2005-06-09 15:39:17

Olimpia Tarzia: i referendari non parlano dei pericoli per la salute della donna con l’abolizione della legge 40


(9 giugno 2005 – RV) “I referendari non dicono chiaramente i pericoli a cui andava incontro la donna prima della legge 40: è necessario informare”. Così la biologa Olimpia Tarzia, presidente del comitato “Donne e vita” che propone l’astensione proprio per stare dalla parte delle donne e dei più deboli e che domani concluderà a Roma il tour informativo sulla fecondazione artificiale, svoltosi in 30 città italiane, in vista del referendum di domenica e lunedì prossimi. Nel dibattito “divergono le posizioni di scienziati e medici, ma nessuno – ribadisce Olimpia Tarzia – dice che le cellule embrionali non hanno dato risultati scientifici”. Dura la critica alla formulazione del secondo e terzo quesito. L’intervista è di Isabella Piro: RealAudioMP3

**********
R. – Il secondo e il terzo quesito del referendum sono posti volendo far credere che la legge è contraria ed è rischiosa per la salute della donna. In realtà, la legge ha posto dei paletti importanti: pone come numero di ovuli da produrre, come massimo, tre. Questo vuol dire che il dosaggio ormonale nella donna è estremamente limitato.

D. – Cosa succederebbe abrogando questa parte della legge?

R. – Cancellando questa parte - ritornando quindi ad una sperimentazione proprio sulla pelle delle donne - si tornerebbe alla situazione esistente prima della legge, quando la donna veniva sottoposta ad un bombardamento ormonale poiché doveva liberare fino a 15-20 ovuli.

D. – Cosa comporta questo per la donna?

R. – Questo comporta per la salute della donna dei seri rischi di iperstimolazione ovarica, per cui le ovaie tendono ad ingrossarsi e si può andare incontro ad un blocco renale. Ci sono stati casi di morte per sindrome da iperstimolazione ovarica.
D. – La legge 40, attualmente in vigore, stabilisce un criterio di accesso alle tecniche di fecondazione?

R. – La legge prevede una gradualità, ha tolto la donna da quello che era un precedente accanimento procreativo. In altre parole, si fa un percorso per verificare se realmente c’è una sterilità accertata, per cui si ricorre alla fecondazione artificiale.

D. – Nel secondo quesito si parla anche di “diagnosi preimpianto”…

R. – La diagnosi preimpianto è qualcosa di terribile. Sul piano biologico, una parte degli embrioni muore a seguito della diagnosi, un’altra parte sviluppa anomalie dovute alla diagnosi. I rimanenti embrioni non possono considerarsi per certo immuni da malattie genetiche, perché a quell’epoca di sviluppo moltissime malattie non si possono diagnosticare. Sul piano etico è devastante, perché si vuole attribuire ad un tecnico il diritto di poter decidere e scegliere quale essere umano è degno di vivere e quale no.
D. – Secondo lei, è giusto utilizzare gli embrioni per la ricerca?

R. – Io credo che si faccia una grande offesa alle donne, perché io credo che non esista una donna al mondo, che abbia fatto la fecondazione artificiale, che, con disinvolta indifferenza, accetti che i suoi figli rimasti nel centro come embrioni possano essere utilizzati come cavie da laboratorio.

D. – Sul piano biologico come si può definire l’embrione?

R. – Sul piano biologico c’è un dato oggettivo: c’è un essere umano e se è un essere umano va difeso.
**********







All the contents on this site are copyrighted ©.