2003-04-29 15:10:59

Nuovo Governo Palestinese


Con la nomina a premier di Abu Mazen, la politica palestinese potrebbe essere arrivata ad una svolta. Ma come abbiamo già anticipato, l’accordo sul nuovo governo – frutto di travagliate trattative con il presidente dell’Anp, Yasser Arafat – è stato già funestato dalla violenza. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Amos Radiàn, ambasciatore israeliano in Italia:

R. – La nascita del nuovo governo palestinese è stata un po’ difficile, problematica. È chiaro che per Arafat è difficile rinunciare al suo potere, che non vuole condividere con nessuno. Finora, Abu Mazen si è comportato in maniera abbastanza chiara, ma è ancora presto per poter giudicare. Bisogna aspettare e vedere.

D. – Qual è il primo passo che Israele si attende dal nuovo governo palestinese?

R. – Il primo passo deve essere fermare la violenza e controllare i gruppi che ne sono responsabili: sia i martiri di Al Aqsa, braccio armato di Al Fatah, che Hamas. Il nuovo responsabile per la sicurezza, Dahlan, è un uomo fortissimo ed ha il potere di farlo. Ma il problema, durante questi 2 anni di Intifada, non è stata l’incapacità di fermare le ondate di violenza da parte dell’Autorità palestinese: è stato, piuttosto, un problema di volontà. Ha usato la violenza come un mezzo politico, per premere Israele a fare concessioni. Adesso, spero che il nuovo governo di Abu Mazen capisca che è tempo di riprendere il processo di pace.

D. – A molti è sembrato che Sharon abbia ricominciato a parlare di pace quando, in Iraq, gli Stati Uniti stavano facendo cadere il regime di Saddam Hussein. Quanto è sincero questo desiderio di pace del governo israeliano?

R. – Gli israeliani non soltanto vogliono la pace, ma devono averla. Barak ha tentato la strada degli accordi di Camp David nel luglio del 2000, mentre Arafat ha compiuto una scelta strategica. Io sono al 100 per cento sicuro – così come la maggior parte degli israeliani – che Sharon vuole la pace e farà questi passi, anche dolorosi, verso di essa. Ma non possiamo farlo mentre, da parte palestinese, quasi ogni giorno si organizzano 10 attentati, uno dei quali riesce.
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Profondamente diverso, naturalmente, è il punto di vista palestinese. Sulla nascita del nuovo governo di Abu Mazen e sulle sue prospettive, anche in relazione al processo di pace, ascoltiamo allora il delegato palestinese in Italia, Nemer Hammad, intervistato da Sergio Centofanti:

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R. – Sicuramente, la nascita del governo palestinese è un passo importante, ma questo passo comporta la necessità da parte della comunità internazionale – in modo particolare da parte degli Stati Uniti – di chiedere ad Israele di mettere fine alla crescita degli insediamenti ed alle uccisioni che il governo israeliano ha compiuto fino ad oggi.

D. – Intanto, gli attentati kamikaze continuano ...

R. – È vero, ma noi riteniamo che tutti questi attentati siano contro la causa palestinese. Non c’è dubbio che siamo contrari a questi attentati. Auguriamo che quello di stamattina sia l’ultimo, e che possiamo finalmente aprire la strada verso la pace ed il rispetto reciproco.

D. – Però, gli israeliani accusano l’Autorità palestinese di non fare niente per fermare il terrorismo...

R. – Sarebbe meglio oggi, di fronte a questo attentato, dire basta alla violenza da entrambe le parti. Basta agli attentati kamikaze, ma basta anche al terrorismo di Stato israeliano. Per combattere il terrorismo, infatti, non basta una polizia forte, ma occorre affrontare le cause di questo fenomeno. Più ci sono umiliazioni per il popolo palestinese – più gli israeliani continuano a distruggere le case di cittadini palestinesi – e più cresce l’odio e la disperazione da parte del nostro popolo. Per questo, il successo di tutto il governo guidato da Abu Mazen richiede da entrambi le parti di fare il possibile: sia da parte palestinese, che da parte israeliana.






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