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Sommario del 28/03/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa all’Onu: impegnarsi per un mondo senza armi nucleari

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La pace non può essere basata sulla "minaccia di distruzione reciproca", ma deve fondarsi sulla "giustizia" e sullo "sviluppo umano integrale". Occorrono "strategie lungimiranti" e la "piena applicazione del Trattato di non proliferazione nella lettera e nello spirito". E’ la riflessione centrale del Messaggio che il Papa ha inviato alla Conferenza dell’Onu riunita fino a venerdì a New York, con lo scopo di negoziare uno strumento legalmente vincolante che porti ad eliminare totalmente le armi nucleari. Il servizio di Gabriella Ceraso

“Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca – e potenzialmente di tutta l’umanità – sono contraddittori con lo spirito stesso delle Nazioni Unite”. Il Papa lo sottolinea nel suo messaggio citando il Preambolo e il primo articolo della carta dell’Onu che indicano le “fondamenta della costruzione giuridica internazionale” ovvero “la pace, la soluzione pacifica delle controversie e lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra le nazioni”.

Lavoriamo per un mondo senza armi nucleari: applichiamo i Trattati
Da qui l’incoraggiamento a chi a New York sta lavorando in questi giorni: impegnarsi per un mondo senza armi nucleari, “applicando pienamente il Trattato di non proliferazione”, come disse lo stesso Papa all’Assemblea Generale della Nazioni Uniti il 25 settembre di due anni fa.

Ma “perché porsi questo impegnativo e lungimirante obiettivo nell’attuale scenario internazionale” in cui prevale un clima di “conflittualità”, che è sia “causa che indicazione delle difficoltà che si riscontrano nel promuovere e rafforzare il processo di disarmo e di non proliferazione nucleari?”

Armamenti incapaci di rispondere alle sfide di oggi e pericolosi
Nel mondo “multipolare del XXI secolo”, fa notare il Papa, la deterrenza nucleare risulta non solo “inadeguata” a rispondere con efficacia alla principali minacce alla pace e alla sicurezza con le loro molteplici dimensioni “– il terrorismo, i conflitti asimmetrici, la sicurezza informatica, la povertà - ma ha anche “conseguenze umanitarie e ambientali catastrofiche”, “indiscriminate” e “incontrollabili”.

Il Papa esprime inoltre la preoccupazione per lo spreco di risorse per il nucleare a scopo militare che potrebbero essere utilizzate per “priorità più significative”, tra cui anche l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Ma c’è anche da chiedersi “quanto sia sostenibile un equilibrio basato sulla paura”. Da qui il cuore della riflessione del Pontefice.

Il fondamento della pace non è la paura nè la falsa sicurezza, ma la giustizia
“Pace” e “stabilità” non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento. La pace, sottolinea il Papa, “deve essere costruita sulla giustizia, sullo sviluppo umano integrale, sul rispetto dei diritti umani fondamentali, sulla custodia del creato, sulla partecipazione di tutti alla vita pubblica, sulla fiducia fra i popoli, sulla promozione di istituzioni pacifiche, sull’accesso all’educazione e alla salute, sul dialogo e sulla solidarietà”.

Servono strategie lungimiranti, dialogo condiviso, non isolazionismo
E’ per questo che “abbiamo bisogno di andare oltre la deterrenza nucleare”. Il Papa chiede alla comunità internazionale dunque l’adozione di “strategie lungimiranti” e il rifiuto di “approcci miopi” ai problemi di sicurezza nazionale e internazionale. Ma per il Pontefice la "sfida" e "l’imperativo morale e umanitario" di eliminare totalmente le armi nucleari, hanno bisogno anche di “una riflessione su un’etica della pace e della sicurezza cooperativa multilaterale che vada al di là della paura e dell’isolazionismo” prevalenti. Il “destino condiviso dell’umanità” richiede, afferma il Papa, di “rafforzare, con realismo il dialogo e costruire e consolidare meccanismi di fiducia e di cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari”.

Un mondo senza armi nucleari non è fuori della nostra portata
Fiducia reciproca dunque, dialogo orientato al bene comune e “non verso la tutela di interessi velati o particolari” è quanto ribadisce Francesco, un “dialogo inclusivo” tra Stati, società civile, Organizzazioni e comunità religiose, che sia privo di “polarizzazioni “ e di “recriminazioni”. L’umanità, scrive il Papa, ha la “capacità di lavorare insieme, la capacità di guidare e dirigere la tecnologia", così come di "limitare il nostro potere", e di "metterli al servizio di un altro tipo di progresso: più umano, più sociale e più integrale”.

Un mondo senza armi nucleari, conclude Francesco rivolto ancora ai partecipanti alla Conferenza dell’Onu su cui invoca la Benedizione dell’Onnipotente, è un “obiettivo di lungo periodo estremamente complesso”, ma “non è al di fuori della nostra portata”.

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Papa: fede è andare avanti con la vita che si ha, l'accidia paralizza

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Credere in Gesù è prendere la vita così com’è e andare avanti con gioia, senza lamentele, senza lasciarsi paralizzare dal brutto peccato dell’accidia: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti

Al centro dell’omelia del Papa, il Vangelo odierno del paralitico guarito da Gesù. Un uomo malato da 38 anni, giaceva ai bordi di una piscina a Gerusalemme, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali c’erano un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si diceva che, quando scendeva un angelo e agitava le acque, i primi che s’immergevano venivano guariti. Gesù, vedendo quest’uomo, gli dice: “Vuoi guarire?”:

“E’ bello, Gesù sempre dice questo a noi: Vuoi guarire? Vuoi essere felice? Vuoi migliorare la tua vita? Vuoi essere pieno dello Spirito Santo? Vuoi guarire?’, quella parola di Gesù… Tutti gli altri che erano lì, infermi, ciechi, zoppi, paralitici avrebbero detto: ‘Sì, Signore, sì!’. Ma questo è un uomo strano, gli rispose, a Gesù: ‘Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita mentre infatti sto per andarvi un altro scende prima di me’. La risposta è una lamentela: ‘Ma guarda, Signore, quanto brutta, quanto ingiusta è stata la vita con me. Tutti gli altri possono andare e guarire e io da 38 anni che cerco ma’…”.

Quest’uomo – osserva il Papa - era come l’albero piantato lungo i corsi d'acqua, di cui parla il primo Salmo, “ma aveva le radici secche” e “quelle radici non arrivavano all’acqua, non poteva prendere la salute dall’acqua”:

“Questo si capisce dall’atteggiamento, dalle lamentele e anche sempre cercando di dare la colpa all’altro: ‘Ma sono gli altri che vanno prima di me, io sono un poveraccio qui da 38 anni…’. Questo è un brutto peccato, il peccato dell’accidia. Quest’uomo era malato non tanto dalla paralisi ma dalla accidia, che è peggio di avere il cuore tiepido, peggio ancora. E’ vivere ma perché vivo e non avere voglia di andare avanti, non avere voglia di fare qualcosa nella vita, aver perso la memoria della gioia. Quest’uomo neppure di nome conosceva la gioia, l’aveva persa. Questo è il peccato. E’ una malattia brutta: ‘Ma sono comodo così, mi sono abituato… Ma la vita è stata ingiusta con me…’. E si vede il risentimento, l’amarezza di quel cuore”.

Gesù non lo rimprovera, ma gli dice: “Alzati, prendi la tua barella e cammina”. Il paralitico guarisce, ma poiché era sabato, i dottori della Legge gli dicono che non gli è lecito portare la barella e gli chiedono chi l’abbia guarito in questo giorno: “Va contro il codice, non è di Dio quell’uomo”. Il paralitico - nota il Papa - non aveva neanche detto grazie a Gesù, non gli aveva chiesto nemmeno il nome: “Si è alzato con quell’accidia” che fa “vivere perché è gratis l’ossigeno”, fa “vivere sempre guardando gli altri che sono più felici di me” e si è “nella tristezza”, si dimentica la gioia. “L’accidia - spiega il Papa - è un peccato che paralizza, ci fa paralitici. Non ci lascia camminare. Anche oggi il Signore guarda ognuno di noi, tutti abbiamo peccati, tutti siamo peccatori ma guardando questo peccato” ci dice: “Alzati”:

“Oggi il Signore a ognuno di noi dice: ‘Alzati, prendi la tua vita come sia, bella, brutta come sia, prendila e vai avanti. Non avere paura, vai avanti con la tua barella’ – ‘Ma Signore, non è l’ultimo modello…’. Ma vai avanti! Con quella barella brutta, forse, ma vai avanti! E’ la tua vita, è la tua gioia. ‘Vuoi guarire?’, prima domanda che oggi ci fa il Signore? ‘Sì, Signore’ – ‘Alzati’. E nell’antifona all’inizio della Messa c’era quell’inizio tanto bello: ‘Voi che avete sete venite alle acque - sono acque gratis, non a pagamento - Voi dissetatevi con gioia’. E se noi diciamo al Signore ‘Sì, voglio guarire. Sì, Signore, aiutami che voglio alzarmi’, sapremo com’è la gioia della salvezza”.

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Tweet: alla luce dello Spirito Santo, ci accorgiamo che tutto è grazia

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In un nuovo tweet, pubblicato sull'account @Pontifex in nove lingue, il Papa scrive "Se impariamo a leggere ogni cosa con la luce dello Spirito Santo, ci accorgiamo che tutto è grazia!".

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Nomine

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Per le nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Parolin: rilanciare agricoltura perché ci sia cibo per tutti

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La persona sia al centro del settore agricolo. Questo l’appello del cardinale segretario di Stato Parolin, in una lettera indirizzata a Janez Potocnik, presidente del X Forum per il futuro dell’Agricoltura promosso a Bruxelles. Estendendo a tutti i partecipanti il saluto del Papa, il porporato invoca ogni sforzo affinché ciascun Paese “accresca le proprie risorse per arrivare all’autosufficienza alimentare”. La sintesi di Paolo Ondarza

Serve “un maggiore impegno a favore del settore agricolo non solo nel migliorare i sistemi di produzione o di commercializzazione, ma soprattutto nel porre l’accento sul diritto di ogni essere umano ad avere accesso a un cibo sano e sufficiente e ad essere nutrito in misura dei propri bisogni”. E’ la convinzione espressa nella lettera del card. Parolin al presidente del X Forum per il futuro dell’Agricoltura in programma oggi a Bruxelles.

Collocare la persona al centro di ogni azione
“Sempre più si evidenzia la necessità di collocare al centro di ogni azione la persona, sia essa soggetto del lavoro agricolo, operatore economico o consumatore”.  Suggerendo un approccio che evidenzi la “stretta relazione tra agricoltura, custodia del creato, crescita economica, sviluppo e bisogni della popolazione mondiale”, il porporato ha chiesto una maggiore attenzione alle aree del globo più vulnerabili, in cui le persone sono “escluse dai processi produttivi” e spesso “costrette a lasciare le loro terre” in cerca di rifugio e speranza di vita.

Serve maggiore attenzione per aree più vulnerabili
Il riferimento è - in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile – a quei Paesi dove l’attività agricola resta carente,  non sufficientemente diversificata e quindi inadeguata a rispondere al contesto ambientale o al mutamento climatico. Pensando a queste aree il card. Parolin ha menzionato i “bassi livelli di occupazione” e la “malnutrizione, anche cronica, per milioni di esseri umani”. 

Ogni Paese arrivi all’autosufficienza alimentare
Forte l’appello ad una maggiore responsabilizzazione, e a non cedere allo scoraggiamento di fronte alla strada da percorrere: “Ogni sforzo  - ha aggiunto il Segretario di Stato Vaticano  - va orientato innanzitutto a fare in modo che ogni Paese accresca le proprie risorse per arrivare all’autosufficienza alimentare, pensando a nuovi modelli di sviluppo e di consumo, facilitando forme di organizzazione comunitaria che valorizzino i piccoli produttori e preservino gli ecosistemi locali e la biodiversità”. La soluzione non è imporre “un modello di produzione a tutto vantaggio di gruppi ristretti”, “né  pensare al lavoro agricolo partendo dai risultati ottenuti dalla ricerca in laboratorio”. Un tale approccio infatti pur essendo fonte di immediato vantaggio per alcuni, può recare danno ad altri.

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La tecnologia che fa bene all'uomo in un libro di p. Larrey

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Una tecnologia al servizio della giustizia e della pace, ispirata ai “Core Values”, i valori fondamentali della civiltà umana. E’ quanto emerge nel libro di padre Philip Larrey dal titolo “Connected world”, che cerca di mostrare attraverso interviste ai leader di alcune aziende i benefici e i rischi della digitalizzazione. Un tema di estrema attualità che interpella anche la Chiesa. Alla presentazione del volume, presso la sede della nostra emittente, c’era per noi Cecilia Seppia

Un dialogo fatto di serratissimi botta e risposta con i leader e i magnati dell’industria tecnologica mondiale che con i loro prodotti, consapevolmente o meno stanno modellando le abitudini dell’uomo fino ad orientare il corso della sua esistenza. Nessuno esce più di casa senza il cellulare, niente viene fatto senza l’ausilio di un’App che ci chiama il taxi, ci mostra il meteo, ci prenota un viaggio ma i pericoli della rivoluzione digitale sono sempre in agguato. Per esempio, “privacy is over”, la riservatezza è finita, per dirla con una frase di  Marshall McLuhan ma di fatto vivere in un mondo connesso e automatizzato ha anche i suoi vantaggi. L’autore del libro, padre Philip Larrey:

“Penso che anche attraverso la tecnologia noi stiamo in qualche modo alterando la natura umana, soprattutto con l’uso della nano-tecnologia, della robotica e dell’intelligenza artificiale, e credo che questa sia la sfida del domani. Si vede che ci sono tantissime cose positive: la maggioranza di questi cambiamenti sono positivi; bisogna però essere non ingenui, prudenti e soprattutto mettere la persona al centro”.

Un cambiamento epocale quello che corre, velocissimo sui binari della tecnologia digitale, della globalizzazione e dei big data e che porta nelle nostre case robot, macchine, intelligenza artificiale capaci di aiutarci nelle attività quotidiane, ma sostiene il cardinale George Pell prefetto della Segreteria per l’Economia sono pur sempre computer, privi di coscienza, incapaci di pensare e provocare il bene o il male o di sfuggire al controllo umano. Quello che bisogna comprendere è che la tecnologia se usata nel modo giusto è opportunità: basta pensare al lavoro in più e alle possibilità occupazionali che è riuscita a creare. Il card. George Pell:

“Abbiamo fatto un progresso enorme contro la povertà grazie proprio alla tecnologia: anche qui, in Europa. Il livello della vita adesso è molto superiore, economicamente: molto superiore, se si pensa a 100-200 anni fa. Per esempio in Asia milioni sono entrati nella prosperità: il numero degli analfabeti è molto, molto diminuito. No, no: c’è una disuguaglianza, ma tanti sono fuggiti dalla povertà”.

Ruolo delle aziende che producono tecnologia è allora conciliare i valori di business con quelli sociali, alla base della civiltà umana, tornare ad investire nel futuro senza sguardi apocalittici per una crescita economica forte, stabile, sostenibile provando a gestire il lato oscuro della tecnologia. D’altra parte ha detto Marcella Logli, direttore Corporate Shared Value di Tim, anche un coltello se usato male può uccidere, anche il fuoco se non contenuto può incendiare e distruggere. Serve una responsabilità sociale, fare il bene insieme all’affare. Ancora il card. Pell:

“Qualunque sistema di valori, è importante che sia trasmesso alle generazioni future e noi dobbiamo entrare in questo mondo. Tanti vogliono bene alla società, tanti cercano la verità. Io ho incontrato una delegazione di Silicone Valley: sono venuti qui precisamente per discutere di questi temi. Soltanto le persone sono buone o cattive: le macchine non sono cattive …”.

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Un anno fa moriva Madre Angelica, fondatrice di Ewtn

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“Un’annunciatrice del Vangelo sine glossa”. Così l’ arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha ricordato ieri pomeriggio Madre Maria Angelica dell’Annunciazione, clarissa, fondatrice nel 1981 dell’Eternal World Television Network (Ewtn). Lo ha fatto in occasione della Messa celebrata in lingua inglese nella Basilica Vaticana presso l’altare di San Giuseppe, ad un anno esatto dalla morte della religiosa. Presente l’intera squadra di Ewtn Roma. 

Madre Angelica, una vita riempita dall’incontro con Gesù
“La vita di madre Angelica è stata piena”, ha ricordato mons. Fisichella, “è stata una donna di fede e il senso della sua esistenza  è stato l’incontro con Gesù “. Da questo sentirsi guardata e chiamata da Lui - ha osservato - è scaturita la sua vocazione. “Dio ti ha scelto dall’eternità. Proprio tu. Proprio ora per cambiare il mondo”, amava ripetere Madre Angelica a chi prestava servizio per Ewtn.

 Madre Angelica continua a vivere nella sua opera
“Oggi Madre Angelica – ha proseguito il presidente del dicastero vaticano, rivolto ai giornalisti del network fondato dalla religiosa - continua a vivere nelle vostre testimonianze e la sua vocazione vive con le vostre capacità e volontà di annunciare il Vangelo di Cristo”. Ewtn è oggi uno dei più grandi network religiosi del mondo in 144 differenti nazioni con trasmissioni 24 ore su 24, e editrice, tra gli altri, del National Catholic Register, di Catholic News Agency e di Aci Stampa. (A cura di Paolo Ondarza

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Oggi in Primo Piano



Yemen: a due anni dall'inizio della guerra oltre 10 mila morti

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A due anni dal suo inizio, quella in Yemen rischia di diventare una guerra dimenticata, pur facendo registrare un bilancio drammatico. Oltre 10 mila le vittime, molte delle quali bambini, mentre l’emergenza umanitaria si fa sempre più grave. Milioni gli sfollati. Il servizio di Giancarlo La Vella

E’ ancora lontana la fine del conflitto che da 24 mesi oppone in Yemen la coalizione araba a guida saudita e i ribelli sciiti houthi. Anzi, lo scontro armato rischia di acuirsi stando alle ultime intenzioni dell’amministrazione americana Trump di scendere in campo a fianco della coalizione. Ma qualsiasi guerra vuol dire disperazione, che va a colpire la popolazione civile, soprattutto le fasce più deboli. Ieri, nel centro della capitale Sana’a, controllata dai ribelli, migliaia di persone sono scese in piazza, probabilmente esortate dagli stessi houthi, per chiedere la fine del conflitto e in appoggio all’ex presidente Saleh. La situazione è al collasso e sono i più indifesi, i bambini, a morire giorno dopo giorno. Secondo l’Unicef, sono quasi 500 mila i minori in pericolo di vita a causa della povertà, della fame e delle malattie. Anche il sistema sanitario è praticamente paralizzato. L’agenzia Fides riporta una notizia che rappresenta un severo monito per la comunità internazionale: ogni 10 minuti un bambino muore a causa dell’inadeguatezza delle cure. A questo dramma si aggiunge l’aumento incontrollato delle coltivazioni di “qat”, una pianta allucinogena, che già dal 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato come droga. Ce ne parla Eleonora Ardemagni, esperta di Medio Oriente dell’Ispi, Istituto di Politica Internazionale:

R. – La coltivazione del qat è una produzione tradizionale dello Yemen, che nei decenni ha sostituito la coltivazione del caffè, in quanto l’esportazione di quest’ultimo non era più conveniente al contrario di quanto accade invece con il qat. L’aspetto che appare  più preoccupante in questa fase di guerra civile senza fine è che il consumo interno di questa foglia allucinogena, secondo i dati a disposizione, sta aumentando. Quindi ci sono due piani. Il primo piano di lettura è quello prettamente economico. Da sempre il qat è stata una fonte di finanziamento per le tribù dello Yemen, soprattutto per le tribù delle aree più rurali, più remote, più distanti dallo Stato centrale, dal governo e dal welfare. Questo significa appunto che attraverso la coltivazione del qat e il suo contrabbando in Paesi vicini  - in Yemen è legale, ma per esempio non lo è in altri Stati – le tribù locali possono finanziarsi. Quindi - secondo aspetto - in un contesto di guerra civile produrre più qat ed esportarne di più significa finanziare anche la guerra, finanziare una guerra che ha tante dimensioni. Ha sì una dimensione di bombardamenti, ma anche una dimensione di guerriglia quotidiana sul terreno che necessita costantemente, purtroppo, di esser finanziata.

D. - Chi sono i maggiori utilizzatori di qat?

R. - In particolare nella fazione ribelle sono tanti i soldati, anche bambini, che vengono utilizzati. Quindi in un contesto di povertà estrema dilagante, di un conflitto senza fine, anche l’utilizzo, purtroppo, di questa foglia stimolante è anche uno strumento per la prosecuzione quotidiana della guerriglia.

D. - Attraverso l’esportazione illegale di questo allucinogeno, anche l’Occidente rischia secondo lei involontariamente di finanziare questa guerra?

R. - Non so se il qat raggiunga i mercati occidentali. Il suo consumo è diffuso, ad esempio, nel Corno d’Africa, in Paesi già molto poveri, e va anche verso il Golfo. Al momento credo che il fenomeno dell’esportazione del qat sia un legato maggiormente alla sfera regionale e comunque il dato che emerge è l’aumento del consumo interno.

D. - La coltivazione del qat ha un particolare impatto ambientale in un Paese già stremata dai bombardamenti, dalla guerra?

R. - Sì, tra l’altro la coltivazione del qat necessita di moltissima acqua. Quindi circa il 40 percento dell’acqua, che viene destinata per usi agricoli, viene utilizzata dagli yemeniti proprio per coltivare questa foglia. Tra l’altro lo Yemen è un Paese in crisi idrica già prima del confitto e lo è ancora di più adesso. L’accesso all’acqua potabile in alcune aree non è garantito, per cui l’aumento della coltivazione del qat ha anche degli effetti preoccupanti proprio sulla sostenibilità dell’intero sistema agricolo e idrico del Paese.

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Giordania. Domani vertice su Siria e questione israelo-palestinese

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Saranno la guerra in Siria e il conflitto israelo-palestinese gli argomenti principali al summit della Lega Araba in programma domani in Giordania. Attesa la partecipazione dei leader di 16 Paesi della regione e rappresentanti di Usa, Russia e Nazioni Unite. In Siria intanto è stata dichiarata sicura la diga di Tabqa, che nei giorni scorsi era stata definita a rischio crollo per i bombardamenti della coalizione internazionale. Massimiliano Menichetti ha intervistato Claudio Lo Jacono presidente dell'Istituto per l'Oriente: 

R. - Naturalmente ogni tentativo di dialogo è positivo e la presenza anche dell’Arabia Saudita dà una certa autorevolezza. Sembra quasi che la monarchia Saudita voglia farsi interprete anche nei confronti degli Stati Uniti, delle eventuali decisioni positive sul cessate il fuoco. Solo che il solito problema è che in Siria c’è una guerra in atto con molti attori e si sta combattendo per la famosa presa di Raqqa. Si parla dell’arrivo di contingenti statunitensi ulteriori, anche con artiglierie, in vista di questo scontro che tra l’altro mette in ballo la sicurezza di una diga sull’Eufrate, quella di Tabqa, che da una parte si dice sia stata danneggiata ma gli americani dicono che non corre rischio di rottura. Dunque, ben vengano questi colloqui ma io sono abbastanza pessimista sul atto che si possa arrivare a un cessate il fuoco effettivo.

D. - Un altro focus al vertice quello sul conflitto israelo-palestinese?

R . -Anche qui le cose sono abbastanza malmesse. Con Oabam sembrava che si fosse imboccato il viale del “due popoli-due Stati” che probabilmente è l’unica via possibile  in quella regione però la nuova presidenza Trump ha iniziato con una dichiarazione di totale sostegno di Israele. Sembrava addirittura che si fosse a un passo dal trasferire la rappresentanza diplomatica statunitense da Tel Aviv dove è a Gerusalemme. Poi, in realtà, c’è stato un passo indietro, c’è stata una telefonata con Abu Mazen di Trump: “La pace è possibile, si può arrivare a una pace…”. In realtà, la pace è minata fondamentalmente dalla politica dei coloni israeliani nei territori cisgiordani, cioè quelli palestinesi occupati dopo il l’67.

D. – Su tutto questo rimane l’ottimismo di fondo però di Abu Mazen?

R.  – L’ottimismo di Abu Mazen… Mi sembra anche abbastanza intelligente cercare anche un accordo con Trump che comunque sia è un importante protagonista mondiale e comunque un’importante alleato di Israele e non ha scelto la via dell’urto con il nuovo presidente, che tuttavia, mi sembra, dal punto di vista della politica estera e della politica nell’area vicino orientale abbia veramente poca esperienza.

D. – Ieri da Bruxelles proprio il presidente dell’autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha lanciato un appello per riaprire i negoziati, ad Israele ha detto: “Non getti via le opportunità per riaprire il dialogo di pace”…

R. - Mi sembra che sia una dichiarazione per accreditarsi come persona concreta. Pragmatica, collaborativa, ma le difficoltà stanno lì tutte sul terreno. Il coltello dalla parte del manico non ce l’ha Abu Mazen in questo momento.

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Brasile. No dei vescovi a riforma pensioni: penalizza deboli

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I vescovi brasiliani scendono in campo contro la riforma delle pensioni presentata al Congresso dal Governo Temer che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni e invitano i cristiani a mobilitarsi in difesa dei più vulnerabili. Secondo i presuli, con il progetto l’Esecutivo ha “scelto la strada dell’esclusione sociale”. In questo senso si esprime una nota della presidenza della Conferenza episcopale (Cnbb) presentata alla stampa al termine della riunione del Consiglio permanente a Brasilia. 

La nuova politica di austerity decisa per fare fronte alla crisi economica
Dopo l’approvazione al Congresso del congelamento delle spese pubbliche per i prossimi 20 anni, il Presidente Michel Temer, subentrato l’estate scorsa alla deposta  Dilma Rousseff,  ha fatto della riforma del sistema previdenziale un altro punto focale della sua nuova politica di austerità per affrontare la grave crisi economica del Paese, che in due anni ha registrato un calo del Pil del 7,2%.

La previdenza non è un privilegio, ma un diritto
Nella nota i vescovi brasiliani si dicono preoccupati dal progetto, sottolineando che la “previdenza non è una concessione del governo o un privilegio”, ma una conquista democratica. “Ogni minaccia a questi diritti deve quindi essere  respinta”, affermano.

Dal Governo cifre imprecise
Secondo l’Esecutivo, la riforma è resa necessaria dal deficit delle casse previdenziali.  Cifre peraltro contestate dalle parti sociali e anche da parlamentari vicini al Governo. Da parte sua , la Cnbb obietta che “non si possono prendere decisioni su un tema così complesso, basandosi su informazioni non sicure, decontestualizzate, se non contraddittorie”. (A cura di Lisa  Zengarini)

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Convegno Caritas,Turkson: non c'è pace dove non c'è lavoro

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La relazione del card. Peter Turkson, presidente del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sul tema: "Quale sviluppo umano integrale?", ha aperto stamattina a Castellaneta, Taranto, la seconda giornata del 39.esimo Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Citando il discorso del Papa ai leader europei, Turkson ha affermato che “non c’è vera pace quando ci sono persone emarginate o costrette a vivere nella miseria. Non c’è pace laddove manca lavoro o la prospettiva di un salario dignitoso. Non c’è pace nelle periferie delle nostre città, nelle quali dilagano droga e violenza”. “Non c’è pace - ha detto ancora - quando la politica da servizio, opera di carità e dedizione al bene comune, diventa farsa, fonte di arricchimento. Non c’è pace quando la vita umana e la famiglia sono relativizzate, minacciate”. Nella giornata poi testimonianze, tavoli di lavoro e la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto. Circa 220 le Caritas rappresentate. Ma a fare da punto di partenza per la riflessione di questi giorni è la realtà della Puglia, un concentrato dei grandi nodi dello sviluppo attuale. Adriana Masotti ne ha parlato con il Delegato regionale delle Caritas pugliesi, don Domenico Francavilla, presente al Convegno: 

R. – Effettivamente la scelta della Puglia, se da un lato può sembrare casuale nella rotazione annuale delle regioni, dall’altro lato presta materiale per quella che è la nostra riflessione. La Puglia può diventare un microcosmo, può diventare anche un laboratorio dove si torna a mettere al centro la persona umana con tutti i suoi legami e agganci, a partire da quello con l’ambiente, le attenzioni che bisogna avere nei confronti del lavoro, che molto spesso manca soprattutto per i giovani o è un lavoro non legale, o con quella che è una caratteristica e peculiarità della Puglia, terra di migrazioni, di persone che vanno via, ma anche di tante persone che sono arrivate o continuano ad approdare nella nostra terra. Inoltre, è importante l’attenzione alla malattia, molte volte indotta anche da una scarsa attenzione a tutti quei processi che possono alterare e danneggiare l’equilibrio umano.

D. - In tutto questo, qual è la presenza delle Caritas, in riferimento proprio alle realtà della Puglia?

R. - Nello specifico ci sono dei progetti che hanno come obiettivo quello della custodia del Creato, di un recupero della dimensione del lavoro per la restituzione della dignità dell’uomo, progetti che integrano migranti, ex detenuti o detenuti. Qui, in questi giorni, in modo particolare avremo modo di visitare alcune delle opere che si sono sviluppate in questi luoghi, intorno all’area di Castellaneta e di Taranto: una mensa, un emporio della solidarietà a Brindisi e Oria, ma anche luoghi come case famiglia, case per padri separati e, soprattutto, quei progetti intorno all’area di Taranto che tengono conto della possibilità di un recupero dell’ambiente. Ad esempio, c’è un progetto con il Centro di Educazione alla mondialità di padre Nicola Preziuso; un progetto “Tamburi per Tamburi “della Caritas diocesana di Taranto in uno dei quartieri che affiancano il cantiere dell’Ilva e poi un progetto dell’ associazione “Beati voi” con l’istituzione di un ristorante “Art. 21” che dà lavoro, appunto, a detenuti e a migranti.

D. - Per portare avanti tutti questi progetti ci vogliono anche le persone, oltre che i finanziamenti …

R. – Una delle peculiarità delle Caritas pugliesi è che si affidano molto al volontariato e la risposta è ancora positiva da parte di tante persone, anche giovani.

D. - Come spesso ci ricordate voi che lavorate nelle Caritas, la Caritas è comunque un organismo che vuole educare e sensibilizzare, non solo fare …

R. - Senza dubbio, questo è il punto di partenza. La prima forma di investimento è quella non solo di informare, ma di coinvolgere la comunità nella gestione di questi servizi, di aiutare a vedere quelle che sono le situazioni di povertà e ad accompagnare questo sguardo con la misericordia. È questo quello che continuiamo a comunicare alle nostre comunità ecclesiali perché non è solo qualche delegato o qualche volontario a dover svolgere l’azione caritativa ma, come stiamo dicendo in questi giorni, è tutto il corpo di Cristo che cresce nella carità.

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Ue a Vienna: fuori legge il ritiro da piano ricollocamento

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Comprensione: è quanto chiede Vienna all'Unione europea sulla questione migranti. Il cancelliere austriaco, il socialdemocratico Christian Kern, scriverà una lettera alle autorità europee per chiarire l'intenzione dell'Austria di voler disapplicare il piano di ricollocamento dei migranti.  Ma da Bruxelles la risposta è stata secca. Francesca Sabatinelli:

 
Nessun Paese può ritirarsi unilateralmente, significherebbe essere fuori legge, il che sarebbe deplorevole e non senza conseguenze: la Commissione europea per la migrazione punta il dito contro l’annuncio dell’Austria di volersi ritirare dal piano europeo di ricollocamenti, definito da Bruxelles “elemento essenziale” della solidarietà europea sui migranti e che riguarda 160 mila persone da ricollocare in Europa da Italia e Grecia. Mentre a Vienna è in corso il dibattito politico, l’Ungheria ha fatto entrare in vigore, e sempre in contrasto con le norme internazionali, la detenzione preventiva per i richiedenti asilo, una misura che ha scatenato le critiche delle Nazioni Unite, delle organizzazioni attiviste per i diritti umani e che spinto il  Commissario europeo per la migrazione, Dimitri Avramopoulos, oggi in visita a Budapest, a sollecitare gli ungheresi a rispettare le regole dell’Unione nella gestione dei richiedenti asilo. Nel Mediterraneo, intanto, continuano i salvataggi: a Reggio Calabria e a Trapani sono arrivate due navi dell’organizzazione Medici senza frontiere, con a bordo in totale oltre mille persone, tra loro anche il cadavere di una donna. Tra le navi umanitarie attive nell’area vi è la Golfo Azzurro, a bordo si trova il giornalista free lance esperto di migrazione Giacomo Zandonini:

R. – Siamo nel mezzo del Mediterraneo, a Sud di Malta, e fra poche ore ci troveremo nella zona dove avviene la gran parte dei salvataggi e purtroppo anche dei naufragi, di fronte alle coste libiche.

D. – Negli ultimi giorni, voi avete tratto in salvo delle persone, ma avete anche trovato cadaveri …

R. – L’ultima settimana, purtroppo, è stata drammatica, qui a bordo della “Golfo Azzurro”. Ci sono stati fortunatamente diversi salvataggi operati da altre navi umanitarie, sempre di ong, presenti nella zona, la “Golfo Azzurro” invece ha ritrovato i cadaveri di cinque persone, una sesta è stata rinvenuta da un’altra imbarcazione, probabilmente appartenenti a uno o due naufragi avvenuti il giorno precedente. Abbiamo consegnato questi corpi alle autorità italiane. Erano persone dell’Africa nera, subsahariana, molto probabilmente partite da Sabratha, in Libia, dopo alcune ore di navigazione il gommone su cui erano è affondato probabilmente perché sovraccarico e perché il mare era ancora agitato. Ci sono stati, fortunatamente, nei giorni successivi altri salvataggi. In questo momento c’è la nave “Aquarius” di “Sos Méditerranée” che ha portato in Italia un centinaio di persone, sono state quasi mille quelle salvate nel corso del fine settimana. Questo significa che comunque c’è un movimento forte, in questo periodo. Il mare adesso è in miglioramento, avremo giorni di mare calmo e questo porterà sicuramente ad altre partenze. Per fortuna ci sono alcune navi di altre organizzazioni umanitarie già in posizione, e la “Golfo Azzurro” che fra qualche ora sarà in posizione di salvataggio.

D. – Fin dove vi spingete, voi navi soccorso?

R. – Fino a circa 12 miglia a nord della Libia, quindi di fatto in una giornata di tempo buono e visibilità si intravvede la costa libica, in particolare le ciminiere degli impianti petroliferi. Questo è il limite oltre il quale non si può andare perché si entrerebbe in territorio libico e sappiamo che la guardia costiera libica è composta da diverse fazioni, diversi gruppi anche con interessi e modalità purtroppo molto diversi e non sempre rispettosi della vita di chi si mette in mare, di chi è costretto a prendere il mare.

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Celebrazione ecumenica a Londra per i 500 anni della Riforma

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"Un incontro che sarebbe stato impossibile soltanto cinquant’anni fa e che consente a cattolici e luterani di superare le tradizioni alle quali si sono attaccati nei secoli, come risultato di storie diverse, per riconoscere la presenza di Cristo gli uni negli altri”. Con queste parole – riferisce l’agenzia Sir - l’arcivescovo di Birmingham, Bernard Longley, è intervenuto alla funzione che ha visto riuniti domenica, nella cattedrale londinese di San Giorgio, cattolici e luterani per commemorare il 500esimo anniversario della Riforma e i cinquant’anni di dialogo ecumenico.

Un’occasione anche per pregare per le vittime dell’attacco a Westminster
Un’occasione anche per pregare per le vittime del terrorismo e ricordare l’attacco avvenuto la scorsa settimana a Westminster. Hanno partecipato alla preghiera comune anche il reverendo Martin Lind, vescovo della Chiesa luterana in Gran Bretagna e l’arcivescovo di Southwark, Peter Smith. Cattolici e luterani hanno ringraziato per il Vangelo che condividono, espresso pentimento per la tristezza delle divisioni della Riforma e si sono impegnati a testimoniare il messaggio cristiano a un mondo diviso e ferito.

Il sentiero  verso l’unità è l’obbedienza alla chiamata di Cristo
Dopo aver ricordato la storia comune dei cattolici e dei luterani nel Regno Unito e le figure più importanti dei vescovi che l’hanno costruita, l’arcivescovo Longley ha detto che “oggi le due fedi hanno l’opportunità di impegnarsi di nuovo a lavorare e pregare insieme per l’unità cristiana”. “Il sentiero che ci riporta vicini gli uni agli altri - ha detto ancora  - è l’obbedienza alla chiamata di Cristo come viene espressa nel Sermone della montagna: 'Voi siete il sale della terra' ".

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 87

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.