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Sommario del 29/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa all'Angelus: affidiamoci a Dio con l'umiltà dei poveri in spirito

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All’Angelus domenicale, Papa Francesco ha dedicato la catechesi al Vangelo odierno, che parla delle Beatitudini e del “discorso della montagna” fatto da Gesù. Nel dopo Angelus il Pontefice ha espresso la sua vicinanza alle popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto e dal maltempo. Infine il saluto di Francesco ai circa tremila ragazzi dell’Azione Cattolica di Roma, presenti in Piazza San Pietro, due dei quali si sono affacciati con il Santo Padre dal Palazzo Apostolico al termine dell'Angelus. Il servizio di Giancarlo La Vella

Il passo evangelico di Matteo, spiega Francesco, è la chiave di volta del Nuovo Testamento, in cui Gesù manifesta la volontà di Dio di condurre gli uomini alla felicità. Un messaggio rivolto soprattutto ai poveri, agli oppressi e i maltrattati. Ma Gesù segue una strada particolare per spiegare che cosa sia la felicità del cristiano.

"Il motivo della beatitudine, cioè della felicità, non sta nella condizione richiesta – "poveri in spirito", "afflitti", "affamati di giustizia", "perseguitati"... – ma nella successiva promessa, da accogliere con fede come dono di Dio. Si parte dalla condizione di disagio per aprirsi al dono di Dio e accedere al mondo nuovo, il "regno" annunciato da Gesù".

La realtà di disagio e di afflizione – spiega il Papa – viene vista in una prospettiva nuova. “Non si è beati se non si è convertiti, in grado di apprezzare e vivere i doni di Dio”. Francesco si sofferma poi sulla prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli". Il povero in spirito è colui che non si ribella, ma sa essere umile, docile, disponibile alla grazia di Dio. E la felicità dei poveri in spirito ha una duplice dimensione: innanzitutto nei confronti dei beni materiali che vanno utilizzati con sobrietà..."

“…senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace. Più ho, più voglio; più ho, più voglio: questa è la consumazione vorace. E questo uccide l’anima. E l’uomo o la donna che fanno questo, che hanno questo atteggiamento “più ho, più voglio”, non sono felici e non arriveranno alla felicità”.

E la povertà in spirito si manifesta nella lode a Dio e all’amore col quale ha creato noi e il mondo.

“…è Lui, il Signore, è Lui il Grande, non io sono grande perché ho tante cose! E’ Lui: Lui che ha voluto il mondo per tutti gli uomini e l’ha voluto perché gli uomini fossero felici".

Il povero in spirito è il cristiano  - afferma ancora Francesco – che non fa affidamento su sé stesso, sulle ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui.

“Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche! L’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane".

La povertà in senso evangelico – continua il Santo Padre – è la strada privilegiata verso la meta del Regno dei Cieli, una strada che privilegia la condivisione al possesso. E' la strada dell’amore, percorribile – sottolinea il Papa – solo se si ha un cuore aperto. In questo percorso – conclude il Papa – ci è di esempio la Vergine Maria, modello dei poveri in spirito, in quanto docile alla volontà del Signore.

Nel dopo Angelus, dopo aver ricordato l’odierna Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra e salutato i pellegrini di diverse parrocchie, associazioni e gruppi provenienti dall’Italia e da altri Paesi, ha ancora una volta rivolto il suo incoraggiamento alle popolazioni del Centro Italia ancora sofferenti per il sisma e l’eccezionale ondata di maltempo.

“Non manchi a questi nostri fratelli e sorelle il costante sostegno delle istituzioni e la comune solidarietà. E per favore, che qualsiasi tipo di burocrazia non li faccia aspettare e ulteriormente soffrire!”.

Infine il festoso incontro con i ragazzi dellAzione Cattolica Romana, che Francesco ha così scherzosamente appellato.

“Come vedete, sono arrivati gli invasori … sono qui!”.

L’Azione Cattolica Romana è quest’anno impegnata nella  “Carovana della Pace”, il cui slogan è “Circondati di Pace”. E un lancio di palloncini colorati, simbolo di pace, ha concluso la mattinata col Papa.

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Il Papa nella Giornata contro la lebbra: più cure, meno esclusione

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Nel dopo Angelus il Papa ha ricordato che questa domenica si celebra la 64.ma Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra. “Questa malattia, pur essendo in regresso, è ancora tra le più temute e colpisce i più poveri ed emarginati – ha sottolineato Francesco –. È importante lottare contro questo morbo, ma anche contro le discriminazioni che esso genera. Il Santo Padre infine incoraggia e prega per quanti sono impegnati nel soccorso e nel reinserimento sociale delle persone colpite dal Morbo di Hansen. Sulla gravità di questa patologia, che ancora oggi colpisce circa 200 mila persone all’anno, Giulia Angelucci ha intervistato Anna Maria Pisano, presidente dell’Aifo, l'Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau: 

R. – In Italia la Giornata mondiale della lebbra si festeggia ricordando anche che questo è il 40.mo anniversario della morte di Follereau, avvenuta nel 1977, giornalista e scrittore che ha combattuto per fondare proprio questa Giornata. Noi abbiamo preparato dei manifesti che ricordino ancora una volta che la lebbra esiste e soprattutto che ci sono ancora tanti malati e che è facilissimo curarli. Basterebbe darsi un po’ da fare perché fossero curati senza rimanere disabili. In questa Giornata noi offriamo il miele della solidarietà che ormai è diventato il simbolo di questo evento. E’ ora che la lebbra non solo finisca, ma soprattutto che finisca rimanendo una malattia come le altre, una malattia senza emarginazioni.

D. – Nel mondo, ogni due minuti una persona è colpita dalla lebbra: come è possibile fermare tutto questo?

R. – Quest’anno abbiamo battuto molto su questo. Sono le cifre ufficiali, perché in realtà la lebbra è stata sempre una malattia nascosta; quindi tantissime persone non si fanno curare per paura di essere emarginate. E' soprattutto una malattia dei Paesi poveri. Una persona dei Paesi poveri non si muove perché ha una macchia sconosciuta che non le fa male; è ovvio che si muove quando ha dolori, cerca di trovare i pochi presidi sanitari che possono esserci nella sua area. Cerchiamo di richiamare l’attenzione degli organismi internazionali e degli Stati sul fatto che la lebbra non si può curare aspettando che il paziente venga in ospedale, perché verrà tardi. Quindi bisogna ricominciare a sensibilizzare a livello di villaggi, a livello di società, a livello di gruppi.

D. – Una malattia che per la gran parte dell’opinione pubblica è scomparsa …

R. – Il problema della malattia è proprio questo: che non viene considerata una semplice malattia; viene considerata un disonore, una maledizione in tanti Paesi … Nel convegno che si è tenuto a giugno in Vaticano organizzato dalla Fondazione Buon Samaritano e da una Fondazione giapponese, si diceva questo: ci vogliono i tre zeri che noi stiamo portando avanti. "Zero disabilità", perché ce n’è ancora tanta: in certi posti, il 22 per cento delle persone arriva già disabile e soprattutto tanti bambini arrivano già disabili. "Zero emarginazione" e "Zero leggi che ancora separano il bambino dalla madre", che in alcuni Paesi sono legate all’emarginazione antica di quando la lebbra era davvero considerata una maledizione.

D. – Cosa si fa per la prevenzione della lebbra, e quali sono le forze in campo per combatterla?

R. – I nuovi malati di lebbra sono ufficialmente 210 mila, ma in realtà sono almeno il doppio, perché in tanti Paesi non si fa neanche ricerca, non si può fare perché magari c’è la guerra, insomma, per tanti motivi. Cerchiamo di fare prevenzione sia a livello di formazione dappertutto sia a livello degli Stati perché noi lavoriamo sempre, nei Paesi dove andiamo, con gli Stati, con le organizzazioni locali, con le Chiese, con le missioni, ovviamente e prima di tutto. Adesso purtroppo quelli che lavorano soprattutto per la lebbra sono proprio le associazioni Follereau e le missioni. E’ una malattia che ha un tempo di incubazione lunghissimo, fino a 20 anni. Sembra che sia sparita, ma in realtà può riapparire. Per la prima volta si sono denunciati 18 casi in Europa. Follereau diceva che non si può solo curare un malato di lebbra, è inutile curarlo se poi viene emarginato dalla società.

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L’Ordine di Malta accetta le dimissioni del Gran Maestro Fra’ Festing

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Il Sovrano Consiglio, il governo del Sovrano Ordine di Malta, si è riunito oggi pomeriggio nel Palazzo Magistrale a Roma. All’ordine del giorno la rinuncia all’Ufficio di Gran Maestro presentata da Fra’ Matthew Festing, secondo quanto previsto dall’articolo 16 della Costituzione dell’Ordine di Malta. Il Sovrano Consiglio ha accettato la rinuncia all’incarico. E' quanto si legge sul sito dell'Ordine. "Le dimissioni di Fra’ Matthew Festing, come prevede la Costituzione, sono state rese note al Papa e verranno comunicate ai capi dei 106 Stati con cui il Sovrano Ordine di Malta intrattiene relazioni diplomatiche. Secondo quanto previsto dall’articolo 17 della Costituzione, il Gran Commendatore, Fra’ Ludwig Hoffmann von Rumerstein, ha assunto la carica di Luogotenente Interinale e rimarrà a capo del Sovrano Ordine di Malta fino all’elezione del successore del Gran Maestro. Il Sovrano Consiglio ha ringraziato sentitamente Fra’ Matthew Festing per il grande servizio reso al Sovrano Ordine di Malta nel corso di questi ultimi nove anni. Successivamente, il Sovrano Consiglio presieduto dal Luogotenente Interinale ha revocato i decreti con le procedure disciplinari e la sospensione dall’Ordine di Albrecht Boeselager, che riassume la carica di Gran Cancelliere con effetto immediato".

"In una lettera inviata ieri a Fra’ Ludwig Hoffmann von Rumerstein e ai membri del Sovrano Consiglio - riferisce il sito dell'Ordine - Papa Francesco ha ribadito la speciale relazione del Sovrano Ordine di Malta con la Sede Apostolica. Il Papa ha avvalorato che il Luogotenente Interinale assume la responsabilità di governo dell’Ordine, in particolare per tutto quello che riguarda i rapporti con gli Stati. Papa Francesco ha precisato che il suo Delegato Speciale avrà il compito di operare 'per il rinnovamento spirituale dell’Ordine specificatamente dei suoi membri professi'. Il Sovrano Ordine di Malta assicura la propria collaborazione al Delegato Speciale che verrà nominato dal Papa. Il Sovrano Ordine di Malta è estremamente grato a Papa Francesco e al Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin per la sollecitudine e il sostegno dato all’Ordine. L’Ordine di Malta esprime il suo ringraziamento al Santo Padre perché le sue decisioni sono state tutte prese nel pieno rispetto dell’Ordine con l’obiettivo di rafforzare la sua sovranità. Il Luogotenente Interinale, insieme al Sovrano Consiglio, convocherà a breve il Consiglio Compìto di Stato, per l’elezione del successore del Gran Maestro, come previsto dall’articolo 23 della Costituzione".

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Oggi in Primo Piano



Stop a profughi islamici negli Usa. Bizzeti: non punire le vittime

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Un giudice federale di New York ha emesso un'ordinanza che blocca i rimpatri forzati previsti dall'ordine esecutivo del presidente Donald Trump. Il provvedimento  ha sospeso per tre mesi l’ingresso negli Stati Uniti per i cittadini di sette Paesi musulmani: Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan e Yemen. L’obiettivo sarebbe quello di proteggere gli Usa dall’ingresso di terroristi stranieri. Caos e proteste negli aeroporti, fra chi vi viene trattenuto non potendo entrare negli Usa e le dimostrazioni all'esterno di diversi scali. Intanto, il neopresidente Usa ha chiesto ai vertici militari di elaborare un piano per contro l'Is entro 30  giorni. Ieri,  Trump ha avuto una serie di colloqui telefonici: con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, sottolineando l’importanza fondamentale della Nato; con il presidente francese, Francois  Hollande, auspicando un rafforzamento della collaborazione nella lotta al terrorismo; e con il presidente russo, Vladimir Putin. Sulla decisione degli Usa di sospendere gli ingressi, ecco il commento di mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia, in Turchia, al microfono di Fabio Colagrande

R. – Non posso accettare che venga presa una decisione di massa, quando invece bisognerebbe fare una distinzione. Da questi Paesi – io in particolare conosco i profughi che vengono dalla Siria e dall’Iraq – fuggono persone che sono vittime dei terroristi, sono vittime della violenza, che non accettano la logica dei terroristi e della violenza. E pagano un prezzo molto duro per questo, perché perdono tutti i beni, non di rado perdono dei cari, dei familiari … sono persone che si ribellano quando potrebbero continuare a vivere bene nel loro Paese se accettassero il ricatto di queste organizzazioni terroristiche. Allora, punire indiscriminatamente tutti, quando queste persone invece sono le prime vittime e le prime che si dissociano da questi regimi terribili, mi sembra una grave ingiustizia che fa il gioco dei terroristi, fa il gioco dei violenti …

D. – L’ordine esecutivo blocca i visti ai siriani e sospende a tempo indeterminato l’ingresso dei rifugiati provenienti dalla Siria: quindi c’è una decisione particolare, per quanto riguarda questi profughi …

R. – Appunto: mi sembra che signfichi voler castigare un intero popolo che sta lottando contro i terroristi, sul terreno, non soltanto dal cielo lanciando missili o  bombe … Queste sono persone che quotidianamente hanno lottato e lottano, che hanno familiari che sono rimasti nel Paese e che lottano a costo della vita, sono persone che – ripeto – hanno pagato un caro prezzo … Punirli indiscriminatamente significa avallare la logica della violenza, perché se le persone che si ribellano non hanno nessuno che ascolti la loro voce, nessuno che le accolga, ancora di più i terroristi si sentiranno padroni del mondo, i veri vincitori di questa guerra a pezzi, come giustamente la chiama Papa Francesco … Quello che io rifiuto, non solo in nome del Vangelo, ma in quanto cittadino, rifiuto che si risponda alla violenza con la violenza: è un’illusione risolvere i problemi alzando muri. Lo diceva Papa Giovanni Paolo II, in occasione delle due guerre in Iraq; la storia gli ha dato ragione: pensare che oggi si ripetano gli stessi tipi di atteggiamenti, mi sembra veramente essere condannati alla sconfitta.

D. – Come vescovo in Anatolia, lei ha conosciuto profughi siriani che – tra l’altro – si sono dissociati apertamente dal terrorismo …

R. – Esattamente. La Turchia è un Paese che ha fatto un grandissimo sforzo di accoglienza: ha accolto più di tre milioni di persone, da anni; certamente, non tutti i problemi sono risolti. La gente vede, anche, le terribili situazioni di queste persone che hanno perso tutto. Ci sono persone che, come la Santa Famiglia, sono dovute scappare di notte con solo i loro vestiti addosso e non hanno niente, e l’hanno fatto perché non hanno accettato il ricatto dei terroristi: in nome della fede, in nome della mitezza, in nome della civiltà, in nome di regimi legittimi. Mi sembra veramente assurdo che queste persone vengano penalizzate in questo modo così duro.

D. – Nell’ordine esecutivo firmato dal presidente Trump viene introdotta però una priorità per quei migranti che motivino la loro richiesta perché perseguitati in quanto appartenenti a minoranze religiose. In un’intervista, Trump ha parlato anche della necessità di proteggere i cristiani …

R. – Ma, vede, in questi Paesi, dove ci sono cristiani, musulmani, alawiti, gli yazidi eccetera, pensare che soltanto alcuni siano perseguitati è un grave errore di valutazione: la stragrande maggioranza della gente che viene perseguitata appartiene a queste altre religioni; non c’è motivo di fare una discriminazione religiosa quando queste persone sono unite contro il terrorismo e la violenza.

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L'auspicio del Papa per la pace in Terra Santa

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Questa domenica si celebra la IX edizione della Giornata di intercessione per la pace in Terra Santa, una preghiera mondiale che unisce 10 mila città di tutto il mondo. Ed è un auspicio proprio alla fratellanza in Terra Santa il tweet odierno di Papa Francesco. “Signore, Dio di pace – scrive il Santo Padre sul suo account ‘@pontifex’ – ascolta la nostra supplica e donaci la pace in Terra Santa. Shalom, salaam, pace!” Sull'iniziativa di preghiera, sentiamo il servizio di Giada Aquilino

Una preghiera di tutti i giovani del mondo, come contributo e supporto ai tanti fratelli e sorelle che in Terra Santa ancora non vedono realizzato il sogno della pace. Promossa, a partire dal 2009, da diverse realtà giovanili cattoliche, la Giornata di intercessione per la pace in Terra Santa è un’occasione di speranza in un momento di stallo nei colloqui israelo palestinesi. Mons. William Shomali, vicario patriarcale di Gerusalemme dei latini:

“Il segno più forte è nella fede. Sappiamo che il Signore un giorno ci salverà. Ma umanamente parlando, vediamo segni contro la pace, che dicono che la pace diventa ogni giorno più difficile. Per esempio, il fatto di continuare la costruzione degli insediamenti, il fatto che non ci sono negoziati diretti, il fatto della violenza: sono indicazioni del fatto che la situazione va peggiorando. Ma questo non ci impedisce di crescere nella speranza e di continuare a pregare perché il Signore ci sorprenderà e un giorno ci darà quello che noi adesso facciamo oggetto della nostra preghiera”.

In un momento in cui negli Stati Uniti si parla di prolungamento del muro col Messico, di provvedimenti di chiusura in ambito migratorio, in Terra Santa ci si interroga sull’influenza della presidenza Trump in Medio Oriente:

“Trump cambia discorso e pensiero: aveva promesso di trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, adesso dice che bisogna andarci piano. Dunque non sappiamo esattamente quale sarà il futuro, ma sappiamo che il presidente ha già promesso di lavorare per la pace in Terra Santa. Noi lo aiuteremo con la preghiera”.

La Giornata di intercessione per la pace in Terra Santa coincide con la chiusura, proprio nella terra di Gesù, della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, lì cominciata dopo il Natale armeno. Papa Francesco l’aveva conclusa mercoledì scorso con la celebrazione ecumenica nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, esortando i cristiani a pregare, annunciare, amare e servire insieme, soprattutto chi è “più povero e trascurato”:

“In Terra Santa, le relazioni ecumeniche tra le diverse Chiese sono molto migliorate sia con gli ortodossi sia con gli anglicani sia con i luterani. Faccio un esempio: a febbraio celebreremo a Betlemme, in Palestina e ad Amman, in Giordania, una preghiera di ringraziamento per il riavvicinamento tra la Chiesa luterana e la Chiesa cattolica, in seguito all’incontro tra il Papa e la Federazione luterana, in Svezia. Di questo noi vogliamo dire grazie, insieme ai luterani. E già sono tante le persone che hanno aderito all’iniziativa. Quindi, un grande progresso: più che a livello politico, a livello ecumenico”.

L’invito di Papa Francesco era stato a sentirci incoraggiati dalla testimonianza “eroica” dei cristiani che soffrono e che sono perseguitati per il nome di Gesù:

“C’è la testimonianza dell’azione, dei fatti. Dobbiamo testimoniare Gesù Cristo e la bellezza del Vangelo, nonostante le difficoltà, con la nostra misericordia, con la nostra carità, con la nostra apertura, con il nostro perdono”.

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Iraq. Human Rights Watch: torture su ragazzi detenuti

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Secondo l'organizzazione Human Rights Watch, un numero imprecisato di bambini e ragazzi nel nord dell'Iraq sono stati sottoposti a torture durante la loro detenzione nelle zone del governo regionale curdo. I giovani erano sospettati di avere collegamenti con il sedicente Stato islamico. Raccontano di non aver ricevuto nessuna incriminazione formale e di esser stati costretti a rimanere in posizioni innaturali, di essere stati ustionati con delle sigarette, di aver subito scosse elettriche, di essere stati picchiati con tubi di plastica. Human Rights Watch stima in circa 180 i minori in custodia. Le autorità locali, secondo l'organizzazione umanitaria, non hanno neanche informato le loro famiglie, suscitando così timori che possano scomparire. L'organizzazione precisa di aver ascoltato 19 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni mentre erano in custodia in un riformatorio di Erbil. Si tratta di colloqui condotti senza la presenza di ufficiali della sicurezza o dell'intelligence.

In Siria, intanto, dieci civili, tra cui sette bambini, hanno perso la vita, ieri, in una serie di incursioni aeree in un'area occupata a Nord dalle forze dello Stato Islamico. Intanto, le forze armate governative siriane avanzano in direzione della città di Al Bab, bastione dell'Is. (E.R.)

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Yemen: raid Usa contro al Qaeda

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Nello Yemen, secondo le forze di sicurezza locali ed esponenti tribali, gli Stati Uniti hanno condotto un raid nella provincia di Bayda con l'obiettivo di eliminare tre presunti alti esponenti di al Qaeda. Le fonti, anonime, hanno riferito che il raid, avvenuto all'alba, ha portato all'uccisione di Abdul-Raouf al-Dhahab, Sultan al-Dhahab e Seif al-Nims. La famiglia al Dhahab è considerata alleata di al Qaeda. Nello scontro a fuoco successivo sarebbero decine i morti e i feriti tra i militanti di al Qaeda, ma anche tra i civili. (E.R.)

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Sisma: ancora una scossa ad Amatrice; crolla la parete di S. Agostino

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La terra continua a tremare nel Centro Italia. Una scossa di magnitudo 3.8 della Scala Richter è stata registrata alle ore 6.10 con epicentro a un chilometro da Amatrice. A causa della scossa è crollata la parte destra della Chiesa di Sant’Agostino. L'evento sismico, secondo i dati dell'Istituto di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), si è verificato a una profondità di 6 km.

Nuove misure a sostegno delle popolazioni del Centro Italia al centro dell'agenda politica
Intanto, entro la prossima settimana - presumibilmente nella riunione del Consiglio dei ministri di venerdì – dovrebbe arrivare il via libera del governo al nuovo decreto per l'emergenza terremoto e maltempo, che dovrebbe - come ha annunciato il presidente del Consiglio, Gentiloni - riguardare anche la Protezione civile. 

I numeri della Protezione civile
Secondo i dati forniti dalla Protezione civile - ma si tratta di cifre in continua evoluzione -  sono più di 14.800 le persone assistite in seguito ai terremoti del 24 agosto, 26 e il 30 ottobre 2016 del 18 gennaio 2017, a cui si è aggiunto il  forte maltempo dei giorni scorsi. Gli assistiti sono complessivamente  oltre 8.700 nelle Marche e in Umbria, poco più di 600 nel  Lazio e circa 5.400 in Abruzzo. Le persone ospitate in alberghi e strutture  ricettive sono 11.600, mentre in 570 trovano accoglienza nei propri comuni all'interno di container, moduli  abitativi prefabbricati rurali emergenziali e camper allestiti in questi mesi dalla Protezione Civile. Sono, infine, 2.600 gli assistiti in palazzetti, centri polivalenti, strutture allestite ad hoc nei vari comuni e nei moduli e  appartamenti realizzati in occasione di terremoti del passato, in  Umbria, Marche e Abruzzo.

Restano difficili le condizioni degli animali negli allevamenti
Le scosse continue sul territorio provocano conseguenze preoccupanti anche  sugli gli animali: bovini e ovini negli allevamenti nelle zone colpite dal sisma hanno ridotto di almeno il 30% la produzione di latte. E' quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti sugli effetti delle scosse nelle campagne dove sono state montate solo 77 delle 635 stalle mobili previste. Il ritardo avrebbe  fatto salire a più di mille il numero degli animali deceduti e feriti. Complessivamente sono circa tremila, secondo la Coldiretti, le aziende agricole e le stalle in difficoltà nelle aree del Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo.(E.R.) 

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Crisi in Ucraina: attesa per l'incontro tra Poroshenko e Merkel

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C'è attesa per l’incontro, questo lunedì a Berlino, tra il presidente ucraino Petro Poroshenko e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Sul tavolo la crisi nell’area che dal 2014 ha provocato circa 10 mila morti e 22 mila feriti. Nonostante il cessate il fuoco, decretato a dicembre scorso, nell’area continua un conflitto a bassa intensità con vittime e feriti, soprattutto nel Donbass. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Fulvio Scaglione, esperto dell’area: 

R. – La situazione è proprio questa: mezza pace e mezza guerra, che si è ormai cronicizzata, perché nessuna delle due parti sembra fare alcun particolare sforzo per superare questo stallo sanguinoso e cruento.

D. – Poroshenko incontra la Merkel: che cosa ci si può aspettare?

R. – Io credo che ci si possa aspettare abbastanza poco da questo incontro. Verrà ricordato che bisogna rispettare gli accordi di Minsk, come ha fatto il premier inglese Theresa May a Washington, ma entrambe le parti, sia il governo ucraino sia i separatisti spalleggiati dalla Russia, sono molto indietro rispetto agli accordi di Minsk, ognuno per la sua parte – gli uni per gli aspetti più legati al fronte militare; il governo ucraino più per quello che riguarda l’adeguamento della legislazione nazionale appunto agli accordi di Minsk, che prevedono una larga autonomia per il Donbass. Questa larga autonomia non è neanche stata discussa in Parlamento – non solo non è stata determinata – quindi, entrambe le parti sono colpevoli di non aver rispetto per gli accordi di Minsk, ma entrambe si appelleranno al loro rispetto.

D. – In questo contesto, Trump, in sostanza, ha messo in discussione la Nato, che gioca un ruolo importante in questa situazione…

R. – Assisteremo a poche evoluzioni rispetto al quadro attuale. Non credo che Trump sarà in grado di toccare il complesso sistema di alleanze che lega tutta una serie di Paesi che sono usciti dall’orbita sovietica, sono entrati nell’Unione Europea, ma sono assai più fedeli a Washington che a Bruxelles, tanto per dire: la Polonia o i Paesi Baltici. Non credo che Trump andrà a mettere le mani in questo ginepraio.

D. – Come si esce da questo stallo che si sta vivendo nell’area?

R. – Gli accordi di Minsk certo non sono la panacea di tutti i mali, ma hanno prospettato, in effetti, una via di uscita possibile – diciamo che ha una sua logica – e cioè una forte autonomia alla regioni russofile e russofone del Donbass, all’interno dell’Ucraina. Ora, questa è una cosa su cui si sono detti d’accordo tutti. Purtroppo, nella realtà, ci sono delle spinte in entrambi i fronti che vanno contro questo tipo di proposta che – ripeto – è una proposta che ha una sua ragionevolezza, almeno nel breve termine, per spegnere queste tensioni così crudeli. In Ucraina ci sono fronti molto più estremi che contestano questo tipo di soluzione come una resa, e in Russia ci sono, anche e soprattutto all’interno, dei separatisti che a questo punto non vogliono più l’autonomia all’interno dell’Ucraina ma vogliono diventare parte della Russia. Ci sono quindi delle spinte contro gli accordi di Minsk che le rispettive parti, Cremlino e Poroshenko, non sono in grado di neutralizzare, e che purtroppo contribuiscono a mantenere in vita questa guerra. È una situazione apparentemente senza uscita in questo momento, a meno di una forte, ma veramente forte, iniziativa politica.

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Brasile. Mons. Spengler: c'è una corruzione mai vista

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Il Brasile continua a vivere una profonda crisi sociale, politica ed economica. Dopo la destituzione per impeachment della presidente Dilma Rousseff, lo scorso agosto, il Paese sta affrontando una serie di tensioni a tutti i livelli. Il presidente Temer ha deciso di lottare contro la recessione con una poltica di austerità che non trova il consenso popolare. Silvonei Protz ne ha parlato con l’arcivescovo di Porto Alegre, mons. Jaime Spengler

R. – La situazione ci preoccupa molto. C’è una grande crisi sociale, una crisi politica, una crisi economica… Ma credo che queste crisi siano il riflesso di una crisi ancora più profonda.

D. – Qual è la vera crisi?

R. – Quella antropologica. Non abbiamo chiara la comprensione di cosa sia la persona, l’essere umano: come possiamo pensare in questo modo a un progetto di nazione, di popolo? E' questa comprensione che ci manca.

D. – La corruzione è veramente dilagante…

R.  – La corruzione è dilagante e ci preoccupa. Mai abbiamo sentito cose così forti come in questi ultimi tempi... I soldi rubati sono talmente tanti che non riusciamo neanche a calcolarli.

D. – Il ruolo della Chiesa in tutto questo?

R. – La Chiesa è un’istituzione che gode di grande rispetto, forse è la prima istituzione che ha il rispetto come riferimento per la società. Anche se notiamo una diminuzione del numero dei cattolici nel territorio.

D. – Qual è il motivo di questa diminuzione?

R. – Ci sarebbero certamente parecchie spiegazioni per questa situazione. Ci sono queste chiese pentecostali che si moltiplicano così velocemente e forse una delle ragioni - non so se è corretto dire questo – è che il nostro popolo ha sete di Dio e alle volte forse abbiamo difficoltà ad andare incontro a questa sete del popolo, a questa necessità del popolo. Penso al nostro linguaggio, a come si svolge la pastorale … Alle volte ci manca forse più prossimità alla gente.

D. – Si sono verificate anche violentissime rivolte nelle carceri, con tanti morti... Cosa succede?

R. – E’ veramente una tragedia umana, le nostre carceri sono piene: abbiamo forse una delle più grandi popolazioni carcerarie al mondo. In Brasile si arresta troppo. Anche la magistratura non riesce a rispondere alla domanda di giustizia e allora ci sono persone che restano in prigione tantissimo tempo e questi spazi diventano vere scuole per la malavita.

D. -  La Chiesa ha una pastorale anche per questo…

R. - La Chiesa da anni cerca di mettere questa tematica al centro del dibattito però, forse, non viene accolta da parte del potere pubblico.

D. - Quali le soluzioni?

R. – Oggi si parla di costruire ancora più carceri ma è una soluzione momentanea, non risponde alle vere necessità. Penso che viviamo una crisi troppo grande della famiglia e anche la scuola vive molte difficoltà: c’è una crisi nel progetto educativo che non riusciamo a risolvere. Forse non abbiamo il coraggio politico sufficiente per andare incontro a questa realtà.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 29

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.