Oggi Benedetto XVI si collegherà con la Stazione spaziale internazionale
Oggi Benedetto XVI in collegamento con la Stazione spaziale internazionale in occasione
dell’ultima missione dello Shuttle Endeavour. Il contatto avverrà a partire dalle
13.11 e sarà trasmesso in diretta televisiva, grazie alla Nasa e all’Agenzia Spaziale
Europea, ed in streaming nel sito Internet della Radio Vaticana (www.radiovaticana.org)
e del Centro Televisivo Vaticano. Il Papa si rivolgerà agli astronauti presenti nella
Stazione spaziale, tra cui i due italiani Paolo Nespoli e Roberto Vittori, che ha
portato con sé la medaglia d’argento, dono di Benedetto XVI. Ascoltiamo l’ingegnere
Enrico Saggese, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, al microfono di Fabio Colagrande:
R. – La medaglia
d’argento con la creazione dell’uomo di Michelangelo viaggerà per sedici giorni sulla
Stazione spaziale e poi verrà riportata al Papa perché la conservi come un ricordo
anche di questa storica trasmissione, che speriamo veramente allarghi i cuori dei
nostri astronauti, e di questo colloquio del Papa con almeno nove dei dodici astronauti:
tre, purtroppo, dovranno rimanere al lavoro per gestire la Stazione spaziale, ma gli
altri nove si collegheranno con il Papa.
D. – Benedetto XVI avrà dunque un
collegamento satellitare audio-video con la Stazione spaziale…
R. – La Stazione
spaziale è ad un’altezza di circa 400 km sopra la Terra, quindi percorre un’orbita
intorno alla Terra in circa 90 minuti. Il collegamento con la Stazione spaziale avviene
tramite dei satelliti di rilancio dati, il Tdrss americano, un satellite in orbita
geostazionaria che si collega con la Stazione spaziale mentre questa viaggia nel cielo
e poi il segnale rinviato a terra viene portato fino in Vaticano. Quindi, in Vaticano
ci sarà la possibilità di vedere gli astronauti, di vedere le loro azioni in assenza
di gravità e di essere poi ascoltati da parte degli astronauti. Quindi, il messaggio
che il Papa manderà verrà ricevuto dagli astronauti stessi che si riuniranno appunto
per ascoltarlo. Il collegamento, quindi, sarà un collegamento audio e video e consentirà
poi una sua diffusione sulla rete della Nasa in maniera che questo collegamento sia
noto a livello mondiale. Esiste un collegamento che si chiama Nasa-tv che trasmette
in tempo reale tutte le immagini della Stazione spaziale e che chiunque sia interessato
alla Stazione spaziale può ricevere via internet. Quindi questo messaggio raggiungerà
non solo gli astronauti ma tutti coloro che hanno amore per lo spazio e che sono interessati
all’avventura dell’uomo nello spazio.
D. – Quanto durerà all’incirca questo
collegamento?
R. – Pensiamo di farlo durare 20 minuti: quindi, ci saranno sicuramente
messaggi che gli astronauti vorranno affidare al Santo Padre; c’è il tempo che il
Santo Padre utilizzerà, probabilmente, per informarsi, per dare, speriamo!, la sua
benedizione agli astronauti e magari per piccole domande e risposte tra gli astronauti
e il Santo Padre.
D. – Quindi è prevista anche una sorta di dialogo?
R.
– Per quello che riguarda l’evoluzione del suo messaggio, è tutto nelle mani del Santo
Padre: come vorrà veicolarlo e che tipo di colloquio intenderà instaurare, sapendo
che dall’altra parte abbiamo persone che viaggiano intorno alla Terra, la vedono dall’esterno,
vedono l’assenza di confini, vedono quello che l’uomo provoca sulla Terra e vedono
tutti i fenomeni naturali. Per cui, forse per questi aspetti sono più vicini di noi
ad una visione “cosmica” della Terra, oltre che per quelli religiosi come noi, ad
una visione religiosa dell’evento stesso.
D. – Da Giovanni XXIII in poi, i
Pontefici si sono sempre interessati alle missioni spaziali. Per lei, come presidente
dell’Agenzia spaziale italiana, che significato assume questo collegamento di Benedetto
XVI con la Stazione spaziale internazionale, in cui si trovano anche due astronauti
italiani?
R. – Per me, personalmente, ha un significato enorme perché io sono
credente e quindi avere la possibilità di questo collegamento con due italiani, in
questo momento storico è una cosa che mi emoziona moltissimo. Io seguirò il collegamento
e spero di riceverne un messaggio positivo anche per il prosieguo delle nostre attività.
Da un punto di vista tecnico, devo dire che è importante anche che avvenga in questo
momento, perché vi è uno strumento che è stato sviluppato da 600 scienziati nel mondo
e che è l'Alpha Magnetic Spectrometer, che va a vedere la presenza di antimateria
nell’Universo, a studiarne la composizione e l’origine. Quindi, si tratta di un collegamento
proprio nel momento in cui si monta uno strumento – uno strumento enorme, grande come
una stanza e che pesa più di otto tonnellate – che consentirà di comprendere meglio
l’origine dell’Universo, è un collegamento che in qualche modo unisce gli aspetti
tecnologici con gli aspetti religiosi. Quindi, sicuramente è foriero di tutta una
serie di interessanti evoluzioni per il futuro. (gf)
L’Alpha Magnetic Spectrometer,
portato sulla Stazione Spaziale Internazionale dallo Shuttle Endeavour, alla sua ultima
missione, è entrato in funzione ieri: si tratta di uno strumento straordinario creato
da un equipe internazionale coordinata dal Dipartimento dell'Energia statunitense.
L’Italia ha contribuito per il 25% al progetto attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana
e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Sul funzionamento del rivelatore, in grado
di cercare nel cosmo l'antimateria e la materia oscura, sentiamo Roberto Battiston,
astrofisico dell’Università di Perugia, responsabile scientifico italiano per il cacciatore
di antimateria Ams. L’intervista è di Fabio Colagrande:00:03:28:25
R. – Raccoglierà i dati ad un ritmo fenomenale: sarà cento, mille volte
più rapido di qualsiasi esperimento della stessa categoria che abbia mai operato nello
spazio. Le particelle arriveranno ad un ritmo di migliaia e migliaia al secondo, senza
sosta, giorno e notte, per i prossimi 20 anni. Il nostro obiettivo – ne abbiamo parecchi
di obiettivi scientifici, ma quello più affascinante, che maggiormente cattura l’immaginario
pubblico - è cercare, in questi miliardi e miliardi di particelle, quelle che rappresentano
le nuove forme di materia, che sono accertate dalle teorie ma non riproducibili in
laboratori. E’ come se noi, sopra Roma, avessimo un grandissimo acquazzone e, una
volta ogni dieci miliardi di gocce, ne cadesse una rossa e io sapessi coglierla al
volo, identificarla ed evidenziare, con questo, un fenomeno diverso dagli altri. Questo
è ciò che Ams farà nei prossimi anni, aspettando queste particelle rarissime ma importantissime.
D.
– Come mai l’attesa per i risultati di questo esperimento legato all’Ams è così grande
in tutto il mondo?
R. – Sappiamo che per ogni particella esiste la sua anti-particella,
ma dobbiamo anche ammettere che non capiamo come mai il mondo a noi vicino è fatto
solamente di materia. All’inizio dei tempi il Big Bang ha formato una parte di materia
ed una corrispondente parte simmetrica di antimateria. Che fine abbia fatto quest’antimateria
non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che tutti i nuclei di cui siamo fatti – il
carbonio, l’ossigeno ed anche l’elio – vengono dalla fusione all’interno delle stelle.
Il Big Bang non ha costruito il ferro, non ha creato il carbonio e l’ossigeno. Ha
creato perlopiù idrogeno, che poi, nelle prime stelle primordiali ha via via creato,
per fusione, come il nostro Sole, i nuclei più pesanti fino al carbonio, all’ossigeno,
fino a quello di cui siamo fatti noi oggi. Ora, se trovassimo degli ampi nuclei di
ossigeno e di carbonio cosa vorrebbe dire? Basta vederne uno e si ha la dimostrazione
che, da qualche parte nell’universo, esistono delle anti-stelle, degli anti-pianeti,
delle quantità enormi di antimateria e ristabiliremmo quella simmetria che a livello
microscopico osserviamo quotidianamente al Cern o a Frascati o nei grandi generatori
di particelle, ma che a livello di universo sembra sparita.
D. – Da queste
ricerche, quindi, quali importanti risultati potrebbero trarsi?
R. – I risultati
sono principalmente di carattere scientifico. Noi siamo letteralmente immersi e attraversati
- anche nella stanza in cui lei si trova - da particelle di materia oscura che sappiamo
esistere ma non sappiamo come siano fatte e che cerchiamo di rilevare in tutti i modi
possibili, ad esempio, con esperimenti nel grande laboratorio del Gran Sasso – creato
da Antonino Zichichi -, nello spazio, al Cern di Ginevra. In condizioni diverse, cerchiamo
di capire di cosa è fatta questa materia oscura che, ricordiamo, è sei volte più abbondante
della materia di cui siamo fatti. Noi, quindi, siamo costituiti da una materia minoritaria.
Se riuscissimo a capire, con Ams, da alcuni segnali che ci aspettiamo dallo spazio,
di cosa è fatta la materia oscura, avremmo fatto un passo avanti gigantesco. Naturalmente
questi sono gli obiettivi scientifici che hanno motivato la collaborazione internazionale
di 600 persone, ma ci sono tantissime applicazioni e ricadute. Pensiamo solamente
a tutte le applicazioni nell’utilizzo dei campi magnetici nello spazio oppure dell’elettronica
che resiste alla radiazione all’esterno dell’atmosfera, o a cose più futuristiche
e avveniristiche: stiamo studiando la possibilità di creare degli scambi magnetici
per proteggere gli astronauti dalle particelle cosmiche – le stesse che studiamo con
Ams – per permettere loro di poter stare a lungo nello spazio. E’ un problema attualmente
irrisolto ma che dev’essere risolto se vogliamo veramente andare su Marte o sulla
Luna. (vv)