2004-01-13 19:02:32

Numerose reazioni nel mondo al discorso di ieri di Giovanni Paolo II al Corpo Diplomatico:il commento del giurista Antonio Papisca, dello storico Pietro Scoppola e di mons. Vincenzo Paglia


Rafforzare le Nazioni Unite per rafforzare la pace mondiale. Nel discorso al corpo diplomatico di ieri, Giovanni Paolo II è tornato a mettere l’accento sul sistema di sicurezza collettiva quale strumento primario per la risoluzione pacifica delle controversie internazionali. Un richiamo forte quello del Papa su cui si sofferma Antonio Papisca, professore di Relazioni Internazionali all’Università di Padova:

R. – Quando si dice ruolo centrale delle Nazioni Unite, si sottolinea anche che l’ordine mondiale deve essere costruito su ciò che legittima l’esistenza e la centralità del ruolo dell’Onu, cioè la Carta delle Nazioni Unite e tutto il diritto internazionale che ha il suo nucleo forte nelle convenzioni internazionali sui diritti umani. Non ci sono vie alternative per un ordine di pace. Come detto anche dal Papa nel messaggio per la Giornata della pace, si tratta di prendere sul serio la riforma delle Nazioni Unite, per potenziarle e democratizzarle.

Nel discorso, ricco di spunti e riflessioni sui temi caldi dell’attualità internazionale dalla crisi israelo-palestinese alla situazione in Iraq, il Papa ha anche sottolineato il ruolo del dialogo ecumenico e interreligioso quale fattore di pace. Ecco su questo passaggio la riflessione di mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Amelia, tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio:

R. – A me pare che obbedire al Vangelo spinga tutti i cristiani a ritrovarsi sul cammino della pace e quindi dell’incontro, del dialogo, della capacità di convivere anche tra diversi, perché questo è la pace. La pace che noi siamo chiamati a costruire è quell’arte di costruire la convivenza tra persone diverse, tra culture diverse, tra fedi diverse e anche tra Chiese che in qualche modo debbono ancora ritrovare l’unità. Il cammino della pace, a questo punto, non è distinto dall’impegno ecumenico. Il richiamo del Papa è un richiamo tutt’altro che formale e dovrebbe sconvolgere i nostri spiriti, i nostri cuori e gli stessi nostri metodi di incontro.

Il Santo Padre non ha mancato, d’altro canto, di richiamare l’Europa al riconoscimento delle sue radici cristiane, avvertendo che, ultimamente, in diversi Paesi del Vecchio Continente si confondono i concetti di laicità e laicisma. Una distinzione che va invece sottolineata come ci spiega lo storico Pietro Scoppola:

R. – Mi sembra una distinzione quanto mai opportuna. Di fatto esistono nella storia dell’Occidente democratico due concezioni della laicità: quella di origine francese, per la quale lo Stato è portatore di una sua ideologia, l’ideologia laica, e lo sentiamo anche in questi giorni negli atteggiamenti che la Francia ha assunto su tanti problemi. L’altra tradizione della laicità è di origine anglosassone, soprattutto americana, per cui lo Stato è incompetente in materia di religione, non può intervenire a vietare o ad imporre nulla sul piano religioso. La laicità non significa che lo Stato è soggetto attivo di una concezione, ma lo Stato è garante della libertà, delle espressioni, dell’esperienza religiosa, di cui riconosce l’importanza, ne garantisce appunto l’espressione e ne riconosce l’importanza ai fini della vita sociale, della stessa vita politica.







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