserimento lavorativo nel carcere e siamo arrivati alla fine della pena. Questi percorsi si accelerano ma sono già in una direzione positiva. Queste persone, effettivamente, hanno scelto di non compiere reati. Perché questa loro scelta sia maturata fino in fondo e sia vera, bisogna anche che abbiano delle opportunità di vita e stiamo cercando di offrirgliele. Certamente, ci sono altre persone che non hanno ancora maturato questa scelta fino in fondo; in questo momento è scattata la situazione un po’ più di emergenza: ci sono i centri di accoglienza che si stanno attivando, i nostri centri d’ascolto sono rimasti aperti in forma straordinaria e qui dobbiamo aspettare un po’ di tempo per fare una valutazione seria delle cose. Ci sono persone che vivevano nell’illecito perché erano in una situazione difficile personale o anche perché avevano compiuto scelte sbagliate, per loro responsabilità. Stiamo cercando di fare di tutto perché queste persone si vedano offrire delle alternative. La situazione più difficile che incontriamo è per gli stranieri: noi sappiamo che la grande parte di questi stranieri che stanno uscendo dal carcere sono persone che non sono regolari sul territorio e che ricevono il provvedimento d’espulsione.


D. – Don Oreste Benzi, qual è la sua riflessione?


R. – L’indulto è un dono grande e ci voleva; però è stato un po’ come aprire un pollaio, quindi lo sbandamento, dove vanno? Tant’è vero che specialmente gli extracomunitari non sanno dove andare. Ci voleva una progettazione per aiutare le persone che, quando uscivano, potessero trovare dei punti di riferimento. Ciò che sta facendo adesso, che tenta di fare, il ministero degli Interni, perché noi siamo stati convocati, assieme ad altre associazioni, per vedere come possiamo venirgli incontro …


D. – L’opinione pubblica ha accolto questo indulto con una certa perplessità …


R. – Ci sono già stati degli atti di persone che hanno cercato anche di andare ad uccidere. Però, non dobbiamo per questo fatto criticare l’atto che invece ci voleva. Il problema è questo, che condanniamo quelli che non conosciamo ed allora, invece di vederli come persone che hanno commesso un reato le vediamo come avanzi di galera …
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