WASHINGTON - Continua ad alimentare dibattiti negli Stati
Uniti il film di Mel Gibson “The Passion of Christ”. Come è noto, la pellicola che
racconta le ultime 12 ore di vita di Cristo con crocifissione e morte in primissimo
piano è stata al centro di vivaci polemiche per il suo presunto contenuto antisemita
e per la vivida brutalità di alcune sequenze. Accuse sempre fermamente respinte dall’attore-regista
americano, che sostiene l’assoluta fedeltà ai Vangeli della sua opera. A riaccendere
il dibattito è stato il reinserimento nell’ultima versione del brano del Vangelo di
San Matteo "Il Suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli" [Mt 27,25],
usata per secoli per giustificare le persecuzioni contro gli ebrei quali responsabili
della morte di Cristo. Una versione per questo giudicata peggiore della precedente
dal rabbino James Rudin dell’ “American Jewish Committee”. Nel dibattito è intervenuta
nuovamente in questi giorni anche Suor Mary C. Boys, una dei quattro studiosi cattolici
chiamati l’anno scorso a visionare una prima versione della pellicola e che avevano
espresso qualche riserva. Riserve, ha precisato la religiosa, riferite non al film
in sé o al regista, quanto piuttosto alle possibili strumentalizzazioni anti-semite
a cui potrebbe dare adito, in un momento di forte conflittualità internazionale come
quello attuale, resuscitando antichi malintesi tra cristiani ed ebrei. Un rischio
avvertito anche dall’arcivescovo di San Francisco, Mons. William J. Levada, che, in
un commento sul giornale diocesano locale, sottolinea la necessità di “fare il possibile
perché il film non contribuisca ad alimentare i sentimenti anti-semiti”. Le polemiche
hanno intanto alimentato l’interesse del pubblico per il film che uscirà nelle sale
americane il 25 febbraio, Mercoledì delle Ceneri. Migliaia di biglietti sono stati
infatti già prenotati da diverse organizzazioni cristiane. (Cns 4 feb. – ZENGARINI)