La prolusione del cardinale Camillo Ruini al Consiglio permanente della CEI e la nota
della Congregazione per la Dottrina delle Fede sull'impegno dei cattolici in politica
(21 marzo 2006 - RV) Ha suscitato numerosi commenti la prolusione del cardinale
Camillo Ruini al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana che si
è aperto ieri pomeriggio a Roma: al centro dell’intervento questioni ecclesiali, internazionali
e italiane. Il presidente della CEI, ribadendo il principio della centralità della
persona e del perseguimento del bene comune, ha posto l’accento su alcune tematiche
fondamentali come il rispetto della vita, la tutela della famiglia e del matrimonio.
Il servizio di Debora Donnini.
Nella sua
Prolusione il cardinale Ruini invita a rileggere la Nota della Congregazione per
la Dottrina della Fede del 24 novembre 2002 “circa alcune questioni riguardanti l’impegno
e il comportamento dei cattolici nella vita politica”. La Nota, elaborata dall’allora
cardinale Joseph Ratzinger, ricordava ai cattolici la coerenza tra fede e azione politica,
evitando una “diaspora culturale” e, come diceva Giovanni Paolo II, una loro “facile
adesione a forze politiche e sociali che si oppongano, o non prestino sufficiente
attenzione, ai principi della dottrina sociale della Chiesa”. Rileggiamo dunque la
Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede in questa sintesi di Sergio Centofanti.
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La
Nota parte con la lezione esemplare di San Tommaso Moro, Patrono dei governanti e
dei politici, che ha saputo “testimoniare fino al martirio la dignità inalienabile
della coscienza. Pur sottoposto a varie forme di pressione psicologica, rifiutò ogni
compromesso, e senza abbandonare ‘la costante fedeltà all’autorità e alle istituzioni
legittime’ che lo distinse, affermò con la sua vita e con la sua morte che l’uomo
non si può separare da Dio, né la politica dalla morale”.
Il documento ricorda
che “i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica”
essendo chiamati a promuovere “il bene comune”. Oggi tuttavia – si legge nella
Nota – “non è possibile sottacere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali
vorrebbero orientare le legislazioni”: queste correnti, assecondando un certo relativismo
culturale, considerano il “pluralismo etico … la condizione per la democrazia”. Così
da alcune parti “invocando ingannevolmente il valore della tolleranza, a una buona
parte dei cittadini — e tra questi ai cattolici — si chiede di rinunciare a contribuire
alla vita sociale e politica” : ma i cittadini cattolici – “come tutti gli altri
cittadini” - hanno “il diritto-dovere …di promuovere e difendere con mezzi leciti”
ciò che ritengono umanamente vero e giusto. E – afferma la nota – ci sono “esigenze
etiche fondamentali e irrinunciabili”: non si tratta di “valori confessionali” ma
di principi radicati nell’uomo stesso e nella sua stessa dignità, come il diritto
alla vita di ogni essere umano, anche dell’embrione, la tutela della famiglia e del
matrimonio, la libertà religiosa, la libertà educativa, lo “sviluppo per una economia
al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale,
del principio di solidarietà umana” e della sussidiarietà, e poi il grande principio
della “pace che è sempre frutto della giustizia ed effetto della carità”.
La
Nota ribadisce la piena accettazione da parte della Chiesa del principio di laicità
ma denuncia forme di “intollerante laicismo” che vogliono “la marginalizzazione del
Cristianesimo”. Il documento invita quindi i cristiani a non nutrire “alcun complesso
di inferiorità nei confronti di altre proposte che la storia recente ha mostrato deboli
o radicalmente fallimentari”.
Nella “legittima pluralità” di opzioni politiche
– conclude il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede - i cattolici
sono dunque chiamati a offrire “il loro coerente apporto perché attraverso la politica
si instauri un ordinamento sociale più giusto e coerente con la dignità della persona
umana”. **********