Olimpiadi, medaglia d'oro per Paolo Bettini nel ciclismo
La medaglia d’oro olimpica al collo e subito ad allenarsi per un nuovo appuntamento
da non perdere. E’ la storia del livornese Paolo Bettini, che ad Atene ha conquistato
l’alloro nella prova su strada di ciclismo, ma che già guarda a Verona dove il 3 ottobre
prossimo si disputerà il Mondiale. Tanti sacrifici, dunque, ma anche emozioni e soddisfazioni
nel cercare di fare sempre meglio.
Al microfono di Alessandro Gisotti, la medaglia
d’oro Paolo Bettini racconta come ci si sente a tornare a casa da campione olimpico:
R.
– Un grande piacere, una grande emozione e mi sto rendendo conto sempre di più che
una medaglia d’oro olimpica è qualcosa di più rispetto agli altri successi, comunque,
che avevo già ottenuto in carriera. La medaglia olimpica ti porta fuori da quello
che è il mondo abituale dello sport. Me ne sto accorgendo, appunto, in questi giorni,
rientrato a casa.
D. – Paolo, il tuo successo è stato anche una vittoria di
squadra per il supporto dei tuoi compagni. Insomma, si può ancora credere nel motto
‘tutti per uno, uno per tutti’?
R. – Guarda, ieri sono andato forte io, ma
se ho vinto è perché ho avuto, prima ancora dei compagni di squadra, quattro amici
che mi hanno permesso di stare tranquillo tutto il giorno durante tutta la gara. Quel
motto è ancora molto valido, perché se un gruppo di atleti, un gruppo di amici, un
gruppo di persone vuole una cosa, è normale che, se si riuniscono le forze, si fa
lo stesso fatica, ma la fatica viene ripartita fra tutti e c’è alla fine anche più
gusto ad accogliere il successo. Non dico che viene più facile, ma con più armonia,
sì.
D. – Vincere una medaglia d’oro e non potersi riposare neanche un po’ perché
il mondiale è alle porte. Come sopporti questa tensione psicologica oltre che atletica?
R.
– La stagione del ciclismo è sempre molto intensa. Quest’anno lo è di più, perché
fra tutti gli impegni che abbiamo c’era questa Gara olimpica, però ci sono altri obiettivi
che già mi ero prefissato all’inizio di questa stagione. Domenica ci sarà la prova
estiva della Coppa del mondo a Zurigo. Ieri, è venuta una medaglia olimpica molto
molto importante, però sarebbe anche un peccato non provare a lottare domenica, vista
la mia condizione attuale. E diciamo che per una settimana si può riuscire a rimanere
concentrati anche dopo un risultato così importante.
D. – Il ciclismo ha vissuto
momenti difficili negli ultimi tempi, però resta uno sport coinvolgente come ai tempi
in cui l’Italia si divideva in due per Bartali o Coppi e le immagini erano in bianco
e nero. Perché, secondo te?
R. – Il ciclismo ha pagato sicuramente più di altri
sport, forse perché è l’unico sport dove veramente si applicano i controlli. E’ normale
che dove si controlla di più è anche più facile trovare qualcuno che cerca di fare
il furbo. Il ciclismo, comunque, rimane nel cuore della gente, perché ha una storia
profonda nel nostro Paese, un Paese di pedalatori, di ciclisti, bene o male, sia agonistici
che per passione. Forse proprio dai tempi di Bartali e Coppi, che praticamente hanno
infiammato i cuori di milioni di italiani, di persone, c’è questa tradizione, e io
penso proprio che non morirà mai.