Al termine di un anno, che per la Chiesa e per il
mondo è stato quanto mai ricco di eventi, memori del comando dell’Apostolo: “camminate…
saldi nella fede... abbondando nell'azione di grazie” (Col 2,6-7), ci ritroviamo questa
sera insieme per elevare un inno di ringraziamento a Dio, Signore del tempo e della
storia. Il mio pensiero va, con profondo e spirituale sentimento, a dodici mesi fa,
quando, come questa sera, l’amato Papa Giovanni Paolo II, per l’ultima volta, si è
fatto voce del Popolo di Dio per rendere grazie al Signore dei numerosi benefici accordati
alla Chiesa e all’umanità. Nella medesima suggestiva cornice della Basilica Vaticana
tocca ora a me raccogliere idealmente da ogni angolo della terra il cantico di lode
e di ringraziamento che si eleva a Dio, al compiersi del 2005 e alla vigilia del 2006.
Sì, è un nostro dovere, oltre che un bisogno del cuore, lodare e ringraziare Colui
che, eterno, ci accompagna nel tempo senza mai abbandonarci e sempre veglia sull’umanità
con la fedeltà del suo amore misericordioso.
Potremmo ben dire che la Chiesa
vive per lodare e ringraziare Dio. E’ essa stessa “azione di grazie”, lungo i secoli,
testimone fedele di un amore che non muore, di un amore che abbraccia gli uomini di
ogni razza e cultura, disseminando in modo fecondo principi di vera vita. Come ricorda
il Concilio Vaticano II, “la Chiesa prega e insieme lavora, affinché la totalità del
mondo sia trasformata in Popolo di Dio, Corpo del Signore e tempio dello Spirito Santo,
e in Cristo capo di tutti sia reso ogni onore e gloria al Creatore e Padre dell’universo”
(Lumen gentium, 17). Sostenuta dallo Spirito Santo, essa “prosegue il suo pellegrinaggio
fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio” (Sant’Agostino, De Civitate
Dei, XVIII, 51,2), traendo forza dall’aiuto del Signore. In questo modo, con pazienza
e con amore, supera “le afflizioni e difficoltà tanto interne che esterne”, e svela
“fedelmente al mondo, anche se sotto l’ombra dei segni, il mistero del Signore, fino
al giorno in cui finalmente risplenderà nella pienezza della luce” (Lumen gentium,
8). La Chiesa vive di Cristo e con Cristo. Egli le offre il suo amore sponsale guidandola
lungo i secoli; ed essa, con l’abbondanza dei suoi doni, accompagna il cammino dell’uomo,
affinché coloro che accolgono Cristo abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Questa
sera mi faccio voce anzitutto della Chiesa di Roma, per innalzare verso il Cielo il
comune cantico di lode e di azione di grazie. Essa, la nostra Chiesa di Roma, nei
trascorsi dodici mesi è stata visitata da molte altre Chiese e Comunità ecclesiali,
per approfondire il dialogo della verità nella carità, che unisce tutti i battezzati,
e sperimentare insieme più vivo il desiderio della piena comunione. Ma anche molti
credenti di altre religioni hanno voluto testimoniare la propria stima cordiale e
fraterna a questa Chiesa e al suo Vescovo, coscienti che nell'incontro sereno e rispettoso
si cela l'anima di un'azione concorde a favore dell'umanità intera. E che dire delle
tante persone di buona volontà, che hanno rivolto il proprio sguardo a questa Sede
per intessere un dialogo proficuo sui grandi valori concernenti la verità dell'uomo
e della vita, da difendere e promuovere? La Chiesa vuol essere accogliente sempre,
nella verità e nella carità.
Per quanto riguarda il cammino della Diocesi di
Roma, mi piace soffermarmi brevemente sul programma pastorale diocesano, che quest’anno
ha fissato la sua attenzione sulla famiglia, scegliendo come tema: “Famiglia e comunità
cristiana: formazione della persona e trasmissione della fede”. La famiglia è sempre
stata al centro dell’attenzione dei miei venerati Predecessori, in particolare di
Giovanni Paolo II, che ad essa ha dedicato molteplici interventi. Egli era persuaso,
ed in più occasioni lo ha ribadito, che la crisi della famiglia costituisce un grave
pregiudizio per la stessa nostra civiltà. Proprio per sottolineare l’importanza nella
vita della Chiesa e della società della famiglia fondata sul matrimonio, anch’io ho
voluto offrire il mio contributo intervenendo, la sera del 6 giugno scorso, al Convegno
diocesano in San Giovanni in Laterano. Mi rallegro perché il programma della Diocesi
sta procedendo positivamente con una capillare azione apostolica, che viene svolta
nelle parrocchie, nelle prefetture e nelle varie aggregazioni ecclesiali. Conceda
il Signore che il comune sforzo conduca a un autentico rinnovamento delle famiglie
cristiane. Colgo qui l’occasione per salutare i rappresentanti della Comunità religiosa
e civile di Roma presenti a questa celebrazione di fine anno. Saluto in primo luogo
il Cardinale Vicario, i Vescovi Ausiliari, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici
convenuti da varie parrocchie; saluto inoltre il Sindaco della Città e le altre Autorità.
Estendo il mio pensiero all’intera comunità romana, della quale il Signore mi ha chiamato
ad essere Pastore, e rinnovo a tutti l’espressione della mia vicinanza spirituale.
Ci
accingiamo con fede, illuminati dalla Parola di Dio, a cantare insieme il “Te Deum”.
Tanti sono i motivi che rendono la nostra azione di grazie intensa, facendone una
corale preghiera. Mentre consideriamo i molteplici eventi che hanno segnato il corso
dei mesi in quest’anno che si avvia alla sua conclusione, voglio ricordare in modo
speciale coloro che sono in difficoltà: le persone più povere e abbandonate, quanti
hanno perso la speranza in un fondato senso della propria esistenza, o sono involontarie
vittime di interessi egoistici, senza che a loro sia chiesta adesione o opinione.
Facendo nostre le loro sofferenze, li affidiamo tutti a Dio, che sa volgere ogni cosa
al bene; a Lui consegniamo la nostra aspirazione a che ogni persona veda accolta la
propria dignità di figlio suo. Al Signore della vita chiediamo di lenire con la sua
grazia le pene provocate dal male, e di continuare a dare vigore alla nostra esistenza
terrena, donandoci il Pane e il Vino della salvezza, per sostentare il nostro cammino
verso la patria del Cielo.
Mentre ci congediamo dall’anno che si conclude
e ci avviamo verso il nuovo, la liturgia di questi primi Vespri ci introduce nella
festa di Maria, Madre di Dio, Theotókos. A otto giorni dalla nascita di Gesù, celebriamo
Colei che “quando venne la pienezza del tempo” (Gal 4,4) fu prescelta da Dio per essere
la Madre del Salvatore. Madre è colei che dà la vita, ma che anche aiuta ed insegna
a vivere. Maria è Madre, Madre di Gesù al quale ha dato il suo sangue, il suo corpo.
Ed è Lei a presentarci il Verbo eterno del Padre, venuto ad abitare in mezzo a noi.
Chiediamo a Maria di intercedere per noi. Ci accompagni la sua materna protezione
oggi e sempre, perché Cristo ci accolga un giorno nella sua gloria, nell’assemblea
dei Santi: Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari. Amen!