Ricevuto in Vaticano dal Papa il presidente slovacco, Gasparovic
(17 giugno 2005 - RV) Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza il presidente
della Repubblica Slovacca, Ivan Gasparovic, accolto in Vaticano con la consorte e
il seguito. Quella di Gasparovic è stata la prima visita al nuovo Pontefice, ma non
la prima in Vaticano: il 64.enne capo di Stato slovacco era a Roma l’8 aprile scorso,
giorno dei funerali di Giovanni Paolo II, che proprio in Slovacchia aveva compiuto,
nel settembre 2003, il suo 102.mo viaggio apostolico, il terz’ultimo all’estero. Gasparovic
- che in questa sua visita in Italia parteciperà, tra l’altro, ad una Messa alla tomba
romana di San Cirillo, oltre ad incontrare anche il Gran Maestro dell'Ordine sovrano
dei Cavalieri di Malta, Bertie – è a capo del suo Paese dall’aprile del 2004, quando
è succeduto a Rudolph Schuster. La sua vittoria alle presidenziali è maturata a sopresa
sul favorito Meciar e lo ha portato a presiedere, pochi giorni dopo, all’ingresso
del suo Paese nell’Unione Europea. L’11 maggio scorso, il Parlamento di Bratislava
ha ratificato la Costituzione comunitaria con 116 sì, 27 no e 4 astenuti.
Con
oltre cinque milioni di abitanti, il 70% dei quali cattolici, la Slovacchia ha conquistato
il diritto a far parte dei 25 Stati dell’Unione in appena 11 anni di indipendenza,
maturata nel ’93 con la scissione dalla Repubblica ceca. La principale lotta che ha
impegnato le varie amministrazioni, oltre al rilancio dell’economia, è stata quella
della disoccupazione, attestata tuttora attorno al 16%. Una caratteristica del tessuto
sociale slovacco è costituita da una grande varietà etnica, che comprende anche le
minoranze di magiari, ruteni e zingari. Con una decisione all’avanguardia, e uno stanziamento
di 2 milioni di euro, lo scorso marzo il ministro dell'Educazione di Bratislava, Martin
Fronc, ha nominato per la prima volta nella storia del Paese 25 insegnanti di lingua
e letteratura rom, che entro il 2005 cominceranno ad insegnare nelle scuole elementari
e medie del Paese. La decisione è stata dettata dalla necessità di risolvere i problemi
di apprendimento dei figli dei circa 400 mila rom slovacchi, costretti finora a frequentare
scuole “speciali”.