2006-03-07 14:59:52

Sequela di Cristo e la misericordia di Dio verso l'uomo, nelle riflessioni del cardinale Cé agli esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano


(07 marzo 2006) - RV) Seconda giornata, in Vaticano, di esercizi spirituali quaresimali per Benedetto XVI e la Curia Romana. Nella doppia meditazione di questa mattina, il Patriarca emerito di Venezia, il cardinale Marco Cè – predicatore degli esercizi – ha affrontato il tema della chiamata dei discepoli, raccontata dal Vangelo di Marco, e quindi quello del perdono dei peccati, entrambi aspetti “qualificanti” della Quaresima. Il servizio di Alessandro De Carolis: RealAudioMP3


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La chiamata che Gesù fa ai suoi discepoli è una delle immagini-simbolo della vita di fede. Lo è perché mostra alcuni elementi che rendono tale il cristiano, cioè seguace di Cristo: la “conversione radicale”, il “distacco”, l’“assoluta iniziativa di Gesù” nel momento della vocazione e insieme la “signoria”, che Cristo esercita sugli uomini ai quali sta per rivolgere un annuncio mai udito prima. Il cardinale Marco Cè, nella prima meditazione del mattino, è partito dalla vocazione dei Dodici. Anzitutto, si è soffermato sulla scenografia in cui essa matura, la Galilea: una terra, ha osservato il porporato, di povera gente, “non apprezzata dai Giudei”, che invece Gesù sceglie come “teatro del suo ministero”. L’umiltà in contrasto con la sapienza vantata dagli uomini è una costante della vita di Cristo. I suoi prescelti sono pescatori, che vedono la semplice ordinarietà della loro vita sconvolta da tre parole:


“Le tre parole – ‘convertitevi’, ‘credete’ e ‘lieta notizia’ - sono fra loro strettamente legate. Il senso più radicale della conversione a cui la Quaresima ci invita è la sequela Christi (...) Convertirsi non è prima di tutto una inversione morale della vita: è un riorientamento di essa verso l’adorabile persona del Signore Gesù, è un’apertura radicale della vita a Cristo, una consegna della vita a Lui”.

Gesù che avvicina per primo Pietro e i suoi futuri compagni di viaggio sconvolge le convenzioni dell’epoca. I rabbini non facevano così con i propri discepoli, ha spiegato il cardinale Cè. Ma questo stile si rende necessario per l’annuncio “totalmente nuovo” che Cristo sta per fare del Regno di Dio. E qui il Patriarca emerito di Venezia ha sottolineato il carattere altrettanto nuovo della “signoria” di Gesù sui discepoli: un atto che non opprime ma libera, che sollecita una risposta pronta e piena, che invita alla sua sequela.


Nella seconda meditazione della mattinata, dal mare di Galilea si passa a Cafarnao, nella casa di Pietro, dove avviene il miracolo del paralitico. Il cardinale Cè ha attirato l’attenzione del Papa e della Curia sui personaggi e sull’azione che si svolge in quel contesto. C’è il paralitico che non parla, perché tutto il suo essere confida nel Maestro che può guarirlo, e ci sono soprattutto i quattro portantini, che scoperchiano il tetto della casa per avvicinare il malato a Gesù. E’ la loro fede a colpire Gesù. E’ la loro solidarietà, ha affermato il porporato, l’emblema della misericordia che rivive nella Chiesa e nei suoi consacrati:


“Talora ci vien fatto di pensare che il nostro ruolo nella Chiesa sia piuttosto lontano, per ciò che abbiamo sognato il giorno in cui diventammo preti. Può accadere che l’età o la malattia ci estranino dalla pastorale attiva. E’ il momento in cui pensare alla comunione che nella Chiesa ci lega a tutti e ci fa tutti portantini necessari per la salvezza dei fratelli. Allora ha senso il nostro lavoro, anche nascosto o di poca soddisfazione, hanno senso la fatica e talora la durezza delle situazioni da affrontare, ha senso – e come – la malattia, ha senso anche l’anzianità, con la sua maggiore fragilità, la diminuzione delle forze. Si aprono però in alcune di queste situazioni anche gli spazi della libertà interiore, quando la nostra debolezza diventa forza per chi lavora sui difficili campi dell’annuncio del Vangelo”.


Il miracolo di Cristo matura in un contesto di ostilità. I farisei che vi assistono giudicano in silenzio Gesù un bestemmiatore, che ha rimesso i peccati del paralitico. “Guarigione della malattia e perdono dei peccati – ha detto il cardinale Cè – sono in rapporto fra loro. Il peccato è la radice di ogni male umano”. E perdono e riconciliazione, narrati nell’episodio del Vangelo, sono anche due capisaldi della Quaresima:


“Il perdono dei peccati è dono della Pasqua di Gesù ed è in modo reale partecipazione alla sua risurrezione. E’ l’unico potere che rivendica Gesù, quello di rimettere i peccati (…) Questo potere era solo in cielo, ora con Gesù è anche sulla terra”.
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