il dramma degli eritrei in fuga dal loro Paese, dietro la tragedia del mare in Sicilia,
costata la vita ad almeno 11 immigrati africani
(12 settembre 2005 - RV) L’ennesimo tragico sbarco di clandestini africani sulle
coste della Sicilia si è concluso con la morte di 11 persone i cui cadaveri sono stati
recuperati nelle prime ore di domenica su una spiaggia di Gela. Sette presunti scafisti
sono stati arrestati. Per loro l’accusa è di omicidio volontario e violazione alla
legge sull’immigrazione. Si tratta di sei egiziani e un libico che sono stati rinchiusi
nel carcere di Caltagirone. I morti, tutti uomini, sembrano di età compresa fra i
18 e i 22 anni, anche se alcuni potrebbero essere ancora più giovani. Tuttavia, sarà
l’autopsia, disposta dal magistrato Maria Bianchetti, a stabilirlo. Il magistrato
vuole anche accertare se i decessi siano avvenuti per annegamento all'arrivo in Sicilia
o per altre cause durante la traversata. Nell'imbarcazione, partita dalla Libia, sarebbero
state complessivamente 170 le persone a bordo. Ne sono state salvate 140, all'appello
ne mancherebbero ancora una decina. Gli immigrati tratti in salvo sono in gran parte
eritrei. Un aspetto questo che spinge ad interrogarsi sulle situazione di questo Paese
Africano, impegnato da anni in una sanguinosa contesa con l’Etiopia per una questione
di confini. Ma come vive, dunque, la popolazione in Eritrea? Eugenio Bonanata lo ha
chiesto a Raffaello Zordan, redattore della rivista Nigrizia: