La Chiesa nel 2005: il bilancio del portavoce vaticano Navarro Valls
(30 dicembre 2005 - RV) L’anno che si sta chiudendo è caratterizzato dalla successione
di Benedetto XVI a Giovanni Paolo II sulla cattedra di Pietro. Un evento che ha riguardato
in particolare la Chiesa cattolica, ma che ha avuto un’eco eccezionale in tutto il
mondo. La morte di Papa Wojtyla ha coinvolto un numero inestimabile di persone. Tiziana
Campisi ha chiesto al direttore della Sala stampa vaticana, il dott. Joaquín Navarro-Valls
quali ricordi conserva di quei giorni: ********** R.
– Ricordo con enorme intensità quei giorni, quelle circostanze che hanno avuto una
dimensione straordinaria nell’opinione pubblica in tutto il mondo. Soprattutto li
ricordo come uno di quei momenti in cui si vede quasi fisicamente agire lo Spirito
di Dio. Non erano soltanto le masse, la quantità di persone in quei giorni che si
concentravano qui in Vaticano, in Piazza San Pietro, ma l’intensità che si vedeva
in quelle persone per quanto riguarda la percezione di vivere un momento veramente
religioso. Da questo punto di vista è stata una cosa straordinaria.
D. - Lei
ha potuto osservare da vicino il passaggio dal 264 al 265.mo pontefice della Chiesa
cattolica. Alla luce di questi mesi come può descriverlo e come l’ha vissuto personalmente?
R.
– Per me in concreto avere vissuto e seguito ogni momento di quei giorni ultimi di
Giovanni Paolo II è stato qualcosa, come può immaginare, che mi ha colpito in profondità.
E anche nei giorni successivi i contatti con il decano del Collegio dei cardinali,
l’allora cardinale Ratzinger, e poi, come tutti, la sorpresa di ascoltare quel nome
come il Papa che era stato eletto. Naturalmente ho vissuto tutti quegli eventi con
grande commozione personale, che doveva in qualche modo essere diluita di fronte al
lavoro informativo che si doveva fare da parte di questo ufficio. Forse da un punto
di vista personale è stato solo dopo questi avvenimenti che ho potuto riflettere un
po’. In quei giorni l’intensità del lavoro era tale che non c’era molto spazio e molto
tempo per riflettere su quello che si stava vivendo e che dovevo comunicare.
D. – Che cosa è cambiato con questo nuovo Pontificato?
R. – Mi facevo anch’io
questa domanda. Inevitabilmente me la sono posta diverse volte e me la sono posta
particolarmente l’estate scorsa durante il primo viaggio di Benedetto XVI all’estero,
a Colonia. Nella reazione della gente lì a Colonia, in maggior parte ragazzi e ragazze,
avevo la percezione che si vedeva la teologia del Pontificato, vale a dire che c’era
la percezione della paternità universale di un Papa, c’era la percezione dell’unità
della dottrina cattolica nel tempo, nel passaggio da una persona all’altra. C’erano
molti elementi che parlavano di continuità. Naturalmente quando si parla di continuità
a proposito di Pontificato è una continuità che dura da 20 secoli, non soltanto con
il Papa precedente, ma da venti secoli. Qualche cosa è cambiato, qualche cosa rimane.
Naturalmente ci sono delle differenze di stile, differenze personali tra Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI, forse ci sono e ci saranno anche cambiamenti nelle priorità
pastorali. Ogni Pontefice dipende anche un po’ dal suo tempo, dalle richieste, dai
bisogno spirituali del suo tempo.
D. – Un suo commento sul legame oggi tra
il Papa e i fedeli?
R. – E’ che bisogna riflettere su queste enormi masse di
gente. Deve tener conto che le udienze generali in altri momenti, in altri anni, in
quest’epoca dell’anno si tenevano nell’Aula Paolo VI. Adesso non si possono fare lì
per il numero di persone che vengono all’udienza del mercoledì. Se poi vediamo il
numero delle persone che vengono alla domenica per la recita dell’Angelus è davvero
sorprendente. Quindi riflettere su questo: è aumentata la sensibilità religiosa? Questa
è una domanda che rimane lì. **********