LIBIA: incendiato il convento dei frati minori a bengasi
BENGASI, 28 feb. - Le manifestazioni di protesta scoppiate nella città libica di Bengasi
hanno provocato l’incendio della chiesa e del convento dei Frati Minori francescani.
Lo ha confermato in una lettera recente Fra José Rodríguez Carballo, O.F.M., Ministro
generale dell’Ordine, rivelando anche che il Vescovo Sylvester Carmel Magro, O.F.M.,
Vicario apostolico di Bengasi, e i quattro religiosi di questa comunità – due filippini
e due polacchi – sono stati costretti a rifugiarsi a Tripoli, presso le religiose
di questa diocesi. Fonti dell'Ordine in Libia hanno fatto sapere che la chiesa e
il convento dei Francescani sono stati incendiati nelle ultime ore, ma che “i religiosi
e le religiose, che lavorano a Bengasi, non hanno subito nessun danno”. La Libia
è stata ultimamente teatro di numerosi tumulti, indirizzati in particolare contro
obiettivi italiani, dopo che l’ex ministro delle Riforme del Governo italiano, Roberto
Calderoli, era apparso in televisione con indosso una maglietta che ritraeva le vignette
satiriche su Maometto al centro di numerose proteste partite dal mondo musulmano.
A Bengasi, come si ricorderà, i manifestanti hanno preso d’assalto anche
il consolato italiano, causando anche, nei disordini verificatisi tra il 17 e il 18
febbraio, la morte di 14 persone.
(Zenit- MANCINI)
Di seguito,
pubblichiamo la lettera scritta da Fra José Rodríguez Carballo, ai fratelli e alle
sorelle francescani, così come a tutti i cristiani che vivono a Bengasi, per assicurare
loro la sua vicinanza in questi momenti di prova e riaffermare la volontà dell'Ordine
di continuare ad essere fedeli ad una presenza pacifica nel mondo musulmano, che ha
le sue radici nell'incontro di san Francesco con il Sultano Melek-el-Kamel, avvenuto
nel 1219.
LETTERA DEL MINISTRO GENERALE OFM
Roma, 20 febbraio 2006
Alle loro Ecc.ze
Mons. Giovanni Martinelli, ofm,
e
Mons. Sylvester Carmel Magro, ofm,
a tutti i Frati Minori, alle Sorelle della
Famiglia Francescana
e a tutti i Cristiani presenti in terra di Libia,
il
Signore vi dia pace!
Mentre ci giungono preoccupanti notizie dalla
cara terra di Libia, desidero esprimervi la vicinanza di tutti i Frati Minori sparsi
nel mondo. Per questo il saluto di pace, rivelato dal Signore a san Francesco, si
trasforma oggi nella nostra preghiera per voi, perché, come lo stesso san Francesco
ci ha insegnato, «sono veri pacifici coloro che in tutte le cose che sopportano in
questo mondo, per l'amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell'anima
e nel corpo» (Ammonizioni 15).
Certamente è un dono di Dio rimanere
nella pace, continuare ad essere testimoni della vera pace, quando il mondo intorno
urla con forza la sua violenza, ma in quanto figli del "poverello di Assisi" sappiamo
che è proprio la pace il dono prezioso che il Risorto ci ha consegnato, perché lo
donassimo a tutti gli uomini e le donne tra cui ci saremmo trovati a vivere.
Insieme
a voi, e grazie a voi, anche oggi, tutto l'Ordine dei Frati Minori ripete la sua ferma
volontà di mantenersi fedele alla sua storia di presenza pacifica nel mondo musulmano
che, a partire dal giorno in cui san Francesco, nel 1219, incontrò il Sultano Melek-el-Kamel,
è proseguita ininterrottamente lungo gli ottocento anni della nostra storia.
Ci
sentiamo, allora, pienamente in comunione con quanto ebbe modo di dire il Santo Padre,
Benedetto XVI, durante il suo incontro con alcune Comunità musulmane a Colonia il
20 agosto 2005, e con lui vogliamo ribadire in questa occasione l'estrema urgenza
di: «affermare, senza cedimenti alle pressioni negative dell'ambiente, i valori del
rispetto reciproco, della solidarietà e della pace», perché «la vita di ogni essere
umano è sacra sia per i cristiani che per i musulmani».
Vogliamo continuare
la nostra strada ricercando i grandi valori che uniscono tutti gli uomini, proprio
a partire dalle loro tradizioni religiose e culturali, le quali sole permettono di
superare le barriere che ideologie e biechi interessi economici continuano ad innalzare.
Vogliamo continuare a credere che solo non cedendo alla tentazione
della sopraffazione e della violenza, qualunque forma essa assuma, ma perseguendo
sempre il pieno riconoscimento della dignità di ogni persona e dei suoi fondamentali
diritti, sarà possibile per tutti gli uomini vivere insieme come fratelli e in pace.
Speriamo, infine, che la giustizia, la serenità e la pace tornino presto a regnare
nella terra di Libia e per questo vi assicuriamo la nostra fraterna preghiera.