2005-10-12 08:17:07

Approvata dichiarazione UNESCO sulla bioetica. Monito della S.Sede a non ridurre l'uomo a materiale da laboratorio.


(11 ottobre 2005 - RV) Quattro anni per arrivare un testo di compromesso su una materia tanto controversa, che non ha precedenti nella storia dei diritti umani. Una Dichiarazione che per la prima volta mette d’accordo 197 Paesi - con culture, religioni e status socio-politici profondamente diversi - riguardo principi comuni nel campo della bioetica. Promotore dell’iniziativa l’UNESCO, l’organizzazione dell’ONU per l’educazione, la scienza e la cultura. La nuova Carta afferma in forma solenne una serie di principi generali, senza entrare però nel merito di questioni specifiche. Tra i capisaldi della Dichiarazione: il primato dell’autonomia e la responsabilità individuali; il consenso informato, la garanzia della privacy, il rispetto del pluralismo, la responsabilità sociale verso le generazioni future, la salute, l’assistenza sanitaria, la protezione dell’ambiente, condivisione dei benefici della ricerca. Soddisfazione generale in casa UNESCO. “Un passo avanti significativo”, secondo Francesco D’agostino, presidente del Comitato italiano di bioetica, seppure le tematiche più laceranti, dall'aborto all'eutanasia - ha aggiunto - non siano ancora affrontare in questo documento”

Importante è dunque che la bioetica sia stata riconosciuta d’interesse planetario, ma è difficile prevedere l’applicazione operativa dei principi sottoscritti, tanto più che la Dichiarazione non è vincolante per gli Stati firmatari.

In proposito illuminante il richiamo dell’Osservatore permanente della Santa Sede, presso l’UNESCO, mons. Francesco Follo, che ieri nel suo intervento durante i lavori in corso a Parigi dell’Assemblea generale, ha sottolineato l’importanza della bioetica, quale “esigenza morale” per dare risposta al “rispetto dell’uomo e della sua dignità intrinseca”. “Impossibile negare – ha osservato - che la biologia e la medicina…. contribuiscano fortemente a migliorare le condizioni di vita dell’uomo. Ma noi ci troviamo oggi davanti ad una situazione nuova, in cui l’uomo può e potrà sempre di più mettere in gioco il destino di tutta la sua specie, tentato di trattare l’uomo come semplice materiale da laboratorio. Da una parte – ha rilevato il presule – l’uomo afferma che vuole guarire e condurre fino alla morte una vita degna della sua umanità, ma dall’altra sappiamo bene che la penuria di medicinali, di strutture sanitarie e di medicamenti priva di questi diritti la grande maggioranza degli abitanti del pianeta. Tanto più di fronte a queste nuove sfide bisogna che l’uomo sia e resti un uomo, vivendo un vita ‘umana’ e morendo una morte ‘umana’”. E dunque “l’aspetto biologico non è che una dimensione del nostro essere” per cui “ridurre l’uomo a questa dimensione sarebbe come fare opera di mutilazione”.

Tra gli altri temi su cui accendere l’attenzione della comunità internazionale, il delegato vaticano, ha indicato la garanzia della libertà e della giustizia, in mancanza delle quali l’uomo appare mutilato quanto l’uomo ridotto alla realtà biologica del suo corpo; e poi ancora l’esigenza della verità, che non si può far coincidere con il consenso e l’opinione che prevale, ma piuttosto si configura come dimensione insita nella natura umana; infine il dramma della povertà, e l’urgenza dell’educazione soprattutto delle bambine, motore di sviluppo per i Paesi più poveri e arretrati.

Ma quale giudizio dare della Dichiarazione, tenuto conto che ci sono voluti 4 anni per arrivare a un testo di compromesso, definito comunque dagli esperti “un passo avanti”. Roberta Gisotti, lo ha chiesto all’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO, mons. Francesco Follo:

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R. – Ci si può contentare. E in più, grazie ai nostri esperti, molte modifiche sono state anche accolte, segno della nuova apertura che i vari Paesi dell’UNESCO hanno come atteggiamento di ascolto verso la Chiesa cattolica.

D. – Sappiamo che questa dichiarazione non entra nel merito di questioni specifiche come l’eutanasia o l’accanimento terapeutico. Si potrà arrivare a definizioni comuni su questioni così laceranti per la natura umana?

R. – Nell’intervento alla Plenaria, ho detto che se si parla di bioetica, se si deve avere una bioetica, è per ragioni etiche che occorre farlo, non solo per motivi politici. Ma c’è una maggiore apertura: il rischio è che, quando si vuole un consenso, si cerchi appunto solo il consenso della maggioranza e si scenda a livello sempre più basso. Però, è già un primo passo. Importante è che non tutto, soprattutto l’aspetto etico, credo che si possa risolvere con il consenso. Occorrerebbe risolverlo con argomenti di ragione, una ragione bene informata, altrimenti il consenso … a livello politico va bene ma a livello di etica … non so fin dove sia giusto. Per fare un esempio che forse può fare sorridere: quando si trattò di scegliere tra Gesù Cristo e Barabba, il consenso scelse Barabba. Ma nessuno oserebbe dire che fosse un buon consenso!

D. – Come fronteggiare il rischio che l’uomo, attraverso tutte queste nuove biotecnologie, sia trattato come ‘materiale da laboratorio’?

R. – Come Giovanni Paolo II ha insegnato e Benedetto XVI continua ad insegnare, la Chiesa cattolica sta proponendo un umanesimo nuovo ed integrale. In questo, tutto sommato, non è necessario avere la fede, per aderire ad alcune verità di ragione, perché occorre solo l’intelligenza.
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