Oltre 200 morti nella rivolta in Uzbekistan. Il presidente uzbeko accusa gli estremisti
islamici
(14 maggio 2005 - RV) La situazione in Uzbekistan è sempre più drammatica. Per
ora la rivolta anti-presidenziale, scoppiata 48 ore fa, rimane circoscritta alla zona
orientale dell’ex Repubblica Sovietica. Secondo alcune agenzie per i diritti umani,
sarebbero almeno 200 i morti negli scontri ad Andijan. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
********** “L’Uzbekistan
non combatte contro donne e bambini”. Questa la prima reazione ufficiale ai disordini
di Andijian del presidente Karimov, che ha denunciato che lo scopo principale della
rivolta era liberare il capo di un gruppo estremista islamico in prigione da tempo.
“L’azione era pianificata”, ha sottolineato il leader uzbeko, al centro di pesanti
critiche della stampa internazionale. Tra i militari, fedeli a Tashkent, vi sono una
decina di morti, mentre tra gli insorti “molti di più”, ha ammesso Karimov. Si ha,
così, la conferma che ad Andigian vi è stato un vero bagno di sangue. Fonti ospedaliere
parlano di oltre 200 morti e centinaia di feriti, molti dei quali sono fuggiti nel
vicino Kirghizistan. Dopo una notte relativamente tranquilla le sparatorie sono ricominciate
in tutta la città. Alcune migliaia di persone, al grido “assassini”, si sono radunate
davanti al palazzo dell’amministrazione regionale, che era stato, ieri, occupato dai
rivoltosi. La polizia, pare, però, controllare ormai la situazione. Le notizie provenienti
da Andijian restano confuse e le autorità uzbeke hanno intimato alla stampa di allontanarsi
non potendo garantire la sicurezza dei giornalisti. L’Unione Europea ha puntato l’indice
contro la politica di Tashkent e la repressione poliziesca. La Russia si dice preoccupata
per gli eventi, definiti un problema interno uzbeko. Disoccupazione con tassi elevatissimi,
povertà ed una situazione socio-economica complessa rendono esplosiva la situazione
nella valle di Ferganà.
Per la Radio Vaticana Giuseppe D’Amato ********** L’Uzbekistan
rischia di scivolare in una crisi di proporzioni drammatiche. La protesta contro il
presidente Karimov continua e il bilancio delle vittime si fa drammatico, c’è anche
chi parla di 300 morti, mentre sono molti ad accusare il capo dello Stato di aver
ordinato alle forze dell’ordine di sparare sulla folla. Karimov ha negato quest’accusa,
affermando che dietro l’insurrezione vi sono gruppi integralisti islamici. Ma è possibile
addebitare quanto successo all’estremismo islamico? Giancarlo La Vella lo ha chiesto
a Fabrizio Dragosei, corrispondente a Mosca per il Corriere della Sera: ********** R.
– Sicuramente la protesta ha due componenti. C’è sicuramente una componente democratica
e anti Karimov, che prende spunto dalle famose Rivoluzioni di Velluto, la prima in
Georgia e poi in Ucraina. E c’è poi una componente dei gruppi estremistici islamici
che in quella zona sono molto attivi e hanno iniziato questa rivolta con le armi,
quindi non una rivolta pacifica, e che si richiamano a dei gruppi islamici estremisti
collegati con gruppi internazionali, anche con Al Qaeda, che hanno fatto da tramite
tra l’Uzbekistan e l’Afghanistan anche negli anni passati. Certamente, il loro movimento
raccoglie maggiori consensi di quanto non ne raccoglierebbe in un Uzbekistan pacifico.
E’ difficile oggi capire come uscire da questa situazione. D. – Quindi, in questo
momento, l’opposizione uzbeka secondo te non può esprimere un personaggio alternativo
al presidente Karimov, come invece è successo in Ucraina?
R. – Purtroppo, in
questo momento in Uzbekistan personaggi democratici che potrebbero diventare lo Yushenko
dell’Uzbekistan non ci sono, proprio perché Karimov si è concentrato in questi anni
in una repressione fortissima contro qualsiasi movimento democratico. Quindi, gli
unici che hanno una presa nel Paese e che sono attivi sono questi leader islamici
che, però, non sono amati dai pochi democratici che ancora fanno sentire la loro voce
in Uzbekistan. Io ho l’impressione che sia difficile oggi vedere una rivoluzione di
tipo democratico in Uzbekistan.
D. – La comunità internazionale sembra che
stia a guardare quanto sta succedendo in Uzbekistan. La stessa Russia ha detto sono
“fatti interni del Paese” …
R. – Questo deriva sicuramente dalla grande importanza
strategica che oggi ha l’Uzbekistan e dal fatto che nessuno vuole perderlo. La Russia
è ancora comunque presente in Uzbekistan, ha buoni rapporti con Karimov, li ha riaffermati
in questo momento e ha deciso di giocare le sue carte sul presidente attuale, riconfermandogli
la fiducia. Washington pure si è limitata a delle dichiarazioni molto generiche, invitando
le parti a una certa moderazione. Gli unici che hanno fatto sentire la loro voce contro
Karimov, chiedendo il rispetto dei diritti umani, sono gli europei. Oggi la Russia
teme più di ogni altra influenza il crescere dell’estremismo islamico. E gli Stati
Uniti ovviamente sono contrari a qualsiasi gruppo islamico estremista. Il rafforzamento
di questi gruppi in Uzbekistan potrebbe creare grossissimi problemi. **********