I vescovi europei: la ricerca sulle cellule staminali embrionali è contro il rispetto
della vita umana
(01 giugno 2006 - RV) Prosegue con toni accesi il dibattito in Italia in materia di
bioetica dopo il ritiro della firma italiana dalla “Dichiarazione etica” in ambito
europeo, contraria all’uso delle cellule staminali embrionali, nell’ambito del 7°
Programma quadro per la ricerca. Il servizio di Roberta Gisotti:
********** Il
provvedimento è stato deciso dal neo-ministro dell’Università e della ricerca, Fabio
Mussi, senza “preventiva valutazione del Consiglio dei Ministri, né preliminare ed
esauriente dibattito in Parlamento”, rileva l’Associazione “Scienza e vita”, in
una nota di protesta rivolta al capo del Governo, Romano Prodi, e allo stesso ministro
Mussi, dove si sottolinea come la decisione ministeriale sia stata “gravemente lesiva
della volontà popolare manifestata” nel referendum del giugno 2005 e “comunque inopportuna”.
Di tutto ciò si discute animatamente tra opposizione e governo, ma anche
nella stessa compagine governativa, e soprattutto tra i cittadini chiamati in causa
su questioni certamente complesse, trasversali alle ideologie politiche. In proposito
ieri alla Camera, il vice presidente del Consiglio Francesco Rutelli, ha sottolineato
che “su materie di tanta sensibilità e rilevanza etica sarà un orientamento collegiale
ad esprimere la posizione della maggioranza e del Governo”, aggiungendo che “su materie
eticamente sensibili” è “sconsigliabile - a suo parere - che ci sia una posizione
unitaria dell’Europa perché è evidente che le legislazionì nazionali sono differenti
da Paese a Paese”.
Ma dall’Europa si leva la voce dei vescovi: “Ribadiamo
la nostra obiezione al finanziamento da parte dell’Unione Europea della ricerca che
implichi la distruzione di embrioni umani”. In un comunicato della Commissione degli
episcopati della comunità europea (COMECE) i presuli ribadiscono “che trattare un
embrione umano come un soggetto di ricerca non è compatibile con il rispetto della
vita umana”. E per questo richiamano con forza il “rispetto dei valori e delle ragioni
fondamentali in virtù delle quali alcuni Stati membri vietano o limitano questo tipo
di ricerca”, nella tutela “dell’inviolabilità della vita e della dignità umana”.
Ricordiamo
che la “Dichiarazione etica” era stata approvata dall’Italia nel novembre scorso insieme
ai governi di Germania, Polonia, Slovacchia ed Austria. Su questo ‘ciclone’ che ha
investito il mondo politico e che interpella le coscienze di tutti ascoltiamo il parere
di Maria Luisa Di Pietro, docente di Bioetica nella Facoltà di Medicina dell'Università
Cattolica del Sacro Cuore, presidente dell’Asso-ciazione “Scienza e vita”, al microfono
di Debora Donnini:
R. – Siamo rimasti un po’ stupiti da questa decisione, perché
gli unici dati che la ricerca ha ottenuto attualmente in senso positivo per quanto
riguarda l’utilizzo delle staminali, si riferiscono all’utilizzo delle cellule staminali
cosiddette adulte e le cellule staminali provenienti da sangue di cordone ombelicale.
Per quanto riguarda l’utilizzo delle cellule embrionali nei Paesi dove queste sperimentazioni
sono permesse e dove vengono già fatte non c’è stata nessuna evidenza di un qualche
vantaggio. Questo rappresenta il primo punto per il quale non si comprende come mai
invece di favorire e finanziare la ricerca delle cellule staminali adulte e per le
cellule del sangue del cordone ombelicale si continui ancora a dibattere sulle cellule
embrionali. C’è poi anche un altro punto, perché non si tratta solamente di una questione
di utilità o meno, di riuscita o meno e cioè una questione di tipo etico.
D.
– Immagino che sia anzitutto perché prelevare le cellule staminali embrionali implica
la morte dell’embrione?
R. – Infatti, perché per prelevare le cellule bisogna
distruggere la massa cellulare interna dell’embrione alla fase della blastocisti,
quando l’embrione ha circa 150-200 cellule, il che significa distruggere l’embrione.
Quindi, ovviamente, si tratta di uccidere un essere umano. Non ha nessuna rilevanza
nella valutazione etica, nel senso che la valutazione etica non cambia se questi embrioni
si trovano ad essere in soprannumero dalle tecniche di fecondazione artificiale o
si trovano ad essere in stato di abbandono. Altrimenti potremmo anche incorrere nella
situazione paradossale in cui non solo li abbiamo abbandonati, ma addirittura gli
procuriamo la morte dopo non essercene assolutamente interessati, paragonandoli ed
utilizzandoli come se fossero semplicemente del materiale di laboratorio. **********