BAGHDAD 1 set. - “A nome di tutta la Conferenza episcopale e di tutti i cattolici
iracheni condivido la tristezza per gli innocenti morti in questa tragedia, chiedendo
per loro la vita eterna, ai loro parenti e fratelli cristiani e musulmani la consolazione
e ai feriti la guarigione”. E’ quanto scrive il patriarca di Babilonia dei Caldei
Emmanuel III Delly, in una lettera di condoglianze ai “confratelli musulmani iracheni”
per quanto accaduto ieri mattina a nord di Baghdad nella moschea sciita di al-Kadhimiyah
dove, il panico prodotto da un attacco di mortaio e dalla notizia, poi rivelatasi
falsa di un kamikaze tra la folla, ha provocato la fuga dei fedeli, con centinaia
di morti e di feriti. “Una triste catastrofe – dice mons. Delly al Sir - che si è
abbattuta sul nostro caro Iraq e su coloro che partecipavano ad un pellegrinaggio
religioso, frutto della loro fede”. “Viviamo nella paura – aggiunge – tutti abbiamo
paura, io ho paura, ma bisogna continuare a vivere per il futuro del nostro Paese.
La situazione non è normale. Sorge il sole ma non sappiamo su chi tramonterà, rapine,
bombe, morti sono all’ordine del giorno. Per questo chiediamo a tutte le Chiese di
pregare per l’Iraq e per la sua sicurezza. Perseveriamo nella speranza, come cristiani
non abbandoneremo il nostro Paese. Non dobbiamo fuggire davanti al pericolo e alle
difficoltà”.
Anche il Nunzio apostolico in Iraq, mons. Fernando Filoni, ha
voluto esprimere il proprio dolore per la tragedia in una delle "prime grandi espressioni
di libertà religiosa". ''Un popolo imprigionato nel panico - evidenzia il Nunzio
- e nel terrore di attentati terroristici''. Lo stesso arcivescovo, ieri mattina,
alle prime esplosioni aveva pensato al peggio. 'Basta ormai una voce per creare
panico – dice mons. Filoni. Non ce lo si augura ma lo si pensa subito. Quando ho
sentito le prime esplosioni ho pensato: Mio Dio, un attentato!”. Martedì sera, aggiunge
il Nunzio, “si leggeva la gioia negli occhi della tantissima gente in marcia. Era
la soddisfazione dettata dal pensiero di raggiungere il santuario. Nonostante la
fatica per il lungo cammino - dice ancora mons. Filoni - era visibile la felicità
in tutti quei pellegrini sciiti''. Convenuti a migliaia ''per una delle prime grandi
manifestazioni di libertà religiosa dopo tanti anni di veti''. (Sir, Adnkronos
– MANCINI)