2003-06-14 12:46:07

GIORNATA STORICA PER IL VECCHIO CONTINENTE: AD ATENE,
LA FIRMA CHE SANCISCE L’ADESIONE DI ALTRI 10 PAESI ALL’UNIONE EUROPEA


L’Europa torna a respirare con due polmoni. La firma che oggi ad Atene sancisce l’ingresso nell’Unione di dieci nuovi Paesi ha, infatti, il sapore del ritrovarsi nella stessa famiglia di popoli troppo a lungo divisi da muri che, solo qualche lustro fa, sembravano impenetrabili. La storia dell’integrazione continentale - iniziata il 18 aprile di 52 anni fa con la nascita della Comunità europea dell’acciaio e del carbone (Ceca) - vive così una tappa fondamentale attraverso l’adesione di Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia ed Ungheria. Un evento di significato notevole anche per il delicato momento internazionale. Lo sottolinea mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), al microfono di Lucas Duran:

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R. – C’è coscienza che il processo di unificazione è un fatto storico, proprio la sfida irachena ci dice quanto sia necessario che l’umanità faccia un salto di qualità e l’Europa deve contribuire a questo salto di qualità. Cioè, noi siamo molto tristi che il mondo debba regolare i suoi problemi attraverso la violenza e le armi. Non so se l’Europa sarà capace di portare una novità in questo campo. Ovviamente, ci sono timori economici: pensiamo al capitolo dell’agricoltura e al timore che l’agricoltura dei Paesi dell’est non sopporti la concorrenza con l’agricoltura di altri Paesi. O, un altro timore è il fatto che soprattutto i Paesi dell’Est pensano che i propri valori tradizionali potrebbero subire un attacco, una corruzione nel confronto con l’Occidente. E quindi, questi sono i timori che anche le Chiese conoscono, con cui le Chiese si confrontano, anche se tutti gli episcopati – pur tenendo presente questo – hanno sempre incoraggiato il processo dell’unificazione perché ritengono che un processo che favorisce la stabilità, favorisce la pace, favorisce la giustizia e con questo risponde al senso anche profondo del Vangelo.
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La firma di Atene è dunque una conquista, una pietra miliare nel percorso di integrazione europea. Non mancano, tuttavia, le difficoltà per un’organizzazione che ora dovrà far fronte a sfide nuove, come spiega il prof. Augusto Sinagra, docente di diritto dell’Unione europea, all’Università “La Sapienza” di Roma:
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R. – Quello che è rilevante considerare sono i problemi che questo comporta, problemi di adattamento delle strutture, di rimodellamento degli organi, della rappresentanza. Io non so se quello che è stato già fatto a Nizza possa dare un risultato sufficiente, nel senso di garantire all’Unione Europea di conservare quel tanto o poco di capacità decisionale, in presenza di un allargamento che si pone quasi in termini di raddoppio. Rimane il fatto positivo che, comunque, nell’ambito della famiglia europea si vengano a riprendere colloqui, contatti e rapporti con realtà geografiche, con realtà culturali, con realtà di grande civiltà che, a causa delle vicende conseguenti alla Seconda Guerra Mondiale, sono state nettamente separate per diversi decenni dal contesto che era pure unitario dell’Europa, in termini culturali, in termini di civiltà e in termini di tradizione, di religione … Non per nulla il Pontefice pone l’accento, a proposito dei lavori dell’elaboranda Costituzione europea, sulla necessità di un riferimento a quelle che sono le radici cristiane dell’Europa, che vuole significare la rivendicazione di una civiltà profonda che nasce da noi con il Cristianesimo, dopo l’era dell’Impero romano.
D. – Le strutture comunitarie, pensate per un numero ristretto di Paesi, reggeranno al peso di un’organizzazione così ampliata rispetto alla versione originaria?
R. – Personalmente ne dubito, perché per quanto si possano e si debbano modificare i sistemi e le procedure di voto, per quanto si debbano e si possano modificare le strutturazioni dei diversi organi e i rapporti interorganici, rimarrà oggettivamente difficile o difficoltoso raggiungere e determinare un momento decisionale, quando si passa da 15 voci a 25 voci. Quindi con un insieme di altri Stati, i quali sono portatori, anche legittimamente comprensibilmente, di istanze, di modi di vedere, di punti di vista differenti tra di loro, e differenti rispetto anche agli Stati già membri dell’Unione Europea.







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