Condanna dei vescovi della RD Congo sugli episodi di violenza del 30 giugno scorso.
(12 luglio 2005 - RV) “Vittime non giustificate e danni materiali imposti a un popolo
già depauperato ci rattristano nel più profondo del nostro cuore di pastori e non
possono, in alcun modo, lasciarci indifferenti”: è quanto scrivono i vescovi del Comitato
permanente della Conferenza episcopale della Repubblica democratica del Congo, in
una dichiarazione inviata ieri all’agenzia MISNA. Nel documento, a firma del presidente
dell’episcopato congolese, Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani, si
“deplorano” le violenze avvenute lo scorso 30 giugno a Kinshasa e in altre città del
Paese. In quella data, giorno dell’indipendenza dal Belgio nel 1962, migliaia di manifestanti
erano stati dispersi dalle Forze dell’ordine durante le proteste contro il rinvio
delle elezioni e il prolungamento del governo di transizione, con un bilancio finale
di almeno una decina di vittime. “Malgrado il nostro appello alla pacificazione e
al controllo – scrivono i vescovi – sono stati perpetrati massacri, saccheggi, violenze
e stupri”, non solo durante le manifestazioni di piazza, ma qualche giorno dopo anche
a Mbandaka, nella provincia dell’Equatore, per mano di soldati del riunificato Esercito
governativo. “Stigmatizziamo il fatto che questi atti indegni provengano dalle Forze
dell’ordine, che dovrebbero mantenere l’ordine nel Paese e garantire la sicurezza
di persone e beni”, si legge nel documento. Per i presuli, è riprovevole che alcuni
congolesi “si coalizzino con le forze straniere per attentare alla vita umana e continuare
a distruggere il Paese e le sue strutture sociali”. Nel documento, si chiede infine
al governo una commissione d’inchiesta per individuare gli autori di questi crimini.