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Sommario del 19/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



La preghiera del Papa per le popolazioni terremotate

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E’ stato spazzato via l’Hotel Rigopiano di Farindola, nel pescarese, alle pendici del Gran Sasso, travolto da una valanga presumibilmente provocata dalle scosse sismiche di ieri e dalle cui macerie finora sono stati estratti tre corpi. Circa una trentina le persone di cui non si hanno notizie, intrappolate nella struttura completamente sommersa da neve e da una enorme colata di detriti. Estremamente difficile per i soccorsi raggiungere l’area della sciagura, a circa 1200 metri di quota. La Procura di Pescara ha aperto un’indagine per omicidio colposo. Dal Papa un appello alla preghiera e all’intervento. Francesca Sabatinelli

Spazzato via: l’albergo di Rigopiano è stato spostato di circa dieci metri e, con esso, tutti gli ospiti che ancora erano all’interno, una trentina circa, in attesa degli spazzaneve che li avrebbero aiutati a ripartire. Un’apocalisse: così descrivono lo scenario i soccorritori della finanza arrivati alla struttura dopo aver percorso per ore la strada con gli sci. Una scena apocalittica, il tragico miscuglio tra un terremoto e una valanga. Ci sono tanti morti: questo è stato uno dei primi messaggi inviati dagli uomini del soccorso alpino, che ieri sera si erano messi in marcia per arrivare al Resort. Le telefonate agli ospiti dell’hotel sono finora rimaste tutte senza risposta e gli unici due superstiti, perché al momento della sciagura fuori dalla struttura, hanno  visto letteralmente l’edificio spazzato via. Sono ore difficilissime, gli occhi puntati a chi sta cercando di lottare contro i minuti per riuscire a salvare vite umane. Una colonna mobile con una turbina apristrada è arrivata sul luogo. E Papa Francesco invita all’intervento, lo testimonia mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza episcopale italiana:

“Il Papa è informato di questo, costantemente. So che lui stesso ogni tanto chiama qualcuno dei vescovi, qualcuna delle realtà… Il Papa è informatissimo su questo. Non solo invita alla preghiera, ma sta stimolando noi, come Conferenza episcopale, a fare tutto quello che è possibile per far sentire la vicinanza della Chiesa a queste realtà. La situazione è veramente drammatica ma è drammatica perché è estesa, è esteso il teatro di questa realtà. Poi, proprio il sommarsi di terremoto e neve, la situazione metereologica, ha complicato terribilmente tutto. Da parte della gente c’è questo fatto fondamentale del disagio psicologico. Questo è quello che tutti i vescovi hanno confermato, tutti”.

In costante contato con i presenti sul luogo della tragedia è mons. Tommaso Valentinetti, vescovo di Pescara:

R. - Io sto pregando, sto facendo pregare tutti coloro che mi stanno manifestando anche la loro solidarietà e la loro apprensione. Certo, ci dobbiamo rimettere nelle mani del Signore e avere tanta speranza e tanta fiducia.

D. – Non bisogna perdere la speranza, è vero, certo è che l’Abruzzo,  in un lasso di tempo veramente brevissimo, ha vissuto il terremoto, fiumi che straripano, nevicate eccezionali anche per una regione che è abituata…

R. – I miei diocesani, gli abruzzesi, sono tutti molto tenaci e molto duri, sanno reagire a tante difficoltà e tante fatiche. Speriamo che anche i miei condiocesani, quelli che purtroppo dovranno registrare delle vittime nelle loro famiglie, siano altrettanto capaci di affrontare questo momento molto difficile. Chiedo agli ascoltatori di essere solidali nella preghiera perché il Signore ci dia forza, coraggio e soprattutto ci dia la capacità di affrontare le difficoltà che ci aspettano.

La situazione è drammatica in tutte le zone del centro Italia colpite dalla nuova ondata sismica e dove forti sono le nevicate. Ad Amatrice sono entrate in funzione le turbine spazzaneve dell’esercito. Il sindaco Sergio Pirozzi:

"La situazione sta migliorando, un po’ per  le condizioni climatiche, un po’ per l’invio dei mezzi, si sta cercando di rendere accessibili le tante zone, non raggiungibili a causa dell’eccessivo manto nevoso straordinario. Era  da circa 60 anni che non c’erano nevicate così, per cui si sta cercando di riaprire l’accesso. Però, insomma, adesso il mio pensiero va a quelle  persone che hanno perso la vita nell’hotel. E’ un’emergenza nell’emergenza nazionale, per cui stiamo insieme uniti, stringiamoci tutti forte e aiutiamoci".

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Francesco: Lutero voleva rinnovare la Chiesa, non dividerla

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Lutero voleva rinnovare la Chiesa, non dividerla: è quanto ha detto Papa Francesco nel tradizionale incontro con una Delegazione ecumenica della Finlandia, guidata dal vescovo luterano di Turku, giunta a Roma in occasione della Festa di Sant’Enrico e nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il servizio di Sergio Centofanti

Da oltre trent’anni il pellegrinaggio della Delegazione ecumenica finlandese a Roma è una “bella consuetudine” che coincide con la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. E’ una iniziativa – ha detto Papa Francesco – che “ci richiama al riavvicinamento a partire dalla conversione”:

“Il vero ecumenismo infatti si basa sulla conversione comune a Gesù Cristo come nostro Signore e Redentore. Se ci avviciniamo insieme a Lui, ci avviciniamo anche gli uni agli altri. In questi giorni invochiamo più intensamente lo Spirito Santo perché susciti in noi questa conversione, che rende possibile la riconciliazione”.

Papa Francesco ricorda l’incontro con i luterani a Lund, in Svezia, il 31 ottobre scorso, per la commemorazione comune dei 500 anni dell’inizio della Riforma: una tappa significativa e importante “sul piano umano e teologico-spirituale”. “Dopo cinquant’anni di dialogo ecumenico ufficiale tra cattolici e luterani - ha osservato - siamo riusciti a esporre chiaramente le prospettive sulle quali oggi possiamo dirci d’accordo. Di questo siamo riconoscenti. Nello stesso tempo teniamo vivo nel cuore il pentimento sincero per le nostre colpe”. Il 2017, anno commemorativo della Riforma - ha aggiunto - è "un'occasione privilegiata" per cattolici e luterani "per riscoprire insieme il Vangelo":

“In questo spirito, a Lund è stato ricordato che l’intento di Martin Lutero, cinquecento anni fa, era quello di rinnovare la Chiesa, non di dividerla. Quell’incontro ci ha dato il coraggio e la forza di guardare avanti, nel nostro Signore Gesù Cristo, al cammino ecumenico che siamo chiamati a percorrere insieme”.

La speranza è di “giungere a ulteriori convergenze sui contenuti della dottrina e dell’insegnamento morale della Chiesa” per avvicinarsi “sempre più all’unità piena e visibile”:

“A conclusione della giornata commemorativa di Lund, guardando al futuro, abbiamo tratto coraggio dalla nostra testimonianza comune di fede davanti al mondo, quando ci siamo impegnati a sostenere insieme coloro che soffrono, coloro che sono nel bisogno, coloro che sono esposti a persecuzioni e violenze. Nel fare ciò, come cristiani non siamo più divisi, ma siamo uniti nel cammino verso la piena comunione”.

Il Papa prega il Signore affinché “accompagni con la sua benedizione la Commissione di dialogo luterana-cattolica della Finlandia, che sta lavorando con dedizione ad una interpretazione sacramentale comune della Chiesa, dell’Eucaristia e del ministero ecclesiale”. Infine, dopo aver auspicato una sempre maggiore collaborazione tra ortodossi, luterani e cattolici nel mondo, Papa Francesco ha rivolto un ringraziamento speciale al vescovo luterano di Turku:

“E caro fratello vescovo, io voglio ringraziarvi per il buongusto di portare i nipotini: abbiamo bisogno della semplicità dei bambini, loro ci insegneranno il cammino verso Gesù Cristo. Grazie, grazie tante!”.

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Francesco: vita cristiana è lotta quotidiana contro le tentazioni

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La vita cristiana è una lotta, lasciamoci attirare da Gesù: è l'esortazione di Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha messo in guardia da quelle tentazioni che ci portano sulla strada sbagliata e ha ricordato che Gesù è venuto per distruggere l’influsso del male sui nostri cuori. Il servizio di Alessandro Gisotti

Gesù e la folla. Nella Messa a Santa Marta, Papa Francesco si è soffermato sul brano del Vangelo del giorno che narra della grande folla che seguiva Gesù con entusiasmo e che veniva da tutte le parti. “Perché veniva questa folla?”, si domanda il Papa. Il Vangelo racconta che c’erano “ammalati che cercavano di guarire”. Ma c’erano anche persone a cui piaceva “sentire Gesù, perché parlava non come i loro dottori, ma parlava con autorità” e “questo toccava il cuore”. Questa folla “veniva spontaneamente”, ha commentato con amara ironia, “non la portavano nei bus, come abbiamo visto tante volte quando si organizzano manifestazioni e tanti devono andare lì per ‘verificare’ la presenza, per non perdere poi il posto di lavoro”.

E’ il Padre ad attirare la gente verso Gesù
Questa gente, ha ripreso, “andava perché sentiva qualcosa” al punto che Gesù ha dovuto chiedere una barca e andare un po’ lontano dalla riva:

“Questa folla andava da Gesù? Sì! Aveva bisogno? Si! Alcuni erano curiosi, ma questi erano gli ascetici, la minoranza… Ma perché questa folla la attirava il Padre: era il Padre che attirava la gente a Gesù. A tal punto che Gesù non rimaneva indifferente, come un maestro statico che diceva le sue parole e poi si lavava le mani. No! Questa folla toccava il cuore di Gesù. Lo stesso Vangelo ci dice: ‘Gesù era commosso, perché vedeva questa gente come pecore senza pastore’. E il Padre, tramite lo Spirito Santo, attira la gente a Gesù”.

Il Papa ha rilevato così che non sono le argomentazioni a far muovere le persone, non sono “gli argomenti apologetici”. No, ha ammonito, “è necessario che sia il Padre a tirarti a Gesù”.

La vita cristiana è una lotta contro le tentazioni
D’altro canto, ha annotato, è “curioso” che in questo passo del Vangelo di Marco in cui “si parla di Gesù, si parla della folla, dell’entusiasmo” e dell’amore del Signore, finisca con gli spiriti impuri che quando lo vedevano, gridavano: “Tu sei il Figlio di Dio!”:

“Questa è la verità; questa è la realtà che ognuno di noi sente quando si avvicina Gesù. Gli spiriti impuri cercano di impedirlo, ci fanno la guerra. ‘Ma, Padre, io sono molto cattolico; io vado sempre a Messa… Ma mai, mai ho queste tentazioni. Grazie a Dio, no!'. 'Prega, perché sei su una strada sbagliata!’. Una vita cristiana senza tentazioni non è cristiana: è ideologica, è gnostica, ma non è cristiana. Quando il Padre attira la gente a Gesù, c’è un altro che attira in modo contrario e ti fa la guerra dentro! E per questo Paolo parla della vita cristiana come di una lotta: una lotta di tutti i giorni. Una lotta!”.

Un lotta, ha ripreso, “per vincere, per distruggere l’impero di satana, l’impero del male”. E per questo, ha detto, “è venuto Gesù, per distruggere satana! Per distruggere il suo influsso sui nostri cuori”. Il Padre, ha ripreso, “attira la gente a Gesù”, mentre lo spirito del male "cerca di distruggere, sempre!”.

Interrogare il nostro cuore: stiamo lottando contro il male?
La vita cristiana, ha detto ancora, “è una lotta così: o tu ti lasci attirare da Gesù per mezzo del Padre o puoi dire ‘Io rimango tranquillo, in pace’”. Se tu vuoi andare avanti, è dunque l’esortazione del Papa, “devi lottare! Sentire il cuore che lotta, perché Gesù vinca”:

“Pensiamo com’è il nostro cuore: io sento questa lotta nel mio cuore? Fra la comodità o il servizio agli altri, fra divertirmi un po’ o fare preghiera e adorare il Padre, fra una cosa e l’altra, sento la lotta? la voglia di fare il bene o qualcosa che mi ferma, mi torna ascetico? Io credo che la mia vita commuova il cuore di Gesù? Se io non credo questo, devo pregare tanto per crederlo, perché mi sia data questa grazia. Ognuno di noi cerchi nel suo cuore come va la situazione lì. E chiediamo al Signore di essere cristiani che sappiano discernere cosa succede nel proprio cuore e scegliere bene la strada sulla quale il Padre ci attira a Gesù”.

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Papa a organizzatori mostra al Senato: in Giubileo, abbraccio di Dio

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Il cuore del Giubileo sta nella grande accoglienza che Dio ci ha insegnato, ricevendoci, perdonandoci e abbracciandoci. Così il Papa nell’udienza agli organizzatori della mostra “Antiquorum habet”, ospitata l’anno scorso a Roma, al Senato italiano, in occasione dell’Anno Santo. Il servizio di Giada Aquilino

Da Giubileo frutti spirituali duraturi
Continuare a trarre dall’esperienza giubilare “frutti spirituali abbondanti e duraturi”. Questo l’auspicio di Papa Francesco agli organizzatori della mostra “Antiquorum habet”, ospitata nel corso dell’Anno Santo della Misericordia presso il Senato della Repubblica italiana e inaugurata nel marzo scorso dal Segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, e dal presidente del Senato, Pietro Grasso. Francesco ha espresso la propria “riconoscenza” per l’esposizione riguardante la storia dei Giubilei, documentando - ha sottolineato - “molteplici aspetti degli Anni Santi”, a partire dal primo, indetto da Papa Bonifacio VIII, dalla cui Bolla l’evento prende il titolo.

Nella misericordia si manifesta l’onnipotenza di Dio
Dal 1300 in poi, ha messo in luce il Pontefice, ogni Giubileo “ha segnato la storia di Roma”: dall’architettura all’accoglienza dei pellegrini, dall’arte alle attività assistenziali e caritative. Ma, ha aggiunto, c’è un elemento essenziale, il “cuore di ogni Anno Santo”:

“Nel Giubileo si incontrano la bontà di Dio e la fragilità dell’uomo, che ha sempre bisogno dell’amore e del perdono del Padre. Infatti è proprio di Dio usare misericordia, e specialmente in questo si manifesta la sua onnipotenza”.

Dio ci riceve e ci abbraccia
E il cuore dell’Anno Santo, ha proseguito, sta nella “grande accoglienza”, come quella riservataci dal Signore:

“Dio ci accoglie, senza domandare tante cose, ci perdona, ci abbraccia, ci bacia e ci dice questa bella parola: ‘figlio mio, figlia mia’”.

Pietro Grasso, alto servizio istituzionale
Francesco ha quindi ringraziato gli organizzatori e i volontari che hanno collaborato alla mostra, per l’opera di “sensibilizzazione storica e culturale” offerta ai visitatori. Quindi ha salutato Pietro Grasso, pregando - ha assicurato - “per il suo alto servizio istituzionale” e per il lavoro di tutti.

Il saluto del presidente del Senato
Il presidente del Senato, poco prima, aveva ricordato la collaborazione con la Segreteria di Stato, il Governatorato e la Biblioteca Apostolica Vaticana, evidenziando la gratuità dell’esposizione per il pubblico - “aperta a chiunque”, aveva sottolineato - e il servizio offerto dall’Istituzione, parlando di “Senato della solidarietà” e sottolineando come nella storia i Giubilei abbiano avuto come “prima missione” l’accoglienza:

“Durante i Giubilei, le forze della solidarietà si sprigionavano. La forza del Giubileo era proprio questa: una solidarietà materiale e una solidarietà spirituale”.

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Altre udienze e nomine

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Per le altre udienze odierne e le nomine del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Parolin a Davos: con Francesco, diplomazia vaticana più attiva

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Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin è intervenuto oggi al 47° Forum Mondiale dell’Economia in corso a Davos, in Svizzera. Il porporato ha partecipato ad una conversazione parlando in particolare degli obiettivi dell’attività diplomatica della Santa Sede nel mondo, della crisi dell’Unione Europea, le migrazioni, il disarmo. Ascoltiamo una sintesi delle sue riflessioni: 

Con Papa Francesco, diplomazia vaticana più attiva
L’attività diplomatica della Santa Sede è aumentata molto, anzitutto per la personalità di Papa Francesco: questo è chiaro! Ha assunto un ruolo grande di leader, di guida nelle sfide globali presenti. Ed è riconosciuto come un leader globale. Quando riceviamo in Vaticano le delegazioni dei diversi Stati o delle diverse organizzazioni, normalmente riconoscono questo ruolo del Papa. Questo è stato molto chiaro, per esempio, nella Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici. Questa è dunque una delle ragioni per cui la diplomazia vaticana è più attiva oggi.

Lottare contro povertà, costruire ponti, lavorare per la pace
Il Santo Padre, dopo la sua elezione, ha dato tre obiettivi alla diplomazia vaticana. Il primo: lottare contro la povertà. Il secondo: costruire ponti. Molto volte, quando gli chiedono cosa fare in situazioni difficili, quando ci si trova in situazione di conflitto e di scontro, lui risponde dicendo: “Dialogo, dialogo, dialogo!”. Il terzo obiettivo è quello di raggiungere la pace nel mondo. E seguendo queste tre linee, stiamo cercando di intervenire nelle situazioni in cui è possibile intervenire.

Con la libertà religiosa si promuovono tutti i diritti
Per queste ragioni uno dei principali obiettivi dell’azione della Santa Sede è proteggere, difendere e promuovere la libertà religiosa che è il primo dei diritti umani. Se la libertà religiosa è protetta anche gli altri diritti umani vengono tutelati e promossi. Sentiamo veramente che non stiamo lavorando solo per la libertà della Chiesa o solo per la libertà dei cattolici: quando parliamo di libertà religiosa stiamo facendo qualcosa per tutti! E questo è interesse di tutti, di tutti i credenti, appartenenti alle differenti religioni ed è il cuore dell’azione della Santa Sede. Vorrei aggiungere anche un punto importante: non si tratta solo di difendere e promuovere i diritti dei credenti ma, vorrei dire, che si tratta di difendere e proteggere la stessa persona umana,  difendere i diritti della persona. Vorrei specialmente sottolineare che c’è una dimensione che non può essere tralasciata o dimenticata se vogliamo salvare l’umanità oggi: è la dimensione trascendente della persona. La persona non può essere ridotta soltanto a una dimensione materiale: se non preserviamo questa dimensione il futuro dell’umanità è veramente molto scuro.

Ridare un'anima all'Europa
Per quanto riguarda l’Unione Europea, dobbiamo riconoscere che sta vivendo un periodo di crisi. Vorrei sottolineare anzitutto che l’Unione Europea ha portato grandi benefici al continente europeo e non dovremmo dimenticarlo. Secondo: stiamo vivendo un periodo di difficoltà e secondo noi è necessario dare oggi nuovamente – e lasciatemi usare questa parola – un’anima all’Europa. Un’anima all’Europa! Forse mi ripeto ancora e ancora, ma questo è un punto molto, molto importante: riconoscere la persona in ogni sua dimensione. Il rischio oggi è quello di ridurre la persona soltanto ad una dimensione economica e materiale.

Non relegare la religione alla sfera privata
Io penso che sia necessario tornare oggi ai Padri Fondatori, perché i Padri Fondatori erano persone di grandi e profonde convinzioni, che volevano un’Europa fatta di persone, di idee, di una idea comune, e non soltanto un’Europa fatta di mercati e di economia. In questo senso vorrei anche sottolineare l’importanza della religione: la religione non può essere relegata ad una dimensione privata. Non si tratta soltanto di una dimensione legata ai sentimenti delle persone: la religione ha qualcosa da dire anche sulla scena pubblica. Certamente in dialogo con tutti le altre fedi. Noi non chiediamo e non pretendiamo certo alcun privilegio per la Chiesa cattolica. Viviamo in una società pluralistica, caratterizzata da tante religioni, ed è importante che le autorità riconoscano il ruolo pubblico che la religione può dare alla vita. In questo senso possiamo anche dire una parola riguardo al terrorismo, specialmente il terrorismo che può essere una espressione del credo religioso: noi pensiamo che sia una chiara manipolazione della religione. Il Santo Padre ha detto tante volte che la fede in Dio non può essere ricondotta a questi terribili atti contro le persone e contro l’umanità.

Immigrazione: no a paure e chiusure
La questione dell’immigrazione: la grande sfida oggi è come rendere le differenze non una fonte di scontro ma di arricchimento reciproco. C’è la paura di perdere la propria identità, ma la chiusura e la non accettazione dell’altro sono attitudini che ci impoveriscono e non ci fanno progredire. Occorre lavorare insieme e l’Europa purtroppo non riesce ad elaborare una politica comune sulle migrazioni.  

Disarmo nucleare
Infine, ancora la pace. La pace è frutto della giustizia. Se vogliamo la pace dobbiamo lavorare per la giustizia. In questo senso, stiamo riflettendo con la comunità internazionale sulla moralità del concetto di deterrenza nucleare. Ancora una volta dobbiamo dire che una pace costruita sulla paura non è pace.

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"Educarsi alla bellezza", più formazione per clero e artisti

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C'è bisogno di sempre maggiore formazione per la realizzazione di opere d'arte per il culto cristiano. E proprio per arrivare a indicazioni di massima, il Pontificio Consiglio per la Cultura e la Conferenza Episcopale Italiana hanno lanciato oggi il progetto "Educarsi alla bellezza", che andrà a creare una mappa su come clero e artisti si formano. Alessandro Guarasci: 

Non c'è Comune in Italia che non abbia un'opera artistica legata a un edificio di culto o ecclesiastico. Dunque Pontificio Consiglio della Cultura e Cei lanciano un questionario che entro fine marzo andrà a realizzare un database per capire quale sia la formazione del clero e degli artisti di tutte le discipline. Troppo spesso infatti si vedono brutture, frutto anche di una scarsa preparazione e di una scarsa conoscenza della liturgia. Il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio:

R. - Da un lato è assolutamente necessario tener conto dell’arte come una delle supreme manifestazioni della persona umana e della società umana, che cerca di andare oltre la quotidianità e scavare per trovare un senso e anche una trascendenza. Dall’altra parte abbiamo la liturgia o abbiamo la vita di fede che - a sua volta - ha proprio come compito quello di interrogarsi sul senso della vita, sul mistero che ci circonda e che è dentro di noi. Attraverso queste due vie che si incrociano c’è perciò la possibilità di fare un’esperienza contemporaneamente culturale e religiosa.

D. – Ma secondo lei l’arte contemporanea fa difficoltà ad interpretare il cristianesimo?

R. - Certamente, perché l’arte contemporanea, ma devo dire anche la stessa Chiesa, sono state tra di loro in distanza: si è consumato un vero e proprio divorzio nel secolo scorso. A differenza del passato, quando ormai entrambi erano ininterrottamente in connubio tra di loro: arte e fede, liturgia e artisti. Ed è per questo motivo che allora da un lato l’arte è andata per la sua vita, andando nella piazza, facendo altro; la Chiesa si è rinchiusa nel suo spazio sacrale adottando il ricalco di metodi precedenti, di modelli precedenti o semplicemente anche adottando solo un artigianato spesso persino brutto. E allora per questo motivo è ancora necessario ricostruire questo dialogo, questo incontro tra due realtà che si interessano sul ministero.

D. - Secondo lei questo progetto può essere esteso anche ad altre Conferenze episcopali?

R. - Altre conferenze episcopali già, per quanto io riesco a conoscere attraverso l’incontro con esse in questo dicastero, vanno certamente già in questa direzione e hanno realizzato già molte componenti significative. Su questo bisogna anche imparare. Per questo è importante che la Conferenza episcopale italiana sia in contatto anche con altri. Però questa esperienza così come è codificata – io giudico dall’esterno come Dicastero vaticano – è certamente una esperienza di grande qualità: arte e fede insieme potrebbero realizzare una diversa visione e anche un diverso contributo alla società.

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Commissione bilaterale Santa Sede-Israele: plenaria costruttiva

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La Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele si è riunita ieri 18 gennaio, in sessione plenaria a Gerusalemme, per continuare i negoziati in base all’Articolo 10 paragrafo 2 dell’Accordo Fondamentale ("Fundamental Agreement") tra la Santa Sede e lo Stato di Israele del 1993, relativo a questioni di proprietà, economiche e fiscali che riguardano in generale la Chiesa cattolica o specifiche comunità o istituzioni cattoliche in Israele.

L’incontro - riferisce un comunicato congiunto - è stato presieduto da Tzachi Hanegbi, ministro della Cooperazione Regionale dello Stato di Israele, e da mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati. La plenaria ha accolto i progressi compiuti dalla Commissione di lavoro riguardante i
negoziati in base all’Articolo 10 paragrafo 2 e si compiace che essi si siano svolti in una atmosfera riflessiva e costruttiva. La plenaria riconosce, inoltre, il lavoro fatto dal Ministero della Giustizia riguardo l’applicazione dell’Accordo Bilaterale del 1997 sulla Personalità Giuridica. Le parti hanno concordato i passi futuri, in vista della prossima plenaria prevista per marzo 2017 nella Città del Vaticano.

Dopo la riunione della Commissione Bilaterale di Lavoro, la Santa Sede e lo Stato di Israele hanno tenuto una sessione di consultazioni bilaterali presso il Ministero degli Esteri. Le Delegazioni hanno discusso materie di comune interesse e hanno esplorato nuove opportunità di cooperazione. 

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Oggi in Primo Piano



Svolta nel conflitto contro l'Is: liberata Mosul Est

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Dopo tre mesi di dura offensiva, le autorità irachene hanno annunciato di aver ripreso il controllo di Mosul Est, segnando un momento di svolta nel conflitto contro il sedicente Stato islamico. Il premier Al Abadi grida alla vittoria, ma per alcuni restano edifici occupati, oltre a tutta la parte Ovest di Mosul dove ora si concentra la resistenza jihadista. Gli Stati Uniti però promettono l’invio di nuove truppe per accelerare la caduta dell'Is. Cecilia Seppia

Spaccatura all'interno dello Stato Islamico
Tre  mesi di combattimento strada dopo strada, casa per casa, a segnare col sangue ciascuno i propri successi, poi l’annuncio: la sponda sinistra di Mosul, cioè la parte ad Est del Tigri è stata liberata quasi del tutto dalle mani dell’Is. Un’offensiva durissima quella condotta dai soldati iracheni appoggiati dall'Iran e dai raid della Coalizione internazionale a guida Usa, ma i jihadisti si stanno già fortificando ad Ovest del fiume per l’ultima disperata resistenza. Bernard Selwan Khoury, direttore di Cosmonitor:

“È vero che adesso i jihadisti stanno fuggendo verso la parte Ovest e non a caso le forze irachene si stanno concentrando proprio su quelli che sono i ponti che collegano le due sponde della città di Mosul. Ma c’è un punto che va a vantaggio delle forze irachene: si sta evidenziando qualcosa che si era già evidenziata negli ultimi mesi, vale a dire una forte spaccatura all’interno dello Stato islamico dovuta ovviamente a quella che è la sconfitta subita su diversi fronti e alla fuga generale di massa a cui si stanno dando soprattutto i foreign fighters che si trovavano a Mosul al fianco dello Stato islamico. Notizie locali, riprese da agenzie e stampa locali e irachene parlano proprio di defezioni di massa, ma soprattutto parlano di scontri interni”.

La riconquista dell'Università
Un successo, la liberazione della parte Est di Mosul che non sarebbe stato possibile senza l’assalto, pochi giorni fa alla Mosul University, roccaforte e polo dell'intelligence jihadista:

“La riconquista di questa università ha quindi questo duplice valore, militare e culturale; ricordiamo che oltre ad essere stata sede, alloggio di importanti leader dell’organizzazione, è proprio qui che le forze di sicurezza irachene stanno ritrovando registri e documenti importanti dell’organizzazione come, ad esempio, alcuni passaporti di foreign fighters. Quindi anche da un punto di vista di intelligence e soprattutto di ricostruzione di quelle che sono le dinamiche interne all’organizzazione, la conquista di questa università segna un punto di svolta importante, oltre che ridare alla città il suo polo culturale”.

Il bilancio dei combattimenti
Cade così un simbolo del terrorismo jihadista, la città dell’Iraq che ha dato i natali al Califfato di Al Baghdadi ma le cifre di questa battaglia fanno tremare più che esultare: 2000 le perdite tra i soldati iracheni, centinaia le vittime civili, 160 mila sfollati di cui 32 mila solo nelle ultime due settimane. E proprio ad Ovest i combattenti del Daesh minacciano la popolazione che cerca di fuggire verso le linee dell’esercito di Baghdad. Solo pochi giorni fa ad una tv libanese il racconto di testimoni che hanno visto dare alle fiamme una donna e i suoi 4 figli di fronte ad un gruppo di profughi per impartire la lezione che da Mosul non si deve uscire:

“Si è arrivati a questo sì. E questo numero di profughi si è avuto con l’intensificarsi di questa operazione, perché, già nel dicembre scorso, si parlava di un numero nettamente inferiore – 80 o 90mila sfollati – e quindi questo dato, questa comparazione dei dati, ci fa capire quanto sia tragica la situazione dal punto di vista umanitario, tanto che, già lo scorso dicembre, la cooperazione italiana del Ministero degli Esteri aveva disposto un importante pacchetto di interventi di soccorso per un importo di circa cinque milioni di euro. Oggi la situazione è ancora più grave; lo conferma anche la sezione di Unicef Italia, che parla addirittura della presenza di 52mila bambini. Questo aggrava molto di più la situazione. È ovvio che nel momento in cui questa operazione dovesse essere portata a termine, il governo iracheno, con il sostegno importante della Comunità internazionale, avrà tra le sue principali priorità quella di gestire la quesitone umanitaria, il ritorno degli sfollati e soprattutto delle migliaia e migliaia di bambini che ci sono”.

Presto per dire che l'Is è stato sconfitto
Con la perdita di Mosul il Califfato in Iraq sarà ridotto a poche decine di migliaia di chilometri quadrati  lungo l’Eufrate e nel deserto. In Siria invece controlla ancora quasi 100 mila chilometri quadrati: qui, non solo resiste ma continua ad attaccare senza scrupoli: a Nord di Raqqa, A Deir ez-Zor, dove gli islamisti hanno lanciato una massiccia offensiva per riprendere la base aerea e i quartieri cristiani adiacenti, che resistono all’assedio da tre anni. Un incubo quello jihadista che è tutt’altro che finito, come molti pensano. Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali:

“La questione dell’Is è molto più complessa; non si tratta solamente di una problematica territoriale. L’Is è prima di tutto un modello e in quanto tale ha già più volte cambiato forma ed è stato esportato in numerose aree del mondo. Spesso, si fa confusione tra il territorio che l’Is gestisce tra Iraq e Siria e le capacità dell’Is di essere sull’offensiva non solo in Medio Oriente ma ovunque nel mondo. Credo che sia ancora molto, molto presto per dire che l’Is è sconfitto”.

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Visita vescovi in Terra Santa: lo scandalo dell'occupazione militare

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L’occupazione che da 50 anni (1967-2017) colpisce la Cisgiordania e Gerusalemme-Est, il blocco di Gaza in atto da 10 anni, “violando la dignità umana sia dei palestinesi sia degli israeliani, è uno scandalo cui non dobbiamo mai abituarci”. Lo scrivono i vescovi di Ue, Usa, Canada e Sud Africa (Hlc) nel comunicato finale della loro tradizionale visita di solidarietà in Terra Santa (14-19 gennaio) che si è conclusa oggi a Betlemme. Quest’anno il pellegrinaggio, cui hanno partecipato 12 vescovi, mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Ccee, e padre Peter-John Pearson, per i presuli del Sud Africa - riporta l'inviato dell'agenzia Sir - si è svolto tra Gaza, Jaffa, Betlemme, Gerusalemme e Hebron e ha avuto tra i temi più approfonditi proprio l’occupazione militare israeliana. 

Solidarietà per chi professa la speranza e la lotta per la riconciliazione
“Tantissime persone nella Terra Santa hanno trascorso tutta la loro vita sotto l’occupazione, con la sua segregazione sociale polarizzante, ma ancora professano la speranza e la lotta per la riconciliazione. Ora più che mai, costoro meritano la nostra solidarietà”, si legge nella nota con la quale i vescovi ribadiscono la loro “responsabilità di opporsi alla costruzione degli insediamenti”. Per i vescovi dell’Hlc “questa annessione de facto di terre non solo mina i diritti dei palestinesi in aree come Hebron e Gerusalemme Est, ma, come ha recentemente riconosciuto l’Onu, mette in pericolo anche le possibilità di pace”.

Per Gaza i vescovi incoraggiano “la resistenza non violenta"
Responsabilità riaffermata anche per “fornire assistenza alla popolazione di Gaza, che continua a vivere in mezzo a una catastrofe umanitaria generata dall’uomo stesso” e aggravata da un “decennio sotto assedio, aggravata da “uno stallo politico causato da una mancanza di buona volontà di tutte le parti in causa”. Sulla scorta delle parole di Papa Francesco, i vescovi incoraggiano “la resistenza non violenta che ha ottenuto grandi cambiamenti in tutto il mondo. Ciò è particolarmente necessario di fronte a ingiustizie quali l’incessante costruzione del muro di separazione in terra palestinese, inclusa la Valle di Cremisan”. 

Pregare per la libertà di ognuno in Terra Santa
Il messaggio finale promuove la soluzione dei due Stati già auspicata dalla Santa Sede e rilancia l’aiuto verso la Chiesa locale, le sue agenzie, i volontari e le ong. “Nelle circostanze più difficili mostrano una grande resilienza e svolgono un lavoro che cambia la vita – recita il testo -. È la nostra fede in Dio che ci dà speranza. È la testimonianza dei cristiani in Terra Santa che abbiamo incontrato, soprattutto quella dei giovani, che ci ispira”. “Nel corso di questo 50° anno di occupazione – conclude la nota – dobbiamo pregare per la libertà di ognuno in Terra Santa e sostenere in modo concreto tutti coloro che lavorano per costruire una pace giusta”.

Non possiamo tacere: il conflitto non è normale, è uno scandalo
Tracciando al Sir un bilancio della visita, il segretario generale del Ccee mons. Duarte da Cunha ha detto che “non possiamo tacere. Non lasciare che nel cuore dei cristiani e delle società occidentali un conflitto aperto da 50 anni, con un’occupazione militare in atto, passi per ‘normale’. Invece è uno scandalo. C’è una responsabilità anche pastorale che dobbiamo assumerci come sacerdoti e vescovi che è quella di portare il popolo a prestare attenzione alla Terra Santa, con tutte le sue luci e le sue ombre”.  

I vescovi di Terra Santa ci invitano a venire in pellegrinaggio nei Luoghi di Gesù
Mons. da Cunha sottolinea anche la necessità “di pregare, di gridare a Dio. I muri che gli uomini hanno costruito qui sono troppo alti perché possano essere distrutti soltanto umanamente. Abbiamo visto cadere dei muri che nessuno credeva potessero crollare. Sono il segno della Provvidenza di Dio che assiste l’uomo”. Una volta rientrati nei rispettivi Paesi, annota il Segretario della Ccee, “i vescovi e i membri del Coordinamento sono chiamati, ciascuno secondo le proprie possibilità, a sensibilizzare le Chiese locali sui problemi della Terra Santa e dei suoi cristiani”. Sensibilizzazione che deve investire anche “i Governi e i media”. Strumento privilegiato di persuasione è il pellegrinaggio: “i vescovi della Terra Santa ci invitano a venire in pellegrinaggio nei Luoghi di Gesù. Anche in questo modo si aiuta la causa della pace, si sostengono i fedeli di qui e si evita la loro emigrazione. Il pellegrinaggio tiene viva la fede dei nostri fedeli e la speranza dei cristiani locali”.

La povertà dei due popoli: i palestinesi oppressi e gli israeliani pieni di paura
Per il rappresentante italiano, l’arcivescovo di Arezzo, mons. Riccardo Fontana, con questa visita in Terra Santa “abbiamo voluto riaffermare con concretezza i diritti dei poveri. Concretezza che ci ha permesso di parlare non in modo astratto di ciò che abbiamo visto e sentito dalle persone incontrate e da cui deriva la responsabilità, citata più volte nel messaggio finale, di difendere il diritto e la giustizia dei due popoli. Essi sono espressione di due povertà che si combinano insieme: i palestinesi oppressi e gli israeliani pieni di paura”. 

Non dobbiamo abituarci al conflitto che dura da 50 anni
​“Il messaggio finale diffuso questa mattina non ha solo un valore politico – cita, tra le varie cose, l’occupazione militare, gli insediamenti, la necessità di sostenere la popolazione di Gaza, la soluzione dei Due Stati – ma anche e soprattutto ecclesiale. Ciò che sta a cuore a noi vescovi – dice mons. Fontana – è la giustizia e la pace di questi popoli che si contrappongono per la terra”. “Nostra intenzione è sostenere palestinesi e israeliani, cristiani, musulmani e ebrei, e tutti coloro che sono impegnati a trovare le vie più giuste per una soluzione del conflitto che dura ormai da 50 anni e al quale non dobbiamo abituarci, come scriviamo nel messaggio finale”. Uno degli strumenti che, dichiara l’arcivescovo, “abbiamo a disposizione è il pellegrinaggio sulle orme di Gesù, un cammino di preghiera rivolta a Dio per la libertà di israeliani e palestinesi e per coloro che lavorano in modo concreto per costruire una pace giusta”. (R.P.)

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Gambia: il Presidente Jammeh non lascia. Rischio conflitto

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Il Gambia sull’orlo di un conflitto. E' fallito l'estremo tentativo di convincere il Presidente, Yahya Jammeh, sconfitto alle ultime elezioni, a lasciare la presidenza prima della scadenza, la scorsa notte, dell'ultimatum dato al Capo dello Stato dalle forze dell'Ecowas. Le forze militari dell’organizzazione dei Paesi dell’Africa occidentale minacciano ora un intervento armato. Sulla decisione di Jammeh, Giancarlo La Vella ha intervistato padre Giulio Albanese, direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie 

R. - Sono oltre 22 anni che Jammeh è nella stanza dei bottoni ed è stato sconfitto alle ultime elezioni, considerate regolari anche dagli osservatori internazionali, dal candidato Adama Barrow. La verità è che Yahya Jammeh ha praticamente ritrattato dopo pochi giorni, annunciando ufficialmente alla televisione di voler indire nuove elezioni con un diverso presidente della Commissione elettorale. Ora il problema di fondo, qual è?  Jammeh ha contestato i risultati elettoriali, facendo sapere di non volere cedere il potere prima di una decisione sul suo ricorso da parte della Corte suprema, decisione che però ci metterà davvero diversi mesi per essere ufficializzata. La verità è che il Paese è in subbuglio, c’è tanta gente che sta fuggendo in queste ore. A parte i turisti britannici, che vengono evacuati, nella scorsa settimana già 26mila gambiani hanno fatto le valigie e abbandonato il Paese.

D. - Ci sono gli eserciti dell’Ecowas al confine. Quale potrebbe essere l’intenzione delle forze militari dell’Africa Occidentale?

R. - Ieri sera il Presidente della Mauritania, Mohammed Abdul Aziz, ha tentato di negoziare una possibile soluzione con il governo di  Banjul.  Il suo interlocutore diretto in questi giorni era stato il ministro di giustizia del Gambia, uno dei pochi membri del governo che non condivideva la decisione di Jammeh. Sta di fatto che ieri anche questo signore è fuggito all’estero. Quindi diciamo che il negoziato è in una situazione di stallo e che c’è davvero il rischio che le forze dell’Ecowas in una maniera o nell’altra entrino nel Paese e chiaramente c’è qualcuno che già parla di guerra civile.

D. - Dal punto di vista sociale, il Gambia come si pone rispetto ad altri Paesi africani, che conosciamo meglio, dove è forte l’emigrazione?

R. - Il flusso migratorio c’è, perché il Gambia è un Paese a forte esclusione sociale, dove praticamente  a dettare le regole del gioco è l’oligarchia di Jammeh. Per quanto riguarda l’Italia, dovremmo essere intorno al 2 o 3% delle presenze di immigrati gambiani che vengono dall’Africa nel nostro Paese. Quindi diciamo che, dal punto di vista numerico  e anche percentuale, considerando che si tratta di un piccolo Paese africano, rispetto alla popolazione totale del Gambia, la presenza gambiana nel nostro Paese è significativa. Ma c'è un altro fatto da mettere in evidenza. Nei mesi scorsi il Gambia ha attivato quel dispositivo per uscire dalla Corte Penale Internazionale, operando, quindi, un distacco a pieno titolo da quello che era lo Statuto di Roma precedentemente firmato insieme con altri Paesi africani, come il Sudafrica, il Burundi. Il Gambia da questo punto di vista si trova in una situazione a dir poco paradossale, in quanto il procuratore capo della Corte penale è una gambiana e il presidente uscente avrebbe invece deciso di sfilare il Gambia dal consesso delle Nazioni per quanto riguarda il tema della giustizia. Speriamo che il nuovo Presidente, se riesce ad insediarsi, ristabilisca le regole del gioco.

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Congresso della Misericordia. Card. Tagle: carità e difesa della vita

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Un invito a compiere atti di misericordia è stato rivolto dall’arcivescovo di Manila, card. Luis Antonio G. Tagle, agli oltre 5mila partecipanti al IV Congresso apostolico mondiale della Misericordia (Wacom4), in corso nella capitale delle Filippine, Manila dal 16 al 20 gennaio.

Non avere paura di aprire il proprio cuore a Cristo
“Non siete voi a compiere gli atti di misericordia — ha detto il porporato ai presenti — ma è opera di Gesù. Quindi, non ci si deve vantare di compiere tali atti. L’unica cosa di cui ci si può vantare è di avere bisogno della misericordia di Dio”. L’arcivescovo di Manila – riporta L’Osservatore Romano - ha esortato i partecipanti al Wacom4 a non avere paura di aprire il proprio cuore a Cristo. “Non c’è alcun bisogno di nascondersi o di vergognarsi”. E ha invitato tutti i presenti a essere come Maria, “attenta verso chi ha bisogno”.

Tra i temi del Congresso anche la situazione dei diritti umani nelle Filippine
Tra i temi al centro del Congresso non solo la “devozione per la Misericordia Divina”, ma anche la difficile situazione in cui versa il Paese, che sta vivendo una crisi “in tema di diritti umani”. Il riferimento di mons. Ruperto C. Santos, vescovo di Balanga, è alle vittime della campagna contro il narcotraffico lanciata dalle autorità, che ha fatto registrare migliaia di morti. “La misericordia — ha spiegato mons. Santos — è legata alla vita e la vita è legata all’ambiente. In generale, si deve sempre amare la vita. Essa va vissuta fino in fondo e va anche difesa, promossa e rispettata”.

Nel programma del Congresso un “pellegrinaggio della misericordia”
Il Wacom4 si svolge ogni tre anni e riunisce personalità ecclesiastiche, intellettuali e semplici fedeli. A Manila stanno prendendo parte all’evento vescovi, sacerdoti, religiosi, suore e battezzati di tutto il mondo. La Chiesa ha presentato l’incontro mondiale come occasione per compiere un “pellegrinaggio della misericordia”, che porterà i numerosi delegati a visitare diversi luoghi santi dell’arcipelago asiatico, da Manila a Batangas, da Bulacan a Bataan, oltre a orfanotrofi, Centri di accoglienza, popolazioni indigene, bambini di strada, anziani, donne e tossicodipendenti.

La Chiesa non può restare silente sulle vittime della guerra al narcotraffico
In apertura dei lavori congressuali, è intervenuto anche mons. Broderick S. Pabillo, vescovo ausiliare di Manila, il quale ha sottolineato che la Chiesa nelle Filippine non può restare silente e inerme di fronte alla conta governativa delle vittime della guerra al narcotraffico, che ha ormai superato quota seimila in cinque mesi. La Chiesa, ha avvertito il presule, è vicina al dolore delle loro famiglie, in particolare quelle povere, che hanno perduto i loro cari senza poter nemmeno contare su un giusto processo. “Non possiamo restare muti — ha spiegato il vescovo ausiliare — perché questo è un altro modo per terrorizzare le persone. Adesso, è davvero giunto il momento di farsi sentire» e ha invitato anch’egli i fedeli e le persone di buona volontà “ad agire contro la violazione dei diritti umani, senza aspettare che la conta aumenti”. Il presule si augura che il Paese abbia imparato qualcosa dalle esperienze del passato e che quindi non ripeta gli stessi errori commessi allora. (L.Z.)

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Vescovi Kenya: appello al personale sanitario in sciopero

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Un nuovo appello a medici e infermieri affinché assicurino i servizi essenziali ai pazienti in pericolo di vita e a tutti quelli che necessitano di cure urgenti è stato diffuso nei giorni scorsi dai vescovi del Kenya. Il personale sanitario delle strutture pubbliche, infatti, è in sciopero dal 5 dicembre scorso e la situazione non accenna a placarsi. La protesta del personale sanitario sta causando gravissime sofferenze ai pazienti e molte persone — riferisce il blog di Amecea News ripreso dall’Osservatore Romano — sono decedute a causa della mancata assistenza. La situazione peggiore è quella che si vive nei villaggi distanti alcuni chilometri dai presidi ospedalieri, dove la gente non riesce a ricevere alcun tipo di servizio, con conseguenze drammatiche per i più deboli.

La preoccupazione dei vescovi per le sofferenze provocate dallo sciopero
L’episcopato keniano aveva già rivolto un pressante appello agli operatori sanitari affinché vengano garantiti i servizi essenziali. Alla base della protesta c’è il mancato aumento dello stipendio previsto dal contratto nazionale siglato nel 2013. I sindacati hanno minacciato di prolungare ulteriormente lo sciopero ed estenderlo anche alle strutture private.  Profonda preoccupazione per le sofferenze provocate dall’astensione dal lavoro è stata dunque espressa in una dichiarazione a firma di mons. Philip A. Anyolo, vescovo di Homabay e presidente della Kenya Conference of Catholic Bishops (Kccb).

Ristabilire il servizio sanitario senza ulteriori ritardi
Il presule ha ringraziato il personale delle strutture sanitarie pubbliche e private che, nonostante le difficoltà economiche, continua a rispondere con professionalità alle emergenze mediche. “Siamo consapevoli — ha affermato il vescovo di Homabay — dei turni di lavoro pesanti che state affrontando e che nonostante tutto continuate ad aiutare chi ha bisogno. Ringraziamo anche le istituzioni sanitarie private e quelle non statali che continuano a rispondere alle emergenze mediche, salvando vite umane nonostante le sollecitazioni sulle vostre risorse, specialmente quando le persone colpite non possono pagare completamente i costi delle cure”. I vescovi keniani hanno rivolto un pressante appello anche a governo, sindacati e lavoratori perché “facciano delle scelte e intraprendano delle azioni per far sì che il normale servizio sanitario sia ristabilito senza ulteriori ritardi”.

Ingiusto abbandonare i pazienti
In un precedente messaggio rivolto ai medici e diffuso dall’agenzia Fides, i vescovi avevano sottolineato “di condividere”  la delusione “sul mancato rispetto del contratto collettivo», ma avevano anche ricordato che “non è giusto da parte loro abbandonare i pazienti innocenti a una tale sofferenza”. Per questo, il mese scorso, i presuli hanno invitato “i medici che hanno giurato di proteggere la vita a riconsiderare la loro posizione e a non impegnarsi in azioni che la minacciano. È molto doloroso il fatto che non abbiamo ancora visto alcun piano coerente da parte delle autorità per far interrompere lo sciopero”. (L.Z.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 19

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.