Francia: coprifuoco nelle città a rischio Ma le violenze continuano
(09 novembre 2005 - RV) Gli effetti dello stato d’emergenza in Francia, decretato
nelle periferie, cominciano a farsi sentire. Sono 25 i Prefetti che hanno adottato
il coprifuoco. Ma anche l’ultima notte è trascorsa all’insegna dei tumulti, inscenati
dai gruppi giovanili di origine maghrebina. Il servizio da Parigi:
Intanto,
in Francia si discute animatamente sul fallimento dell’integrazione degli immigrati,
come sottolinea il corrispondente a Parigi di Famiglia Cristiana, Paolo Romani, raggiunto
telefonicamente nella capitale francese da Fabio Colagrande:
********** R.
– E’ il naufragio di questo modello di integrazione francese, un modello di cui la
Francia era molto orgogliosa, che contrapponeva spesso e volentieri al ‘comunitarismo’
americano. Ora il naufragio di questo modello è sotto gli occhi di tutto il mondo,
perché chiaramente questi giovani della seconda o terza generazione che sono poi cittadini
francesi, si sentono emarginati, si sentono trattati come cittadini di serie B o di
serie C e quindi reagiscono. Lo fanno con la violenza oppure ghettizzandosi ancor
di più, insomma, richiudendosi nelle loro banlieue, dando vita ad una specie di ‘contro-società’
…
D. – Come sta reagendo il Paese?
R. – Il Paese è, secondo me, sgomento
più che altro, perché non credo che si aspettasse una simile ondata di violenza, anche
se solo gli ignari possono essere stati colti di sorpresa. Gli ingredienti di questa
‘intifada’, di questa fiammata di violenza, c’erano tutti, erano tutti presenti da
un bel po’ di tempo! In queste banlieue, la disoccupazione giovanile sfiora il 50
per cento, mentre è del 20-25 per cento a livello nazionale. C’è poi il problema degli
alloggi: la mancanza di case popolari, dei cosiddetti ‘alloggi sociali’, come si chiamano
in Francia. Negli ultimi 15 anni, ogni governo che si è succeduto, di destra o di
sinistra che fosse, ha messo in cantiere dei progetti per queste banlieue, queste
periferie, tutti progetti che sono rimasti lettera morta o non sono stati completamente
applicati!
Le violenze che stanno scuotendo le periferie di Parigi e di
molte altre città della Francia riportano drammaticamente in primo piano il fenomeno
del disagio sociale, in particolare giovanile, che caratterizza molte città europee,
non solo francesi. Su questo tema, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di
mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali
europee:
********** R.
– Questi fenomeni rivelano che abbiamo una grossa domanda di senso della vita, di
domanda su quale futuro, su quali valori costruiamo una società e la nostra esistenza
… Io non so quanto noi oggi in Europa abbiamo curato questa domanda: ‘Perché siamo
fratelli?’. Credo che ci sia una qualche parentela tra questa violenza esplosa a Parigi
e quella violenza diffusa che noi respiriamo oggi anche in Europa: dalla violenza
agli stadi alla violenza della città di notte, ai suicidi – 50 mila suicidi l’anno,
in Europa! – questa violenza diffusa rimanda ad un malessere, ad un’inquietudine,
ad un disagio che è molto più profondo. Il fatto dell’emigrazione ci sta creando una
generazione che vive sul confine: il confine tra i popoli, il confine tra culture,
religioni eccetera, e stando sul confine non si appartiene più a nessuno, non c’è
più un’appartenenza, un’identità!
D. – A Berlino, la scorsa notte, sono state
bruciate delle macchine: vede il pericolo di un’espansione delle violenze che scuotono
le notti parigine, anche nelle periferie di altre città europee?
R. – Sì. Direi
che la violenza è già diffusa: nelle nostre città c’è la violenza. Noi dovremmo forse
ritornare come politici, ma anche come intellettuali, a riprendere più sul serio il
fatto che c’è una generazione che è inquieta, che è a disagio; riprendere forse una
certa umiltà, in Europa: cioè, l’Europa deve perdere – direi – la superbia intellettuale
di sapere dove stanno le risposte, di pensare che abbiamo la luce sufficiente, perché
abbiamo la ragione, abbiamo la scienza, e rimetterci alla ricerca.
D. – Quanto
sta succedendo in Francia interroga profondamente l’Europa sul tema dell’immigrazione.
Quali sono le proposte delle Conferenze episcopali europee, al riguardo?
R.
– Le Chiese sono preoccupate di dare all’Europa il senso della fratellanza universale.
Quindi, se noi riuscissimo a creare questa cultura di fondo, poi verrebbero fuori
anche le politiche.