Nuovo segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese
Rafforzare l’unità tra le Chiese e la coscienza ecumenica specie tra i giovani, promuovere
il dialogo interreligioso e la spiritualità per rispondere alle maggiori sfide: sono
tra le priorità del nuovo segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese,
il pastore metodista Samuel Kobia, eletto la scorsa settimana. In Vaticano la notizia
della sua nomina è stata accolta molto positivamente. “Sono conosciute le sue grandi
qualità tra cui spicca profonda spiritualità e preparazione teologica”, ha dichiarato
mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani.
Si prospetta quindi una proficua continuazione della collaborazione tra il Consiglio
mondiale delle Chiese e la Chiesa cattolica.
Il pastore Kobia, 56 anni, sposato, padre di 4 figli, succede al pastore evangelico
tedesco Konrad Raiser che alla fine di dicembre 2003, dopo 11 anni, terminerà il suo
mandato. Sarà la prima volta che alla guida di questo organismo ecumenico a cui aderiscono
ben 342 Chiese delle diverse tradizioni cristiane, vi è un africano. Sarà questo un
fatto che avrà di certo un’incidenza sul ruolo che il Consiglio ecumenico è chiamato
a svolgere nell’attuale cammino verso la piena unità visibile delle Chiese.
Ma ascoltiamo lo stesso pastore Kobia, al microfono di Catherine Smibert:
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R. – THE FIRST PRIORITY …
Prima priorità per me sarà impegnarmi a rafforzare l’unità tra le Chiese che costituiscono
il Consiglio Mondiale delle Chiese. Vorrei sottolineare l’importanza di lavorare insieme,
camminare insieme, perché è solo così che possiamo rafforzare la nostra unità. Seconda
cosa: vorrei promuovere una coscienza ecumenica nelle Chiese ed in particolare nelle
giovani generazioni. Terzo, il dialogo interreligioso. Oggi, infatti le religioni
hanno un ruolo importante. Il dialogo interreligioso è un mezzo importante per superare
la violenza, promuovere la riconciliazione e la tolleranza. Quarto: il cambiamento
del tessuto familiare nel mondo di oggi è un punto critico. Perciò, i problemi familiari
costituiscono anch’essi una delle priorità. Ancora: vorrei stabilizzare le finanze
del Consiglio.
D. - Durante la Conferenza stampa, tenutasi venerdì, ha menzionato che spera di portare
uno speciale “tocco” africano al Consiglio Mondiale delle Chiese. Gli ha dato un nome,
“ubuntu”. Cosa significa esattamente?
R. – WHAT I REALLY MEAN BY BRINGING AFRICAN …
Quello che veramente intendevo è che gli africani hanno un modo speciale di trasformare
i loro problemi in opportunità e nel creare speranza. Credono fortemente che non bisogna
lasciarsi sopraffare dai problemi o dalle sfide che incontrano. Tutto questo permette
di avere una veduta ottimistica del mondo. Altro elemento è poi la promozione dei
rapporti umani. Le relazioni interpersonali in Africa, infatti, sono estremamente
importanti. E’ quanto noi africani esprimiamo con il termine “ubuntu”. E’ ciò che
vorrei portare al Consiglio Mondiale delle Chiese come africano.
D. - Nel suo primo discorso lei ha anche sottolineato l’importanza della spiritualità
nel mondo di oggi…
R. – FOR ME THE WORLD TODAY IS GOING THROUGH…
Secondo me il mondo oggi sta attraversando problemi che considero essere più di natura
spirituale che politica o economica, perché è in questione il senso della vita, crollano
le sicurezze. Sebbene possano sembrare questioni politiche sono invece questioni profondamente
spirituali e morali.
D. - Riguardo ai rapporti con il Papa, con la Chiesa cattolica, quali sono i suoi
programmi?
R. – IT IS VERY MUCH IN MY AGENDA…
E’ un aspetto che è certamente nei miei programmi. Vorrei rafforzare i rapporti con
il Vaticano. Sono già diverse le aree in cui cooperiamo insieme, come sapete. Lavoriamo,
ad esempio, in gruppi di lavoro con il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e nell’ambito
delle missioni. Vorrei rafforzare però i nostri rapporti e la nostra corrispondenza
anche in prima persona, appena inizierò il mio ufficio.