L’elezione del prossimo Papa avrà regole nuove, rispetto al passato: quelle che Giovanni
Paolo II ha stabilito nella costituzione apostolicaUniversi Dominici Gregis,
“tenendo conto – come scrisse nel ’96 – delle attuali esigenze ecclesiali e degli
orientamenti della cultura moderna”. Il servizio di Andrea Sarubbi: ********** Addio
alle vecchie norme, lo impone la storia. No all’elezione per compromesso – per delega,
cioè, ad un gruppo di cardinali, come accadde a Giovanni XXII – perché comporterebbe
una “deresponsabilizzazione” degli altri porporati. No anche a quella perinspirationem,
in cui il nome proposto da un cardinale poteva essere acclamato a gran voce da tutti:
fu così per Gregorio XV, ma il passare dei secoli – si legge nellaUniversi Dominici
Gregis– ha reso la procedura “inadatta ad interpretare il pensiero di un collegio
elettivo così esteso per numero e tanto diversificato per provenienza”. L’unica
strada percorribile rimane, dunque, lo scrutinio segreto, a maggioranza, scelto da
Giovanni Paolo II per le “garanzie di chiarezza, linearità, semplicità, trasparenza
e, soprattutto, di effettiva e costruttiva partecipazione” di tutti i cardinali. Una
maggioranza di due terzi, che significa – nell’attuale Conclave – 77 voti su 115.
Ma che potrebbe anche modificarsi se, dopo 34 scrutini, gli elettori non dovessero
trovare un’intesa: a quel punto, si potrebbe optare anche per la sola maggioranza
assoluta o per il ballottaggio tra i due nomi più votati nello scrutinio immediatamente
precedente. Il primo voto è previsto, ma non sicuro, per domani. Poi quattro scrutini
al giorno: due alla mattina, due al pomeriggio. Ogni sette votazioni, una pausa di
preghiera e liberi colloqui, della durata massima di 24 ore. In ognuna di queste soste
si prevede una esortazione, affidata nell’ordine al cardinaleProtodiacono–
attualmente Medina Estévez –, alProtopresbitero, de Araujo Sales, ed al cardinale
primo dell’Ordine dei Vescovi, Ratzinger. Le schede, di forma rettangolare, porteranno
la scritta “Eligo in summum Pontificem” nella metà superiore. In quella inferiore,
ogni cardinale scriverà la propria preferenza: “segretamente”, ribadisce laUniversi
Dominici Gregis, e “chiaramente”, ma con grafia “quanto più possibile non riconoscibile”.
Piegherà la scheda e, tenendola sollevata, la porterà all’altare, dove – prima di
riporla nell’urna – dirà: “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà,
che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”. Il
resto è noto: il conteggio, le schede forate ed annodate con uno spago prima di essere
bruciate nella stufa di ghisa, la tradizionale fumata che quest’anno – in caso di
elezione – verrà accompagnata anche dal suono delle campane della Basilica di San
Pietro. **********